2015-10-31 14:30:00

Turchia al voto tra violenze e censure. Erdogan: riportare stabilità


Urne aperte dalle 8 di questa mattina in Turchia per il rinnovo del Parlamento dopo 5 mesi di stallo politico e il fallimento delle trattative per un governo di coalizione. Tanta la paura di brogli e violenze: a presidiare i seggi, infatti, sono stati schierati 385mila agenti. Quattro gli schieramenti in lizza, per un totale di 16 partiti e una soglia di sbarramento eccezionale, al 10%. Il premier Erdogan è tornato a chiedere ai turchi di scegliere un esecutivo monocolore dell’Akp “che riporti stabilità e fiducia” e annuncia che alle prossime elezioni, per aumentare l'affluenza, si potrebbe votare anche nelle moschee. “La scelta oggi è tra dittatura e democrazia”, ha replicato il leader del partito filocurdo Hdp che nelle ultime elezioni di giugno ha ottenuto il 13 per cento dei seggi, sfilando la maggioranza all’Akp, ora accreditato nei sondaggi tra il 39 e il 43 per cento. Tanti i fattori che pesano su questa tornata funestata da violenze a attentati terroristici: dalla stretta sulla stampa all’incognita sicurezza nel Sudest curdo, fino alla questione immigrazione. Quali le aspettative per questo voto? Cecilia Seppia lo ha chiesto ad Alberto Rosselli, giornalista esperto dell'area mediorientale:

R. – Questa tornata elettorale - molto probabilmente - non smuoverà più di tanto le cose, anche perché stando agli ultimi sondaggi, dovrebbero esserci dei movimenti molto, molto leggeri: si parla del 2-4 per cento; ci sono quattro schieramenti che sono praticamente in lizza, ma il punto focale è la questione delle coalizioni. Il partito di Erdogan, l'Akp, potrebbe anche prendere una cospicua percentuale, ma non sarebbe comunque possibile – per lui – riuscire a continuare a governare senza un appoggio perlomeno esterno, vuoi che sia il Movimento Nazionalista,(Mhp), vuoi che sia il Partito Popolare Repubblicano (Chp)… Però dobbiamo ricordare che all’interno della Turchia esiste anche un partito curdo che si sta comunque facendo spazio.

D. – Se il partito di Erdogan non dovesse avere i numeri, si aprirebbe uno scenario in cui – forse – ci sarebbe bisogno di un’altra tornata elettorale. La Turchia può sopportare questo?

R. – Secondo me si andrà di nuovo ad un’altra tornata elettorale e di qui a breve, nell’arco di 4-5 mesi, perché questa matassa non si sbroglia. Il problema è che l’atteggiamento anche autoritario del partito di Erdogan, che viene anche chiamato il "sultano", ben difficilmente lo porta a rinunciare alle sue priorità di intervento, sia in politica interna che in politica estera.

D. – Ci sono tante varianti che pesano su questa tornata: una importante è la questione dell’immigrazione. L’Europa, con la cancelliera tedesca Merkel, aveva offerto sostegno ad Ankara, nel caso avesse accolto i profughi… Come l’Europa, oggi, vede la Turchia?

R. – Non esiste, secondo me, una politica unitaria europea di comportamento nei confronti della Turchia, ma varia a seconda dei singoli accordi. Ricordiamo che la Germania ha degli accordi molto forti con il governo turco, sia sotto il profilo economico, sia sotto il profilo anche della sicurezza. Accordi che non ha la Francia, che non ha l’Italia e che non ha la Spagna. Quindi si va un po’ in ordine sparso.

D. – Diciamo anche che la Turchia è un "player" importante, gioca un ruolo determinante a livello regionale…

R. – Certamente! Ora come ora, non fosse altro per il rapporto fra Occidente e mosaico mediorientale. Faccio riferimento alla questione dell’Is, faccio riferimento alla questione siriana… La Turchia, sì, è un giocatore importante nello scacchiere, ma è un giocatore che vuole fare anche la sua partita: Erdogan invece vuole regolare la questione curda a modo suo e non credo che la sua strategia, che è estremamente dura nei confronti del popolo curdo, possa essere condivisa dalla comunità internazionale alla stessa maniera. Certo, Erdogan dice: “Io combatto l’Is, io combatto il terrorismo, però voi – in fin dei conti – mi lasciate fare le cose a casa mia come voglio io…"" Tanto è vero che il comportamento della Turchia nei confronti della minoranza curda non è assolutamente cambiato! La minoranza curda vuole una indipendenza – come minimo – di tipo amministrativo e Erdogan non gliela concederà mai.

D. – Poniamo per assurdo che queste elezioni abbiano, invece, un esito positivo che si riesca a raggiungere una maggioranza per governare: quali sono le sfide che aspettano il nuovo governo?

R. – Tanto per cominciare ci sono delle sfide anche di tipo economico, perché la Turchia sta passando un periodo non certo brillante: dopo una crescita che si è evidenziata alla fine degli anni Novanta e i primi di questo decennio, il Paese ora non sta navigando in buone acque. C’è una insoddisfazione totale della popolazione ed è una insoddisfazione trasversale. Lo abbiamo visto nelle manifestazioni di piazza, quindi c'è una sfida sociale anche… Però di fatto il punto è che o cambia questa forma di autoritarismo o ben difficilmente riusciranno a cambiare le cose. Certo è che le prospettive sono brutte, perché potrebbe anche essere un Paese che rischia una guerra civile…








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