2015-09-30 15:13:00

"Summer School" di Libera sui beni confiscati alle mafie


La “Summer School “di Libera Campania "GIÀ - Giovani Imprenditoria ed Innovazione" si terrà fino al 2 ottobre prossimo in luogo simbolo della lotta alla camorra: il Palazzo Mediceo di Ottaviano, in provincia di Napoli. Coinvolti 20 giovani, tutti tra i 18 e i 35 anni, che affronteranno il tema su come riutilizzare i beni confiscati alla mafia. Al microfono di Maria Cristina Montagnaro, il coordinatore regionale di Libera Campania, Fabio Giuliani:

R. – La scuola è rivolta a tutti i giovani dai 18 ai 35 anni, residenti nella Regione Campania. Siamo alla terza edizione, che è presente anche in altre regioni di Italia. Proviamo a immaginare un futuro diverso e modelli di sviluppo alternativa a partire dalla tematica dei beni confiscati.

D. – Qual è sarà il luogo simbolo?

R. – In realtà, è un luogo anche molto emblematico: si tratta del Palazzo Mediceo a Ottaviano, che è stata la residenza di Raffaele Cutolo, benché non vi abbia mai abitato… E’ un palazzo mediceo, quindi un castello della fine del ‘400. Sono tre anni che siamo qui, con l’aiuto del gestore di quel bene confiscato, che è il Parco Nazionale del Vesuvio, e con il supporto dell’amministrazione comunale di Ottaviano. Ha ovviamente anche un valore simbolico molto, molto forte: lei si immagini che lì si entrava da sudditi, noi proviamo invece a far entrare tutti da cittadini…

D. – Quali materie saranno oggetto di scuola particolare?

R. – Il titolo è “I beni confiscati per il bene sociale” e l’idea è quella di immaginarsi nuovi sistemi di welfare a partire da questo straordinario patrimonio che sono, appunto, i beni confiscati alla criminalità organizzata. Immaginare quindi di costruire modelli alternativi di sviluppo, con un occhio di riguardo a tutte quelle persone che fanno un po’ più di fatica, tenendo anche presente che molto spesso sono poi state le vittime di secondo di livello della presenza mafiosa sul territorio.

D. – In che modo sono stati selezionati questi giovani?

R. – Li abbiamo selezionati in base ai loro curricola e ad una lettera di motivazione, perché le motivazioni fanno la differenza nell’intraprendere determinati percorsi... Ci teniamo molto a non generare false e inutili aspettative: non è un modo per trovare un posto di lavoro, ma per provare a costruire insieme un futuro diverso, che possa passare anche dal lavoro. Abbiamo anche chiesto una idea progettuale, perché da questi ragazzi vogliamo anche imparare e non provare soltanto a insegnare o a dare loro qualche strumento.

D. – Quale sono le caratteristiche principali che deve avere il progetto vincente?

R. – Sicuramente, restituzione alla collettività tale da poter dialogare con il territorio: il territorio deve comprendere quali sono le sue lacune e cosa vorrebbe farci con il bene confiscato. Un progetto che sia però assolutamente autosostenibile, perché non abbiamo intenzione di chiedere l’elemosina a nessuno. Un progetto che sia impatto occupazionale, perché pensando attraverso i beni confiscati al lavoro riusciamo a ribaltare anche un altro dogma: molto spesso nei nostri territori, purtroppo, ci vengono a dire che dove c’è la camorra c’è lavoro e dove non c’è più la camorra non c’è più lavoro… La legalità vince, la legalità conviene, la legalità offre anche posti di lavoro!

D. – Da quali università provengono?

R. – Le più disparate. Ci sono laureati in fisica, diplomati e periti elettrotecnici…

D. – Qual è il messaggio che volete rivolgere?

R. – Che questo patrimonio sottratto ai mafiosi è nostro. Ce lo dobbiamo riprendere con forza e da lì ripartire per una nuova idea di economica e per una nuova idea anche di welfare.








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