“Nella lotta all’estremismo violento, fondamentale è la prevenzione, attraverso l’educazione, in campo scolastico e in tutti gli ambiti in cui si può favorire l’incontro tra persone di culture diverse, in particolare i giovani”. Così mons. Paolo Rudelli, Osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa, sintetizza quanto emerso nell’Incontro “Costruire insieme società inclusive: il ruolo delle religioni e delle convinzioni non religiose nella prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo violento” che si è svolto il 2-3 novembre a Sarajevo. In un “clima positivo, pur nella diversità delle prospettive, la convergenza” su questo punto “è stata unanime”. È stato altresì riconosciuto - riferisce l'agenzia Sir - “il ruolo che le comunità religiose possono avere”, lavorando “in autonomia, sul terreno per favorire il dialogo”.
Terrorismo per motivi religiosi è una perversione della religione
“La dimensione religiosa, non essendo una qualcosa di aggiunto ma costitutivo della
persona, va riconosciuto”, conclude Rudelli, facendo riferimento all’intervento del
card. Vinko Pulijc ai lavori: eventi tragici hanno messo in luce la necessità di considerare
anche questo aspetto. “Il terrorismo, per chi lo fa per motivi religiosi, è una perversione
della religione”, che però fa emergere “la difficoltà di dialogo tra culture diverse”:
la dimensione religiosa “è fondamentale per essere parte della soluzione e non del
problema”. (R.P.)
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