2015-10-23 13:48:00

Polonia: nazionalisti dati in vantaggio alle parlamentari


Domenica prossima, la Polonia sarà chiamata a rinnovare il parlamento. Tutti i sondaggi danno in vantaggio il Partito Diritto e giustizia (Pis), conservatore, guidato dalla candidata premier Beata Szydlo con il 32,5% dei consensi. Staccata di almeno sei punti "Piattaforma civica del centro" (Po) al governo da otto anni. Sulla campagna elettorale ha pesato la crisi migratoria e l’affermazione della destra nazionalista potrebbe avere ripercussioni in tutta Europa, rafforzando l’asse dei Paesi dell’est in polemica con Bruxelles. Marco Guerra ne ha parlato con Luigi Geninazzi, giornalista di Avvenire ed esperto di Europa dell’est:

R. – Dopo l’elezione a sorpresa del presidente Duda, dello schieramento del Partito conservatore “Diritto e Giustizia” – quello per intenderci di Kaczyński: dei due gemelli, di cui uno, il presidente Lech Kaczyński, è morto tragicamente nell’incidente aereo del 2010 – è ormai praticamente sicuro che questa formazione nazionalista vincerà le elezioni. Poi, ci sarà il problema di formare il governo, ma comunque sarà il primo partito. Ci sono alcune osservazioni da fare: la prima è che si tratta di un dato un po’ fisiologico, nel senso che il Partito di “Piattaforma civica” – il partito di destra moderata – ha governato per otto anni, anche con buoni risultati – infatti non dobbiamo dimenticare che la Polonia è l’unico Paese dell’Unione Europea, assieme alla Germania, a essere sfuggita alla pesante crisi, con una crescita dell’economia in otto anni del 30%. Però, oltre al solito logorio del potere, gli scandali, la stanchezza, il fatto che i giovani ancora non trovano lavoro e sono costretti ad emigrare in centinaia di migliaia: tutto ciò ha portato a una stanchezza e quindi c’è un ricambio.

D. – Come la crisi migratoria si è inserita in queste elezioni?

R. – Si inserisce in un modo molto ideologico, perché in Polonia non ci sono emigrati. Non è la Grecia, non è l’Italia né la Germania. Non è sulla rotta di attraversamento e non è neppure il punto di destinazione sognato dai migranti. Però, essendo un problema epocale – che è al cuore dell’Europa e la Polonia si trova al centro del continente – se ne parla e purtroppo, secondo me, soprattutto in termini ideologici. Il partito che si prepara a vincere le elezioni domenica ha fatto una campagna demagogica, anche basata sulla lotta al terrorismo. Dicevo che è tanto più inspiegabile, quanto più non c’è questo problema: la polemica tecnicamente è sul fatto che il governo di Varsavia ha accettato il ricollocamento di profughi per un numero di ben 10 mila persone, cioè nulla per un Paese che ha quasi 40 milioni di abitanti. Questo è un secondo elemento che dà una coloritura polemica e, secondo me, anche un po’ troppo ideologica al voto di domenica prossima.

D. – Quali sono le sfide che dovrà affrontare il nuovo governo?

R. – I problemi sono prima di tutto di carattere interno, perché uno dei problemi che tocca di più i cuori e soprattutto le tasche della gente, sono state certe riforme fatte da Tusk, dal governo, dal partito di Piattaforma Civica. Sono riforme che riguardano la sanità, le pensioni – l’età pensionabile è stata alzata a 67 anni. Su queste questioni c’è una forte polemica. E poi c’è un elemento di dibattito generale, ossia un’impostazione un po’ nazionalista e anti-Bruxelles, la quale viene vista come il nemico prima di tutto per certi temi di etica sociale – contro le ideologie gender, l’eutanasia, i matrimoni omosessuali e cose del genere. Quindi, anche qui vediamo aspetti concreti e altri di grande dibattito etico. E c’è la lotta “tra due donne”: tra l’attuale primo ministro del partito di centro – Ewa Kopacz – e quella che sarà la nuova premier – Beata Szydlo – una donna molto cattolica, pia. Però, al di là di questo c’è un dibattito dai toni troppo nazionalistici.

D. – Parliamo di una forza che si metterà in contrapposizione con Bruxelles, l’ennesima in Europa…

R. – Sì, infatti. Questa alla fine è la conclusione. Si è parlato molto, anche non del tutto a ragione, di un “blocco dell’Est”, soprattutto sul problema dei migranti. In realtà, la Polonia è sempre stata molto moderata rispetto a Budapest – al governo Orban – o rispetto al governo della Repubblica Ceca e della Slovacchia. Adesso, invece, Varsavia afferma che vuole seguire il cammino di Budapest. Bisognerà però vedere se questo succederà, perché la Polonia è il Paese più grande del blocco dell’Est: è la sesta economia dei 28 Paesi dell’Unione Europea, è ancorata dal punto di vista economico alla Germania. Per queste ragioni, quindi, bisogna vedere questo a cosa porterà questo voto.








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