2015-10-04 11:00:00

Portogallo al voto: coalizioni lontane dalla maggioranza assoluta


Domenica di voto in Portogallo, dove gli elettori sono chiamati a scegliere il nuovo governo del Paese. Dopo anni di austerità e i primi segnali di ripresa, gli ultimi sondaggi danno in crescita la coazione di centro-destra, guidata dal premier uscente Pedro Passos Coelho, che dovrebbe raccogliere tra il 35% e il 40% delle preferenze, seguita, con quattro punti di distacco, dal partito socialista dell'ex sindaco di Lisbona, Antonio Costa. Tuttavia, visto l’alto numero di indecisi, l'esito delle elezioni rimane incerto e sarà difficile che uno dei due schieramenti ottenga la maggioranza assoluta. Ma per sapere come si presenta il Paese a questo appuntamento elettorale, Marco Guerra ha intervistato il prof. Carlo Altomonte, docente di Economia politica europea alla Bocconi di Milano:

R. – È un Paese che in qualche modo ha delle analogie simili alla Spagna e all’Italia. Simili alla Spagna nel senso che, come questo Paese, ha beneficiato degli aiuti europei che ne hanno condizionato molto la politica economica nel corso degli ultimi anni: un programma di austerità robusto che ha causato il rallentamento dell’attività economica, l’aumento della disoccupazione – ma non quanto in Spagna – e poi ovviamente fallimenti bancari e ricapitalizzazioni. Simile all’Italia nel senso che, come l’Italia, sta beneficiando di una ripresa, anche se timida e non così forte come quella della Spagna, ma comunque con dei dati che sicuramente negli ultimi sei mesi hanno girato verso il sereno. Quindi è un Paese che si sta riprendendo pian piano dalla crisi, con una dinamica di disoccupazione meno grave di quella spagnola e molto lontana da quella greca.

D. – Che cosa dobbiamo aspettarci dalle urne? C’è il pericolo di una mancata maggioranza?

R. – Sì, fondamentalmente le urne ci dicono che, contrariamente ad altri Paesi europei, in Portogallo non c’è un movimento di protesta tipo “Syriza” o “Podemos” o altri movimenti anti-sistema. Il sistema del quadro politico è rimasto molto tradizionale: un partito di centro-destra, che oggi è avanti nei sondaggi con circa il 40% dei voti, e un partito di centro-sinistra che ha il 30% delle intenzioni di voto. Ma c’è anche un partito di tradizione comunista – di sinistra verde – che ha intorno al 10% dei consensi: questo partito è sempre rimasto presente nell’elettorato, ed è lì che si sono scaricate le tensioni antisistema nate durante la crisi. Per cui è un quadro elettorale abbastanza tradizionale. L’unico rischio che vedo è il fatto che non ci sia un governo che abbia una chiara maggioranza dopo le elezioni, e potrebbero essere necessarie delle grandi coalizioni, come in Germania; altrimenti si avrebbe un governo di minoranza che potrebbe portare un po’ di instabilità, però non vedo situazioni particolarmente problematiche.

D. – Quali sfide attendono il Paese: quali sono gli impegni in cima alla lista dell’agenda politica?

R. – Ritorno all’analogia con la Spagna e l’Italia: riforme strutturali per rilanciare la produttività; ridurre strutturalmente la spesa pubblica; far progredire l’economia attraverso la ripresa dei consumi che è in atto; e poi soprattutto far ripartire gli investimenti, e migliorare il quadro di solidità del sistema bancario. Sostanzialmente possiamo prendere l’agenda di riforme del governo italiano, spagnolo e greco, e applicarla anche al Portogallo: troveremo gli stessi ingredienti.

D. – Abbiamo detto che è l’unico Paese in crisi dove non è emersa una forza antisistema, antieuropea. Però c’è una classe media impoverita, c’è stata una ripresa dell’emigrazione… Questo è un Paese che esce dalla crisi mutato, come tutti quelli del Mediterraneo, fa parte del famoso blocco dei PIIGS…

R. – Sicuramente i segnali della crisi in Portogallo si sono visti. Se girate per Lisbona troverete tanti negozi, tante filiali di banche chiusi, però è un Paese che adesso sta ripartendo. Di sicuro l’emigrazione, che storicamente è un fenomeno importante per il Portogallo, ha dato comunque una valvola di sfogo per tanti giovani e non ha creato situazioni di disagio sociale al proprio interno. Ripeto: è un Paese che sta trovando la sua strada di competitività all’interno di un quadro di moneta unica che appare adesso più equilibrato proprio perché questi differenziali di competitività sembrano meno forti di prima. Negli anni d’oro del pre-crisi, il Portogallo, come la Spagna, aveva beneficiato di un facile accesso al credito, del boom immobiliare, con i prezzi alle stelle e quant’altro, che hanno creato una bolla da cui poi è scoppiata un’altra crisi. Quindi adesso il Paese sta ripartendo, ma su basi sicuramente più solide.








All the contents on this site are copyrighted ©.