2015-10-17 11:42:00

Schönborn: guardare a Concilio Gerusalemme che aprì le porte ai pagani


Guardiamo al Concilio di Gerusalemme, dove gli apostoli aprirono ai pagani la porta della Chiesa suscitando grande incoraggiamento e un vivace dinamismo missionario: è quanto ha detto il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, nella relazione introduttiva per la commemorazione del 50.mo anniversario del Sinodo dei Vescovi, in corso nell’Aula Paolo VI in Vaticano. Di seguito un'ampia sintesi della relazione:

Concilio di Gerusalemme: un drammatico conflitto
Il cardinale invita a svolgere lo sguardo al “Sinodo d’origine”, al modello originario dei sinodi, il cosiddetto “Concilio degli Apostoli” di Gerusalemme: “vale … la pena ritornare costantemente a questo inizio” perché “questo primo sinodo ebbe una tale importanza, che ancora oggi viviamo dai suoi frutti”. Ricorda che cominciò tutto con un drammatico conflitto: “Ora alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli questa dottrina: ‘Se non vi fate circoncidere secondo l'uso di Mosè, non potete esser salvi’ (At 15,1). Non si trattava di una cosa da poco conto. Era in gioco il tutto del cammino cristiano. Non solo la dottrina, ma la vita. Non meraviglia che la questione suscitasse una grande discussione: ‘Poiché Paolo e Barnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Barnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione’ (At 15,2). Non stupisce dunque, che anche a Gerusalemme ‘sorse una grande discussione’ (At 15,7). Infatti, non appena si riunirono, ‘si alzarono alcuni della setta dei farisei, che erano diventati credenti, affermando: è necessario circonciderli e ordinare loro di osservare la legge di Mosè’ (At 15,5)”.

Non temere le discussioni
“Il conflitto circa il cammino dei pagani convertiti al cristianesimo – ha affermato - mostra qualcosa di molto importante: tale conflitto venne espresso, lo si chiamò chiaramente per nome e se ne discusse apertamente. Questa parresia mi ricorda due frasi che Papa Francesco rivolse a noi Padri Sinodali l’ottobre scorso, all’inizio e alla fine dell’assemblea straordinaria del Sinodo: “Una condizione generale di base è questa: parlare chiaro. Nessuno dica: ‘questo non si può dire; penserà di me così o così…’ Bisogna dire tutto ciò che si sente con parresia …. E, al tempo stesso, si deve ascoltare con umiltà e accogliere con cuore aperto quello che dicono i fratelli. Con questi due atteggiamenti si esercita la sinodalità. Per questo vi domando, per favore, questi atteggiamenti nel Signore: parlare con parresia e ascoltare con umiltà’. Con questi due atteggiamenti si può arrivare anche ad ‘animate discussioni’. Così avvenne al ‘Concilio di Gerusalemme’. E così è stato anche per il Sinodo dello scorso ottobre”. “Papa Francesco – ha proseguito - ci incoraggia a non temere le discussioni, a viverle come quel ‘movimento degli spiriti’ che fa maturare il discernimento degli spiriti e prepara i cuori a riconoscere ciò che il Signore stesso ci mostra, sì, quello che egli ha già deciso (cf. At 15,7), quello che però noi, mediante la preghiera e le fatiche delle nostre discussioni, dobbiamo riconoscere”.

Grazie allo Spirito l'intelligenza del deposito della fede può progredire
Il porporato guarda allo sviluppo della dottrina della Chiesa. E cita il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Grazie all’assistenza dello Spirito Santo, l’intelligenza tanto della realtà quanto delle parole del deposito della fede può progredire nella vita della Chiesa”.

Le tentazioni
E aggiunge: “Così il dibattito teologico degli ultimi mesi è diventato un contributo importante per il cammino sinodale, come pure l’opera del Vaticano II non sarebbe pensabile senza il grande lavoro dei teologi nei decenni prima e durante il Concilio. Che a volte tali dibattiti teologici fossero condotti, come accade ancora oggi, con un certo accanimento, con inasprimento e non sempre nello spirito del reciproco ascolto e dello sforzo di capire i motivi dell’altro, fa parte delle classiche tentazioni di cui Papa Francesco parlò alla fine dell’assemblea straordinaria del Sinodo”.

