2015-10-22 14:07:00

Appalti Anas: 10 arresti. Vannucci: rete di malaffare estesa


In Italia ancora scandali legati alla corruzione: dieci persone, tra cui un politico, sono state arrestate nell'ambito di una inchiesta su alcuni appalti Anas. Leggendo le carte – ha affermato in conferenza stampa il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone – prevale “la sensazione deprimente della quotidianità della corruzione”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:


Associazione a delinquere, corruzione e voto di scambio. Sono queste le ipotesi di reato che hanno portato la Guardia di Finanza ad eseguire dieci ordinanze di custodia cautelare nell’ambito di un’inchiesta su appalti Anas, l’azienda che gestisce la rete stradale ed autostradale italiana. Tra i destinatari delle misure cautelari, oltre ad imprenditori e dirigenti, anche l’ex sottosegretario alle Infrastrutture Luigi Meduri, ex presidente della regione Calabria. Il politico avrebbe svolto il ruolo di mediatore in un episodio di corruzione che chiama in causa i vertici dell’Anas. L’azienda ha annunciato che si costituirà in giudizio come parte offesa. Dalle indagini emergerebbero anche pressioni per favorire ditte legate alla 'ndrangheta. Oggi intanto in occasione della consegna delle insegne di Cavaliere del lavoro, il presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, ha detto che “legalità e lotta alla corruzione sono condizioni irrinunciabili per la nuova crescita italiana”. E’ decisivo – ha aggiunto Mattarella - “il contributo della società civile, di cui ciascuno di noi è parte come cittadino”. Il capo di Stato, rivolgendosi agli imprenditori, ha infine sottolineato che "sono essenziali sempre, ancor di più per fare impresa, i valori di onestà, trasparenza, lealtà e responsabilità sociale".

Quella condotta dalla polizia tributaria di Roma è una ennesima inchiesta che conferma un quadro preoccupante, già emerso durante recenti indagini su appalti Anas in Toscana. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco il docente di Scienza politica all’Università di Pisa, Alberto Vannucci, coordinatore di un Master universitario in Analisi, prevenzione e contrasto della criminalità organizzata e della corruzione:


R. – E’ in perfetta continuità con una inchiesta che investiva, anche in quel caso, appalti dell’Anas a Firenze. In entrambi i casi quello che emerge è una rete – diciamo pure - di malaffare piuttosto estesa e ramificata, che coinvolge una pluralità tanto di funzionari che di imprenditori e con il coinvolgimento anche di professionisti e di politici. Il problema è che negli appalti dell’Anas ricorrono molte delle condizioni che rendono, in qualche modo, la pratica della corruzione la regola cui i protagonisti trovano tutto l’interesse ad aderire e anche nei casi migliori hanno molte difficoltà a resistere.

D. – In quest’altra indagine su questi appalti Anas in Toscana sono emersi anche casi di infiltrazioni di aziende legate alla 'ndrangheta e ad altre organizzazioni criminali. La corruzione è realmente "una porta" sempre aperta per la mafia?

R. – Qualcosa di peggio! La presenza di una classe politica, di una burocrazia, di funzionari, in qualche modo sensibili alle lusinghe del denaro e della corruzione diventa una calamita potentissima per le organizzazioni mafiose: le organizzazioni mafiose preferiscono tenere a libro paga i propri interlocutori nel mondo delle istituzioni piuttosto che intimidirli o minacciarli. Quindi è evidente che la capacità di penetrazione delle organizzazioni mafiose, anche in aree del Paese distanti da quelle di tradizionale insediamento, rispecchia precisamente questa simbiosi perversa che si è creata tra presenza di questa corruzione sistemica e mafia. La corruzione e la mafia – si potrebbe dire – sono le due facce della medesima medaglia. Ma si osserva anche qualcosa di peggio: il fatto che, in molti casi, la presenza mafiosa vale proprio a dare – per così dire – robustezza, a dare forza, a dare ordine, a regolare questa rete di rapporti illeciti che coinvolge politici, funzionari, professionisti, faccendieri, mondo della finanza… La presenza del mafioso drammaticamente è una presenza che, in molti casi, vale a dare ordine e regolarità ai rapporti fra i protagonisti di questi scambi illeciti. C’è - per così dire - una domanda di mafia, che nasce proprio dalla presenza di una corruzione diffusa. Quindi è proprio una simbiosi quella che si crea fra questi due fenomeni.

