2015-09-29 15:30:00

71.mo Marzabotto: Alessandro Berti in scena con "Un cristiano"


Nel 71.esimo anniversario dell’eccidio di Monte Sole - l’insieme di stragi compiute dalle truppe nazi-fasciste in Italia tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, nei comuni di Marzabotto, in provincia di Bologna – Alessandro Berti porta in scena “Un Cristiano”, il suo testo teatrale dedicato a Don Giovanni Fornasini. Del giovane parroco di Sperticano - di cui quest'anno ricorre il centesimo dalla nascita -, ricordato insieme ad altri due sacerdoti, Ferdinando Casagrande e Ubaldo Marchioni, come “martiri di Monte Sole”, Maria Caterina Bombarda ne ha parlato con l’interprete e autore dello spettacolo Alessandro Berti:

R. – Don Giovanni Fornasini era il più giovane dei cinque sacerdoti uccisi nella strage nazi-fascista di Monte Sole nell’autunno del ’44; era il parroco di Sperticano solo da due anni, ventinovenne, e si trovò in questo tragico frangente insieme alla sua piccola comunità, esattamente sulla linea del fronte. Il mio spettacolo è “Un cristiano”; parla di lui, dell’ultimo anno di vita, di un servizio molto vario, molto tragico, caratterizzato da moltissima mediazione con il comando tedesco, spesso andata a buon fine con la liberazione di decine di persone ingiustamente trattenute. Quindi vediamo questo pretino cocciuto, montanaro che viene da Pianaccio e muore a Monte Sole che è praticamente a 25 km più a valle.

D. – Insieme a lui vengono ricordati anche don Ubaldo Marchioni e Ferdinando Casagrande come “martiri di Monte Sole”, perchè la scelta di fare questo spettacolo è caduta proprio su don Giovanni Fornasini?

R. – Perché don Giovanni è quello che fin da subito è stato riconosciuto dalla popolazione come “l’Angelo di Marzabotto” – un’espressione che viene dal basso, dalla memoria popolare -; inoltre, mi sono basato su un capitolo del libro di Luciano Gherardi “La quercia di Monte Sole” basato proprio sulla vita di Giovanni Fornasini, quindi molto ben documentato. Durante il lavoro ho conosciuto la famiglia Fornasini e questo è stato un elemento molto importante.

D. – