“La riforma della Chiesa secondo Francesco. Le radici ignaziane”. E’ il titolo di un lungo articolo di padre Antonio Spadaro sull’ultimo numero di “Civiltà Cattolica”. Il direttore della rivisita dei gesuiti e padre sinodale sottolinea che “Papa Francesco è un Papa gesuita e la sua idea della riforma della Chiesa corrisponde alla visione ignaziana”. La riforma, dunque, è “un processo davvero spirituale che cambia anche le strutture”. Non a caso, prosegue, “uno dei grandi modelli ispiratori di Bergoglio è il gesuita San Pietro Favre” che Michel de Certeau definisce semplicemente “il prete riformato”.
In Bergoglio la riforma della Chiesa è frutto degli Esercizi Spirituali
“Papa Francesco – scrive padre Spadaro – è un frutto degli ‘Esercizi Spirituali’
e la sua visione della riforma della Chiesa è radicata nella riforma di vita,
che è frutto degli Esercizi”. D’altro canto, prosegue l’articolo, il riformatore –
come il gesuita – per Francesco deve essere uno “svuotato”, non deve essere centrato
su se stesso ma nel Signore, è chiamato ad un abbassamento, ad uno "svuotamento".
“La riforma per Francesco – scrive il direttore di ‘Civiltà Cattolica’ – si radica
in uno svuotamento di sé. Se non fosse così, se fosse solamente un’idea, un progetto
ideale, frutto dei propri desideri, anche buoni, diventerebbe l’ennesima ideologia
del cambiamento”.
Il Papa non ha “programma”, al centro c’è il “discernimento”
Papa Francesco, si legge ancora, non ha un “programma”. Il Pontefice “avanza sulla
base di una esperienza spirituale e di preghiera che condivide nel dialogo e nella
consultazione”. Questo “modo di procedere si chiama discernimento: è il discernimento
della volontà di Dio nella vita quotidiana”. Compito del riformatore “è dunque quello
di iniziare o accompagnare i processi storici”. Per Bergoglio, annota padre Spadaro,
“riformare significa avviare processi aperti e non tagliare teste o conquistare
spazi di potere. E’ proprio con questo spirito di discernimento che Ignazio e i primi
compagni hanno affrontato la sfida della Riforma”. Tuttavia, osserva il direttore
della rivista dei gesuiti, “la strada che intende percorrere è per lui davvero aperta,
non è una road map teorica: il cammino si apre camminando. Dunque il suo
progetto è, in realtà, un’esperienza spirituale vissuta che prende forma
per gradi che si traduce in termini concreti, in azione”. “Il pontificato bergogliano,
e la sua volontà di riforma – prosegue – non sono e non saranno solamente di ordine
amministrativo, ma di avviamento e di accompagnamento di processi: alcuni
rapidi e folgoranti, altri estremamente lenti”.
Con il Sinodo, Papa ha impresso movimento alla Chiesa
Per Francesco, quindi, è più importante avviare processi che occupare spazi. “Ne è
esempio notevole – evidenza padre Spadaro – il movimento impresso alla Chiesa intera”
con il doppio Sinodo sulla famiglia che “è stato pensato come un processo” dal Papa.
Bergoglio, prosegue, “vive una costante dinamica di discernimento, che lo apre al
futuro. Anche al futuro della riforma della Chiesa, che non è un progetto ma un esercizio
dello spirito, che non vede solamente bianchi e neri, come vedono coloro che vogliono
sempre fare battaglie”. Del resto, Francesco ritiene che “non bisogna neanche
aver paura dei conflitti, che a volte scuotono e impauriscono”. Per il Papa gesuita,
bisogna “accarezzare i conflitti”, “armonizzare le contraddizioni”. Al contempo, Papa
Francesco “è ben consapevole che la riforma della Chiesa di cui parla richiede una
formazione ampia e profonda, specialmente dei pastori. In questo senso è anche in
linea con l’esigenza profonda sempre avvertita come missione da parte della Compagnia
di Gesù di formare il clero, di formare i pastori”.
La riforma vive una proficua tensione tra Spirito e istituzione
L’articolo si conclude sottolineando che per “Papa Francesco la riforma della Chiesa
vive una forte e proficua tensione dialettica tra spirito e istituzione”. Esiste una
“tensione dialettica intraecclesiale nel discorso che fa Papa Francesco tra Spirito
e istituzione”, “in modo da contrastare l’introversione ecclesiale come l’aveva
definita San Giovanni Paolo II, che resta sempre una grande tentazione”. “E’ interessante
notare questa tensione fruttuosa tra la Chiesa come popolo pellegrino e quella
come istituzione, che rispecchia le due definizioni di Chiesa predilette
da Papa Francesco”: “popolo fedele di Dio in cammino” (Lumen Gentium) e “santa
madre Chiesa gerarchica” (Sant’Ignazio di Loyola). “La riforma della Chiesa, per Francesco
– conclude Antonio Spadaro – in fondo è questo: far sì che la santa madre Chiesa gerarchica
sia sempre il popolo fedele di Dio in cammino”. (A cura di Alessandro Gisotti)
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