D. – Il Papa ha più volte toccato il tema della corruzione: “la corruzione – ha detto, tra l’altro, il Santo Padre – "puzza", è un cancro da estirpare. Quali sono le responsabilità della nostra società nella formazione di uomini corrotti?

R. – Credo che le parole di Papa Francesco dimostrano una sensibilità e una comprensione profonda delle dinamiche e dei costi del fenomeno. “La corruzione uccide”, ha detto Papa Francesco; “esaspera differenze, alimenta la povertà e la miseria”; “grava in misura proporzionalmente superiore sulle fasce più deboli della popolazione”… E’ tutto vero, è tutto dimostrato dalle ricerche. C’è sicuramente in questo appello forte di Papa Francesco un richiamo alla responsabilità anche della società civile. Non dobbiamo pensare che la corruzione sia un fenomeno distante, che investe le alte sfere della politica, delle istituzioni, dell’imprenditoria. E' un fenomeno che affonda le sue radici probabilmente nella società: è una corruzione che diventa anche corruzione della società civile, perché tende ad inglobare in questa rete di scambi, di relazioni illecite, anche i comuni cittadini. I proventi della corruzione, sempre più spesso, vengono reinvestiti per alimentare reti di consenso clientelare. Ciascuno di noi può fare molto in questa battaglia.

D. – La corruzione è un fenomeno globale. Quali sono le cause per cui in Italia i germi della corruzione sembrano attecchire più facilmente rispetto ad altri Paesi?

R. – Abbiamo tutta l’evidenza che in Italia, in molti casi, la pratica della corruzione è – per così dire – razionale: è la scelta più conveniente, se ci limitiamo ad un calcolo di natura monetaria. Io, invece, vorrei proprio sottolineare le parole di Papa Francesco, che parlava del “pane sporco” della corruzione. Però questo pane c’è, sicuramente… Si può guadagnare molto dalla pratica della corruzione e, purtroppo, anche le cronache recenti ci dimostrano che si rischia molto poco. Poi ci sono sicuramente delle radici culturali: in molti casi esiste nel nostro Paese un tessuto di valori sociali che non oppone barriere sufficienti nei confronti della pratica, che non produce quello stigma, quella condanna sociale diffusa, che in altri Paesi invece è un potentissimo fattore. Noi affidiamo tutta la responsabilità penale al controllo penale, quando in realtà i controlli più efficaci sono quelli che si realizzano a livello sociale e che poi si riflettono anche nella sanzioni politica per i politici coinvolti. Purtroppo c’è un retaggio, una eredità diffusa di una pratica della corruzione, che nel passato affonda le radici e che, in qualche modo, produce gli effetti nocivi anche nel presente. C’è una sorta di convergenza di credenze, di aspettative nel fatto che in alcuni settori, in alcuni contesti – come dimostrano anche le inchieste recenti dell’Anas – si fa così, si è sempre fatto così. E' l’unico modo per fare affari con la Pubblica Amministrazione, è l’unico modo per rapportarsi con la politica. Quando questo insieme di aspettative e di regole non scritte si trasmettono di generazione in generazione e quando a queste regole si è socializzati nell’ingresso nel mondo delle professioni, dell’imprenditoria, della politica, dell’amministrazione, è evidente che la battaglia contro la corruzione non può che diventare una battaglia culturale, che sancisce anche dei momenti di frattura. Si dovrebbe riuscire ad avviare una politica anticorruzione in grado di marcare una rottura netta rispetto a questo passato. 








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