Il metodo della Chiesa primitiva
“La Chiesa primitiva – ricorda - ha usato però un altro metodo per arrivare a una decisione e per risolvere il conflitto. Questo metodo è certamente importante anche per il dibattito teologico, ma lo è ancora di più per la riuscita del cammino sinodale. Ascoltiamo la narrazione dagli Atti degli Apostoli:

“Allora si riunirono gli apostoli e gli anziani per esaminare questo problema. Dopo lunga discussione, Pietro si alzò e disse: "Fratelli, voi sapete che già da molto tempo Dio ha fatto una scelta fra voi, perché i pagani ascoltassero per bocca mia la parola del vangelo e venissero alla fede. E Dio, che conosce i cuori, ha reso testimonianza in loro favore concedendo anche a loro lo Spirito Santo, come a noi; e non ha fatto nessuna discriminazione tra noi e loro, purificandone i cuori con la fede. Or dunque, perché continuate a tentare Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri, né noi siamo stati in grado di portare? Noi crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati e nello stesso modo anche loro” (At 15, 6-11).

Pietro riferisce ciò che ha sperimentato come agire di Dio
“In sintesi: Pietro riferisce quello che Dio stesso ha fatto e in tal modo deciso. Il metodo che Pietro usa consiste nel raccontare le azioni di Dio. Possiamo anche dire: egli riferisce ciò che ha sperimentato come agire di Dio. Da ciò egli tira le conseguenze. Non si tratta del risultato di una riflessione teologica, ma di attenta osservazione e di ascolto dell’agire di Dio”. Giacomo conferma ciò che Pietro ha già detto: “Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi, di non imporvi nessun altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenervi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalla impudicizia”(At 15,28 seg.).

Un Sinodo che incoraggi i fedeli
Il porporato continua: "Gli Atti degli Apostoli parlano poi anche della recezione delle decisioni di Gerusalemme: ‘Quando l’ebbero letta, si rallegrarono per l'incoraggiamento (paraklêsei) che infondeva’(At 15,31). Che bello, quando il risultato di un sinodo incoraggia i fedeli! Non sempre fu accolto, con una tale gioia, l’esito di un sinodo”.

 Successo Sinodo si vede dalla dinamica missionaria
La finalità più intima del Sinodo in quanto strumento di applicazione del Vaticano II può essere solo la missione. “Il Sinodo originario” di Gerusalemme ha reso possibile la dinamica missionaria della Chiesa primitiva, l’ha fortemente promossa, portandola a fioritura. La consapevolezza fondamentale che noi tutti, giudei e pagani, “siamo salvati per la grazia del Signore Gesù” (At 15,11), ha aperto ai pagani la porta della Chiesa. Il successo dell’istituzione “Sinodo dei Vescovi” si misurerà sulla sua capacità di promuovere “la vita della Chiesa e la sua dinamica missionaria” (EG nr. 32). Il “Sinodo dei Vescovi” può davvero essere un vettore trainante per il necessario “passaggio” a tutti i livelli ecclesiali “da una pastorale di semplice conservazione a una pastorale decisamente missionaria” (EG nr. 15)”.

“Per favore orientiamoci al Concilio di Gerusalemme!"
Il porporato esprime un desiderio per il futuro cammino del Sinodo dei Vescovi: “Per favore orientiamoci al Concilio di Gerusalemme! Parliamo in modo meno astratto e distaccato. Testimoniamoci reciprocamente quello che il Signore ci mostra e come noi sperimentiamo il suo agire. Ho avuto modo di partecipare al Sinodo sulla nuova evangelizzazione. Ci sono stati molti interventi interessanti. Ma pochissimi hanno dato testimonianza di come noi stessi facciamo esperienza della missione e dell’evangelizzazione. A Gerusalemme Pietro, Paolo e Barnaba hanno parlato di avvenimenti e di esperienze. Noi restiamo troppo spesso nelle teorie, nei “si potrebbe” e “si dovrebbe”, quasi mai parliamo in maniera personale delle nostre esperienze di missione. Ma è questo che si aspettano i nostri fedeli!”.

Non si tratta di lotte di potere ma di discernere il volere di Dio
E conclude: “Proprio questo è il punto decisivo: A Gerusalemme la questione non era quella di un voto consultativo o deliberativo, ma del discernimento della volontà e della via di Dio. Discussioni accese, liti addirittura, e l’intenso disputare fanno naturalmente parte del cammino sinodale. Già a Gerusalemme fu così. Ma lo scopo dei dibattiti, lo scopo dei testimoni è il discernimento comune del volere di Dio. Anche quando si vota (come alla fine di ogni sinodo), non si tratta di lotte di potere, di formazioni di partiti (di cui poi i media con piacere riferiscono), ma di questo processo di formazione comunionale del giudizio, come lo abbiamo visto a Gerusalemme. L’esito infine, così speriamo, non è un compromesso politico su un minimo comune denominatore, bensì questo “valore-aggiunto”, questo plusvalore che dona lo Spirito Santo, così da poter dire, a conclusione: “Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi” (At 15, 28)”.








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