I vescovi ugandesi esortano i fedeli a prepararsi spiritualmente all’atteso viaggio apostolico di Papa Francesco in Uganda, previsto dal 27 al 29 novembre. In un messaggio firmato dal presidente della Conferenza episcopale, mons. John Baptist Odama, i presuli definiscono la visita “un privilegio”, ricordando che Papa Francesco è il terzo Pontefice a visitare il Paese africano, dopo Paolo VI e Giovanni Paolo II. Per tale motivo - affermano - occorre “un’adeguata preparazione spirituale” a questo evento, attraverso la preghiera, le opere di carità per i poveri e la penitenza, ma soprattutto compiendo “ogni sforzo di riconciliazione e di amore reciproco, come Cristo ci ha amati”.
Riflettere sulle benedizioni, ma anche sulle sfide della Chiesa in Uganda
oggi
“Mentre attendiamo la visita del Santo Padre – si legge nel documento - dobbiamo pregare
per il rinnovamento spirituale e, allo stesso tempo, ricordare con gratitudine le
tante benedizioni ricevute dal nostro Paese, come il dono dei Martiri ugandesi e il
sacrificio dei missionari”. E’ grazie al loro sacrificio - sottolineano i presuli
- che la Chiesa ugandese è diventata quella che è: una realtà vitale, forte oggi
di 15 milioni di fedeli e conosciuta per il suo contributo alla trasformazione sociale
del Paese, attraverso le sue scuole, ospedali e programmi di promozione umana. Ma
la visita del Papa – prosegue il messaggio - è anche un’occasione per riflettere sulle
sfide della Chiesa in Uganda oggi. I presuli richiamano in particolare l’attenzione
sull’”allarmante divario tra la fede professata e la vita vissuta, tra il Vangelo
e alcune pratiche tradizionali africane come la convivenza, la poligamia, i matrimoni
di prova, la stregoneria. La famiglia, inoltre, è minacciata “da infedeltà coniugale,
violenza domestica, abusi sui minori, povertà, alcolismo, malattie come l’Aids”, denuncia
il messaggio. “Prima dell’arrivo del Papa – raccomandano quindi i presuli ugandesi
- dobbiamo rinnovare il nostro impegno per la promozione dei valori e della sacralità
del matrimonio e della famiglia e per ricostruire il tessuto morale del nostro Paese”.
In questo senso i Martiri ugandesi sono il modello da seguire.
Essere missionari presuppone una profonda conoscenza della propria fede
I vescovi ricordano poi l’esortazione rivolta da Paolo VI agli africani durante la
sua visita in Uganda nel 1969 ad essere missionari di loro stessi. Ma essere missionari
– affermano - presuppone “una profonda conoscenza della nostra Chiesa e della nostra
fede” insegnata dal Vangelo che è assolutamente incompatibile con la corruzione, l’immoralità,
la permissività, la superstizione, l’ingiustizia, la violenza e l’egoismo che caratterizzano
oggi la società ugandese.
Papa Francesco costruttore di ponti
Il messaggio esorta i fedeli anche ad un’approfondita riflessione sugli insegnamenti
della Dottrina sociale della Chiesa, soprattutto con riferimento al tema della pace:
“In un Paese come il nostro, dove sono mancati per decenni l’unità e il consenso nazionale,
il Papa viene come un costruttore di ponti. La sua visita è quindi un’altra occasione
d’oro perché gli ugandesi diventino strumenti di unità, pace e riconciliazione nella
famiglia e tra le varie componenti religiose, culturali e politiche”. Un ulteriore
stimolo alla riflessione – aggiungono, infine, i vescovi – è la sua enciclica “Laudato
si’” che ci invita a stabilire rapporti nuovi e rispettosi con l’ambiente in cui viviamo. Il
messaggio conclude quindi con l’auspicio che la visita del Santo Padre offra agli
ugandesi “un’opportunità di crescita, rinnovamento e rinvigorimento della fede”. (L.Z.)
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