2015-10-31 12:32:00

Vertice Vienna sulla Siria: Onu per elezioni e nuova Costituzione


Il vertice internazionale che si è tenuto questo venerdì a Vienna sulla Siria chiede l’intervento dell’Onu per nuove elezioni, nessun riferimento esplicito è stato fatto, nel documento finale, sul futuro del presidente Assad. Un testo in nove punti in cui si ribadisce anche che “le istituzioni statali devono rimanere intatte". Massimiliano Menichetti:

"L'Onu convochi il governo siriano e l'opposizione per avviare un processo politico, che porti a una governance credibile e non settaria, seguito da una nuova costituzione e da elezioni”. Lo chiede il documento finale redatto al termine del vertice internazionale che si è tenuto a Vienna tra 17 Paesi, insieme a Onu e Ue, con la partecipazione anche dell’Iran. Un documento in nove punti che vede i siriani primi attori del processo e che non cita mai espressamente il nome del presidente Bashar al Assad, ma sottolinea che “sono fondamentali l'unità della Siria, la sua indipendenza, integrità territoriale e il carattere secolare”. Si ribadisce la necessità che le istituzioni dello Stato restino intatte e che i diritti di tutti i siriani siano protetti senza alcuna distinzione. Imperativo è accelerare gli sforzi diplomatici per mettere fine alla guerra e garantire l'accesso umanitario a tutto il territorio e maggior impegno per i rifugiati. Punto nevralgico rimane sconfiggere il terrorismo e individuare le modalità di un cessate il fuoco parallelo al processo politico. Gli attori di Vienna si rivedranno tra sue settimane, sul terreno per ora è ancora violenza: oltre 50 le persone uccise in 24 ore in varie parti del Paese, mentre gli Stati Uniti hanno deciso di inviare un nucleo di forze speciali nel nord della Siria.

Sull'incontro di Vienna e la situazione siriana abbiamo intervistato Gabriele Iacovino responsabile analisti del Centro Studi Internazionali:

R. – Vienna rappresenta un primo passo di dialogo su una questione che ormai va avanti da più di 4 anni, una crisi militare che non vede più solo attori internazionali, milizie dell’insorgenza, ma anche potenze regionali ed ex potenze mondiali impegnate sul campo. Inevitabilmente quindi è necessario un dialogo diplomatico. Tutti gli attori coinvolti vogliono trovare una soluzione, solo che in questo momento tutti partono da posizioni molto distanti.

D. – Sembra che si riparta da zero, che non ci siano state le conferenze di pace Ginevra 1 e Ginevra 2…

R. – Si riparte da zero anche perché Ginevra 1 e Ginevra 2 si sono svolte in un periodo totalmente diverso rispetto all’attuale, dove non vi era un diretto coinvolgimento della Russia, ma anche della stessa Arabia Saudita e se vogliamo c’era un coinvolgimento diverso anche della Turchia, senza parlare degli Stati Uniti. Certo è che quello che già si nota sono le posizioni differenti ad esempio sul futuro di Assad e questo potrebbe essere d’ostacolo al dialogo di pace.

D. – Si chiede all’Onu la convocazione del governo siriano e dell’opposizione per nuove elezioni e la modifica della Costituzione, sarà possibile questa via?

R. – Il problema è sempre qual è l’opposizione siriana. Si era partiti 4, 5 anni fa con il Free syrian army, quindi un’opposizione con caratteri laici forti; adesso ormai la lotta armata al regime è portata avanti soprattutto da gruppi islamisti e jihadisti, senza parlare poi ovviamente dello Stato islamico. Quindi anche la ricerca anche di un dialogo tra le parti siriane è un percorso difficile.

D. – Da una parte si dice: bisogna fermare la guerra; dall’altra parte: bisogna aiutare i profughi e rifugiati. Non si rischia una dichiarazione di intenti difficilmente applicabile sul terreno?

R.  –  In questo magma diplomatico, la questione dei profughi, la questione umanitaria ne risentono fortemente. Questa emergenza non è nata quest’anno quando abbiamo cominciato a vedere i flussi arrivare in Europa, ma esiste da quattro anni. Il Libano ha al proprio interno più di un milione di profughi siriani. E’ una questione che sta cambiando profondamente anche gli assetti sociali della regione. E come sempre è la popolazione paga queste dinamiche politiche ed in questo contesto è lampante il fatto che a Vienna a parlarne siano state tutte potenze straniere, ma non ci sia stato neanche un soggetto siriano presente.

D.  – In questo contesto gli Stati Uniti hanno inviato un nucleo di forze speciali nel nord della Siria e continuano i bombardamenti russi: come si mettono insieme queste due realtà?

R. - La presenza americana è una scelta da parte di Washington di avviare un percorso di presenza sul campo anche per non lasciare troppo spazio alla Russia. Inevitabilmente una presenza americana richiede anche un maggior coordinamento tra Washington e Mosca che finora è totalmente mancato. Dal punto di vista prettamente militare la presenza dei soldati americani è per cercare degli obiettivi da bombardare. Però ripeto politicamente è una presenza significativa perché Washington sottolinea il proprio ruolo nell’area.








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