2015-10-16 13:17:00

Veglia Missionaria a San Giovanni in Laterano con Tagle e Vallini


Vietnam, Indonesia, Stati Uniti, ma anche Francia e Belgio, sono i Paesi dove andranno in missione i dieci consacrati e le due famiglie che ieri sera, nella Basilica di San Giovanni in Laterano a Roma, hanno ricevuto il mandato durante la Veglia organizzata dal Centro missionario diocesano e presieduta dal cardinale vicario, Agostino Vallini. Tema dell’incontro di preghiera “Mandati per annunciare un lieto messaggio”. Il servizio di Marina Tomarro:

“L’opera dei missionari in Asia è stata fondamentale e, nonostante la percentuale dei cattolici sia molto bassa, hanno costruito scuole, ospedali, orfanotrofi, aiutando tutti senza distinzione di credo e per questo sono molto apprezzati”. Così il cardinale Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila e presidente di Caritas Internationalis, ha spiegato l’importanza della missione nella Veglia di preghiera. Ascoltiamo il commento del cardinale vicario, Agostino Vallini:

R. – Perché diventa per noi l’occasione anche per rileggerci nel cuore e sentire se la parola del Signore, che nella sera di Pasqua disse, “Andate nel mondo e annunciate il Vangelo”, è parola via, l'abbiamo accolta, l’abbiamo sedimentata e cerchiamo di viverla. Questo è il primo motivo. Il secondo motivo è quello di sentire la responsabilità della missione: anzitutto a Roma, ma la Chiesa di Roma è aperta al mondo e quindi sentire che questa responsabilità non ci può chiudere, ma deve aprirci e andare alle periferie del mondo, che sono a Roma e che sono nel mondo. Tutto questo ci dice chela Chiesa di Roma è viva, ma deve crescere e deve sentire ancora dipiù la gioia della missione.

D. – Cosa vuol dire essere missionari oggi?

R. – Vuol dire testimoniare che Gesù è vivo in noi e raccontare il Signore con la credibilità di una vita coerente.

E andare in missione diventa un affidarsi totalmente al Signore. Il vescovo ausiliare, mons. Matteo Zuppi, incaricato del Centro diocesano per la cooperazione missionaria tra le Chiese:

R. – Direi che spinge qualcosa che ci portiamo dentro: la passione di fare qualcosa di fronte ad un mondo così ingiusto e che attende, di fronte a queste messi che biondeggiano e che già attendo di esser raccolte nei frutti. C’era molto emozione, molta commozione ad ascoltare il ruolo dei cristiani in situazioni di conflitto – come quelle in Siria, ad Aleppo – o il ruolo dei cristiani in una situazione così difficile come quella del Nepal… Ecco, è la consapevolezza che non ci si salva da soli e che l’amore che portiamo dentro dobbiamo regalarlo agli altri.

D. – Ma la missione si può fare anche nel luogo dove si vive o bisogna andare per forza lontano?

R. – La missione è proprio l’atteggiamento del cristiano: il cristiano non può non donare agli altri quello che ha. Questo ovunque, a cominciare dal proprio vicino di case. E poi, in un mondo che è diventato davvero più piccolo, anche nel sentire nostre tante situazioni che sono lontane, ma che in realtà sono vicinissime a noi.

E tra coloro che partiranno, anche una giovane coppia Emanuele e Daniela con i loro due bambini, che andranno in missione in Francia. La testimonianza di Daniela:

R. – Cosa ci aspettiamo? Niente e tutto! Abbiamo tanta paura, perché abbiamo due bimbi piccoli, perché partiamo nella precarietà… Però, siamo sicuri che lì, prima di tutto, troveremo Gesù Cristo. Se abbiamo lasciato tanto, lì il Signore ci darà il centuplo. Quindi, partiamo con gioia.

D. – Daniela, cosa vi hanno detto le vostre famiglie quando avete comunicato che andrete in missione?

R. – I nonni soffrono la distanza… Hanno tanta paura, però anche loro hanno fede e quindi pregano per noi.

Nella celebrazione sono stati ricordati tutti i cristiani perseguitati, anche attraverso la testimonianza di una lettera arrivata da Aleppo da padre Elias Giangi della chiesa Armeno Cattolica. “Tanti cristiani stanno andando via – ha scritto – ma  è importante che non partano tutti. Senza di loro ci saranno solo fondamentalisti islamici, mentre con la loro presenza molti musulmani restano moderati e allora diventa possibile il dialogo unica via verso la pace”.








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