2015-11-07 16:33:00

Monet a Torino. Oltre 40 capolavori dal Museo d'Orsay


Una rassegna monografica da non perdere: a Torino fino al 31 gennaio la Galleria  Civica d’Arte Contemporanea ospita la mostra dedicata a Claude Monet, protagonista indiscusso dell’impressionismo francese. Oltre 40 i capolavori provenienti dal Musée d’Orsay. Paolo Ondarza:

Figura chiave dell’arte contemporanea, Monet domina la scena a Torino con la prestigiosa mostra frutto di importanti prestiti dal Museo d’Orsay.  Dall’esordio all’insegna del realismo courbettiano, al lirismo del binomio luce colore della maturità. Per la prima volta in Italia capolavori simbolo della stagione impressionista, come “Le dejeuner sur l’herbe”. La curatrice Virginia Bertone:

R. – La mostra nasce da un accordo che lega la città di Torino con il Museo d’Orsay e che ha visto già due appuntamenti precedenti: il primo dedicato a Degas e il secondo a Renoir. L’idea era di riuscire a costruire un percorso - attraverso 40 opere - che restituisse quella che è stata la grande ricerca, le diverse declinazioni della pittura “en plein air” e che permettesse di avvicinare il pubblico attraverso una scelta di qualità. Basterebbe la sola presenza de “Le dejeuner sur l’herbe”, che per la prima volta giunge in Italia, per riuscire a capire come il colore diventi di volta in volta il mezzo privilegiato per costruire le figure. Non dimentichiamo che Monet - a differenze di amici a lui cari come Renoir e Manet - era uomo non di teoria, ma molto fattivo e con una ansia e una sicurezza nella sperimentazione che davvero, anche in questa mostra, stupisce.

D. – Una “scelta di qualità” – lei diceva – che ripercorre tutta la parabola, l’esperienza di Claude Monet: dagli anni iniziali di vicinanza al realismo di Courbet fino alla fase più matura, con sperimentazioni luce e colore…

R. – Rispetto a quella che è la possibilità di capire meglio gli esordi, accanto a “Le dejeuner sur l’herbe” ci sono alcuni altri capolavori della sua ricerca, come pittore di figura, che sono davvero molto audaci. Soggetti che noi riusciamo a seguire attraverso – appunto – la fase più impressionista di Argenteuil e poi quella che è la crisi di quel linguaggio attraverso gli anni, che sono poi gli anni ‘80, quando lui già è Giverny, fino a questo momento straordinario delle Cattedrali di Rouen, in cui il soggetto viene oramai superato: lui stesso afferma che non gli interessa più il soggetto in sé, ma quella che è l’atmosfera tra lui e l’oggetto rappresentato. Trovo che il pezzo su cui la mostra si conclude, che è una delle rappresentazione del Parlamento di Londra, che lui esegue nel 1904, con questa immagine oramai completamente dissolta, saldata dalla luce, sia proprio la premessa migliore per capire anche la modernità che questo linguaggio andava proponendo.

D. – Parlava della dissoluzione delle forme: nell’analisi di ciò che Monet ritrae, si va quindi oltre il dato concreto, tant’è che le sue pitture evocano e suggeriscono emozioni e sentimenti. Si può parlare di spiritualità in Monet?

R. – Per certi aspetti sì, perché c’è una concentrazione nella sua immersione nella natura che ricorda uno stato quantomeno di meditazione, che è sicuramente una via che apre ad una spiritualità. Il suo essere così, anche provato dal punto di vista delle sue vicende familiare, ne fa sicuramente una figura interessante, ma anche molto forte. E’ un uomo di carattere, capace di portare avanti le ragioni in cui crede con grande forza. Renoir diceva: “Se non ci fosse stato lui, probabilmente avrei abbandonato”. Tutto questo – secondo me – ha a che vedere con una grande sensibilità, che poi lo porta ad essere a contatto con la natura, che in lui assume veramente una dimensione di infinitezza nella sua assoluta concentrazione, apprezzamento, amore.








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