2015-10-08 20:05:00

Siria. Nato contro Russia e gli Usa avvertono: Mosca sbaglia


Pressing della Nato su Mosca che continua a bombardare le postazioni del sedicente Stato islamico in Siria. Dal vertice di Bruxelles il segretario dell’Alleanza Atlantica Stoltenberg ammonisce: Putin in questo modo non combatte il terrorismo, ma aiuta Assad. Intanto sul caso di Greta e Vanessa interviene la Farnesina: nessuna notizia di riscatto. Cecilia Seppia:

I caccia russi continuano a sorvolare il cielo siriano alla ricerca di obiettivi dello Stato islamico da colpire: 22 i raid di Mosca, soprattutto sulle province di Hama e Raqqa, undici le località raggiunte dai missili calibro 26 lanciati dalla flotta del Mar Caspio. Per ora invece l’opzione di inviare truppe di terra non sembra nei piani del Cremlino, su cui si fa stringente il pressing della Nato. Siamo pronti a difendere tutti gli alleati, compresa la Turchia, ha detto il segretario dell’Alleanza Atlantica, Stoltenberg oggi a Bruxelles per il vertice dei ministri della Difesa. Mosca, ha aggiunto, non mira all’Is ma agli altri gruppi e sostiene il regime di Assad. Sulla stessa linea gli Usa, con Ashton Carter, ministro della Difesa, convinto che la Russia stia commettendo un errore strategico e prima o poi pagherà conseguenze in termini di perdite umane. Intanto l’esercito di Damasco, forte dell’aiuto russo, ha annunciato l’avvio di una vasta offensiva per liberare alcune città dal terrorismo. Continua invece a suscitare clamore la notizia del pagamento di un riscatto da 11 milioni di euro da parte di Roma per la liberazione delle due cooperanti italiane Greta e Vanessa, rapite in Siria nel 2014. Il Capo della Farnesina, Gentiloni ribadisce: nessun pagamento da parte nostra.

 

Sugli interessi in questo momento in gioco da parte dei protagonisti che si muovono sullo scacchiere siriano, Roberta Gisotti ha intervistato Gianandrea Gaiani, direttore della rivista on line "Analisidifesa.it":

R. – L’interesse principale della Russia – e lo ha detto chiaramente Putin – è sostenere il regime di Bashar al Assad per favorire in futuro una transizione, ma soltanto una volta sconfitte le forze terroristiche che non sono solo l’Is, ma sono anche una buona parte delle forze ribelli. La questione è interessante perché tra le forze ribelli ormai il dominio è assicurato, a parte il sedicente Stato islamico, all’Esercito della conquista, che è quella coalizione di milizie islamiste che comprende salafiti, Fratelli musulmani e addirittura le milizie di al Qaeda, il fronte al Nusra, che è sostenuto da Turchia, Qatar ed anche Arabia Saudita. Ovviamente, questo fronte invece è composto da Paesi che hanno aderito alla coalizione guidata dagli Stati Uniti che – guarda caso – è la stessa che in un anno non è riuscita non solo a distruggere l’Is, ma non è riuscita neppure a impedire all’Is e nemmeno alle milizie qaediste – che comunque non sono obiettivo della coalizione – di proseguire nella loro avanzata. Non si è mai vista una forza militare come l’Is priva di forze aeree, priva di contraerea, riuscire a conquistare intere città come Ramahdi e Palmira, contro un avversario – la coalizione – che invece ha il dominio dell’aria.

D. – Perché, però, la stampa internazionale tende a mettere in cattiva luce Putin quando l’esperienza insegna che esautorare i leader di regimi forti senza avere pronti altre leader affidabili crea più disastri di quanto ripari?

R. – Diciamo che in Occidente c’è sempre stato un certo appiattimento dell’informazione sulle posizioni degli establishment, dei governi, dei poteri forti: parliamo della Casa Bianca, del governo britannico, francese, parliamo della Nato, che dopo la crisi ucraina parla con un linguaggio che forse rappresenta quello delle leadership angloamericane, ma non certo quello di tanti Paesi europei che il contrasto con la Russia non lo vogliono. Ed è paradossale vedere che, mentre i russi incominciano a bombardare – ed è vero: non colpiscono solo l’Is, ma colpiscono, ad esempio, anche le milizie di al Qaeda che stanno minacciando Latakia e altre città sciite della fascia costiera siriana – gli americani se ne lamentano: e questo, a 14 anni dall’11 settembre, deve far riflettere sulla posizione e la strategia americana in Medio Oriente, che non è più quella di grande stabilizzatore, ma semmai forse quella di grande destabilizzatore. E il motivo è forse legato al fatto che gli Stati Uniti oggi sono autosufficienti sul piano energetico, nel 2020 saranno grandi esportatori di energia e, mi pare di capire dal fallimento di un anno di campagna militare, di finta campagna militare contro l’Is, che hanno tutto l’interesse a mantenere il caos nell’area energetica del Medio Oriente che rimane, però, strategica non più per gli americani ma certo per noi europei e per tanti altri Paesi che sono ‘competitor’ degli Stati Uniti: l’India, il Giappone, la Cina. Per questo io credo che l’Europa dovrebbe svegliarsi e guardare a questi conflitti pensando ai propri interessi e non soltanto ad assecondare un alleato americano che è sempre meno nostro alleato. Non per cattiveria, ma semplicemente perché i suoi interessi strategici sono mutati.

D. – C’è davvero il rischio di collisioni nei cieli della Siria?

R. – Sì, il rischio c’è perché nello spazio aereo siriano, e questo è curioso, non c’è una sola risoluzione Onu che autorizzi chiunque a sorvolare con aerei armati lo spazio aereo della Siria. Eppure, su questo volano tutti: volano gli americani, i Paesi della coalizione – australiani, canadesi, britannici, francesi recentemente – più i Paesi arabi: Emirati Arabi, Sauditi, Qatar fanno volare i loro aeroplani nello spazio aereo siriano. Volano i turchi, che da luglio sono entrati pesantemente in Siria per colpire l’Is – dicono – in realtà per bombardare i curdi che infatti stanno avvicinandosi – i curdi siriani – a questa nuova coalizione che la Russia sta creando con la Siria, con l’Iraq e con l’Iran. E sulla Siria adesso volano, ovviamente, le forze di Bashar al Assad e volano anche gli aerei russi in grande quantità. Del resto, questo caso si presta anche ad operazioni di propaganda o a tentativi di mettere in luce aggressioni anche quando queste non ci sono e quindi può favorire il gioco delle parti in cui i russi sconfinano in Turchia e i turchi magari fingono di essere impauriti da questo avvicinamento e chiamano la Nato a difendere lo spazio aereo turco dall’aggressore russo.








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