2015-11-06 14:13:00

Intervista a card. Vallini: Roma riparta dai valori spirituali


La Lettera alla Città di Roma è una lettera che non nasconde i problemi della città, ma è anche una lettera di forte speranza per il futuro. Ascoltiamo il cardinale vicario Agostino Vallini al microfono di Luca Collodi:

R. – E’ nata proprio con questo desiderio, di fotografare in qualche modo la realtà di sofferenza, di atteggiamenti un po’ problematici che tanta gente avverte, ma anche con l’idea di dire: guardate, che in questa città ci sono tante risorse positive e dobbiamo riuscire a superare questo momento per andare verso il futuro, perché è possibile: il Signore ce lo chiede.

D. – Guardando la comunità civile, forse emerge la debolezza di parte della classe dirigente romana …

R. – Ma sa, “classe dirigente” è un termine per indicare non solo gli addetti alla vita politica amministrativa, ma anche a tutto quello che riguarda il mondo della cultura, dell’imprenditoria, dei sindacati, del mondo dello sport, del tempo libero … Molta gente fa parte della classe dirigente e allora allarghiamo l’orizzonte per non entrare in quella polemica che nella Lettera abbiamo voluto evitare di proposito. Noi non puntiamo il dito su nessuno, non condanniamo persone e istituzioni, ma diciamo: prendiamo coscienza, perché un malessere vero esiste ed è un malessere diffuso per una cultura permissiva, che anche dinanzi agli atteggiamenti più doverosi di giustizia e di solidarietà è venuta meno. In fondo, è un invito a un esame di coscienza attraverso un appello che vorrebbe dare proprio una riscossa alla città di Roma. Ho detto nella presentazione che tempo fa avevo parlato di un “male” da cui è afflitta Roma, e cioè una forma di anemia spirituale, perché vedo proprio l’impoverimento spirituale a fondamento della crisi morale che poi è diventata crisi politica, crisi sociale, crisi economica … Se non ritorniamo al fondamento e ridiamo vita alla dimensione spirituale, sarà difficile risolvere soltanto con le indagini giudiziarie i mali di Roma.

D. – La Chiesa come può condividere gli affanni di Roma e affrontarli?

R. – Lo fa già quotidianamente attraverso vari canali. Il primo è la proposta del Vangelo: il Vangelo è il Signore Gesù che presenta agli uomini un orizzonte di vita diverso dalla chiusura autoreferenziale, dall’egoismo, dal ritenersi il principio di tutte le cose, quindi da quel soggettivismo e relativismo esasperanti che poi incapsulano l’uomo in una dimensione di povertà. E lo fa anche chiamando gli uomini cristiani – e anche gli uomini di buona volontà – all’assunzione di responsabilità verso i propri simili, verso la città, verso il mondo che ci circonda. Lo fa anche dando testimonianza e quando serve anche attraverso la denuncia.

D. – Il Giubileo, l’Anno Santo della Misericordia, pone delle sfide alla comunità romana …

R. – Direi di sì. E’ una ricchezza, è una grazia, è una grande opportunità per una ripartenza sociale e civile, ma per noi cristiani e per gli uomini che cercano Dio è certamente una grande grazia. La misericordia, il Giubileo della Misericordia, è in fondo un entrar dentro il mistero di Dio-amore che, donatoci attraverso Gesù, cambia la vita e ci chiede a nostra volta di ri-donare misericordia. Vorrei dire che la forza del Giubileo è proprio qui: invitare le persone in un cammino spirituale che abbia come finalità quella di rimettere in ordine i valori di fondo della vita e cercare di viverli.

D. – Qual è il malessere di Roma che più la preoccupa?

R. – Direi, una sorta di tristezza che si legge nel volto di tante persone, di sfiducia, di rinuncia, di rassegnazione. Ecco, ci piacerebbe proprio che anche la Lettera alla Città diventasse come l’occasione per riprendere una riflessione in positivo, e mostrasse che è possibile – anche grazie alle tante, meravigliose risorse positive che ha la nostra città – di riprendere un cammino e gradualmente trasformare quello che è un disagio in un’opportunità positiva.








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