Sono circa dieci milioni le persone che dal prossimo anno potrebbero trovarsi a serio rischio di fame, secondo un Rapporto appena pubblicato dall’Oxfam, una delle organizzazioni più autorevoli nel campo della cooperazione e dell’aiuto umanitario, che riunisce ben 17 Paesi. Il grande colpevole sarebbe “El niňo”, un fenomeno che si verificherebbe ogni 7-8 anni e che quest’anno sembra particolarmente intenso, ancora più che nel 1997-98, quando raggiunse il picco mai registrato, causando duemila morti e 35 milioni di dollari di danni. Questo fenomeno è responsabile di condizioni climatiche estreme in diverse parti del mondo, tra siccità, oppure piogge anomale, temperature record o allagamenti che distruggono i raccolti.
Le possibili conseguenze in Africa e America
Quattro milioni e mezzo sarebbero le persone a rischio
in Etiopia, mentre nel Malawi la siccità sta portando la produzione di mais ai minimi
storici e si calcola perciò che da gennaio potrebbero essere due milioni le persone
che dovranno combattere con la fame. Nello Zimbabwe, infine, la siccità avrebbe ridotto
già di un terzo il raccolto del mais. Clima anomali anche in America: anche qui il
mais scarseggia soprattutto tra Guatemala e Honduras.
L’impatto sugli Stati insulari del Pacifico
"El Niňo" non risparmia neppure l’Asia. Se in India
ha già ridotto i monsoni, l’Indonesia ha dichiarato lo stato di siccità in 34 province
del Paese. Le conseguenze più gravi, però, potrebbero verificarsi per gli Stati insulari
del Pacifico, dove si è appena conclusa la Conferenza delle comunità locali a Niue,
nel Pacifico meridionale. Qui, il rischio maggiore è l’innalzamento dei mari che potrebbe
far scomparire molte di queste piccole isole. L’Oxfam, infine, sottolinea l’urgenza
di agire soprattutto in vista dell’impegno Onu per l’obiettivo “fame zero” da raggiungere
entro il 2030. (R.B.)
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