2015-10-16 12:37:00

Polizia bulgara uccide afghano, Ungheria chiude frontiera


Dalla mezzanotte l'Ungheria chiude i confini con la Croazia ai migranti. Finora, caricati subito su autobus ungheresi, venivano condotti alla frontiera con l'Austria, diretti in Germania e altri paesi del nord Europa.  Ieri sera, lungo la frontiera tra Bulgaria e Turchia, un migrante afghano è morto dopo essere stato colpito dalla polizia bulgara. Intanto, l’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) fa sapere che, dall’inizio dell’anno, oltre 613mila migranti e rifugiati sono giunti in Europa attraversando il Mediterraneo, e  almeno 3.117 persone hanno perso la vita in mare. Il servizio di Fausta Speranza:

Le guardie di frontiera di Sofia hanno sparato per fermare una cinquantina di persone che cercavano di attraversare illegalmente il confine. Secondo il ministero dell’Interno, il cittadino afghano era armato. Il portavoce dell’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite (Acnur), Cheshirkov, ha condannato l’uso della forza contro i migranti e ha fatto appello alla Bulgaria perché indaghi in modo trasparente. La notizia è arrivata in pieno vertice europeo a Bruxelles. Il presidente del Consiglio Ue, Tusk, ha subito assicurato che Sofia può contare sul sostegno dell’Europa per il controllo delle proprie frontiere. Al vertice, è rimbalzato l’accordo con la Turchia proposto dalla Commissione. I leader ne hanno discusso arrivando a una sorta di cauto ‘via libera’, che lega il sì alla liberalizzazione dei visti – prima richiesta di Ankara – ai passi che il governo turco farà “per tenere i migranti nei suo confini ed evitare che si mettano in viaggio verso la Ue”. Resta da dire che il vertice non ha fatto passi avanti in tema di ricollocamenti. E che il governo di Budapest dovrebbe decidere oggi sulla chiusura della frontiera con la Croazia. Ieri in Ungheria sono arrivati 4.808 migranti e profughi, quasi tutti dalla Croazia. Dall'inizio dell'anno, oltre 380 mila.

Della situazione Fausta Speranza ha parlato con mons. Gian Carlo Perego, direttore della Fondazione Cei Migrantes:

R. – E’ la questione sociale dell’Europa ma al tempo stesso è la questione che l’Europa sta mandando ai margini dei suoi interessi e rimandando in continuazione; e questo è un segnale di una debolezza politica molto forte dei leader, in questo momento, che di fronte a un fatto quale è il fenomeno migratorio, soprattutto dei richiedenti asilo o rifugiati, dovrebbe ripensare alle proprie politiche di immigrazione e di asilo, e invece si ferma ancora una volta a difendere alcuni confini e a dividersi su come sostanzialmente tutelare persone che chiedono asilo e comunque chiedono una protezione internazionale.

D. – La polizia bulgara parla di errore, ma comunque si è sparato contro una sessantina di persone che tentavano di entrare illegalmente al confine tra Turchia e Bulgaria …

R. – E’ un segno di quanto già Papa Francesco aveva sottolineato alcuni mesi fa: se la parola “morte”, la parola “violenza”, la parola “espulsione”, la parola “respingimento” diventano le parole-chiave nella politica migratoria dei nostri Paesi europei, soprattutto al confine dell’Europa, il rischio è che anche se può essere un errore, di fatto questo errore nasce dentro una politica che assolutamente non può leggere in questo momento, con queste categorie, un fenomeno che riguarda la salvaguardia e la tutela di vite di persone umane.

D. – Il passo di oggi è la chiusura, da parte dell’Ungheria, della frontiera con la Croazia, annunciata dal ministro degli Esteri…

R. – Il rischio è questo, che l’Europa si chiuda a catenaccio e anche all’interno dell’Europa, come già avvenuto, laddove sfuggono delle persone, alcuni Paesi riportino in campo il discorso della frontiera come ha fatto in alcuni contesti la Francia con l’Italia o anche l’Austria con l’Italia. E quindi il rischio effettivamente è che il tema della libertà di circolazione, che diventa uno strumento importante per tutelare, oltre che incontrare, le persone migranti, venga fortemente messo in discussione e mettendo in discussione la libera circolazione il rischio è che non si tuteli il diritto alla protezione internazionale.

D. – Si fanno vertici: adesso c’è questo possibile accordo con la Turchia. Va tutto benissimo, ma forse il primo passo da fare per l’Europa sarebbe l’omogeneizzazione di alcune normative, per esempio il diritto d’asilo diverso da un Paese all’altro e altro …

R. – Certamente, la rimessa in discussione del diritto d’asilo così come oggi è previsto nella normativa europea è già un dato di fatto: l’Europa non è stata in grado, con la propria legislazione, di salvaguardare questo diritto e soprattutto di coinvolgere tutti i Paesi in questa protezione internazionale. Lo abbiamo visto anche quando si è trattato di ragionare sulla ricollocazione dei 40mila prima e poi dei 120 mila. E’ chiaro che quindi va ripensato l’Accordo di Dublino e va ripensato con il coinvolgimento effettivo di tutti i 28 Paesi europei, e al tempo stesso con la capacità, grazie alla possibile revisione dell’Accordo di Dublino,  di inserire una serie di impegni importanti e non residuali in ordine proprio al diminuire per un certo verso – cosa che non è avvenuta nell’ultimo accordo – il discorso degli armamenti e aumentare invece l’impegno per un Piano Marshall sostanzialmente per i Paesi da cui fugge la maggior parte delle persone, che ormai sono sempre più i Paesi dell’Africa subsahariana.








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