2015-10-30 12:13:00

Congo, un documentario per raccontare le miniere degli "schiavi minerali digitali"


"Un grammo di sfruttamento nelle nostre tasche”, questo è il titolo dell’incontro di ieri pomeriggio nella Sala Marconi della Radio Vaticana, durante il quale è stato presentato il documentario sulle condizioni di vita nelle inaccessibili miniere del Katanga, in Congo, dei cosiddetti “schiavi dei minerali digitali”. Secondo l’indagine della Fondazione Internazionale Buon Pastore, il 70% della popolazione lavora non occasionalmente nelle miniere e riferisce di aver subito almeno una volta gravi violenze fisiche o psicologiche in casa e in miniera. Il servizio di Alessandro Filippelli:

Lavorano scalzi e scavano a mani nude, a decine di metri di profondità . Ogni giorno rischiano di morire sotto una frana, il tutto per guadagnare 2 o 3 dollari. Sono storie di vita degli artigiani minerari di Kolwezi, città situata in una delle regioni minerarie più ambite del pianeta, il Katanga, nella Repubblica Democratica del Congo.

Sono condizioni di vita disumane quelle dei cosiddetti “schiavi dei minerali digitali”, perché tra loro ci sono anche giovani madri, sfruttate per alimentare il sistema di estrazione di quelle materie prime indispensabili per la tecnologia digitale.

Ma da questo tragico scenario, tutto raccontato in un documentario, emerge una storia di riscatto e speranza, un progetto che rappresenta un primo passo per uscire fuori dalla miniera e costruire un futuro diverso. Cristina Duranti, direttore della Fondazione Buon Pastore onlus:

“Con il documentario, con il lavoro che stiamo facendo di presentazione del progetto, ci teniamo a sottolineare il fatto di portare una buona notizia. La buona notizia è che dopo tre anni questa comunità ha trovato la sua voce per affermare i suoi diritti nei confronti del governo locale, delle compagnie minerarie ma anche per proteggere i suoi membri più vulnerabili, le donne e i bambini. Quando le suore sono arrivate tre anni fa li hanno trovati in condizioni di vita misere: più del 60% dei bambini orfani o con un genitore soltanto, più della metà dei bambini che abbiamo intervistato non si ricordava l’ultima volta che aveva mangiato, si portavano la terra nelle tasche per riempirsi lo stomaco, a causa dei morsi della fame. La maggior parte di loro viveva esclusivamente di quello che riuscivano a raccogliere in queste cave minerarie come scarti di lavorazione. 980 di questi bambini adesso vanno tutti i giorni nel nostro Centro di recupero scolastico, mangiano una volta al giorno un pasto completo e sentono di avere un futuro diverso”.

A differenza di altre regioni del Congo, il Katanga è considerata una zona stabile, che non fa notizia, perché non ci sono 'signori della guerra', né “minerali dei conflitti” o "diamanti insanguinati". Bernhard Warner, giornalista e autore del documentario:

“In questa parte di Congo si trova purtroppo un alto livello di sfruttamento. La gente guadagna veramente poco, e anche il livello di sofferenza è alto. Siamo entrati in queste miniere per vedere la gente che estrae tutti i minerali “digitali”, per i nostri cellulari, labtop… Di solito ci sono donne, donne incinta, bambini, in un grande pozzo di acqua tossica; tossica vuol dire che c’è l’uranio e altri metalli pesanti. Loro guadagnano un dollaro al giorno, forse e un altro giorno niente. Il terzo giorno forse due dollari. La situazione è molto precaria. In questo senso abbiamo osservato e poi registrato le loro storie”.

La realizzazione del documentario è stata resa possibile grazie ad un finanziamento dell’Ambasciata degli Stati Uniti presso la Santa Sede e gli autori hanno condotto decine di interviste per testimoniare storie di ordinario sfruttamento in un luogo dove regna la legge del più forte che schiaccia i più vulnerabili. Ancora Bernhard Warner:

“Eppure c’è un momento di speranza perché ci sono tante persone in quella zona che sono scappate dalla miniera e hanno trovato e hanno creato una vita nuova, una vita che è molto più sostenibile della miniera”.








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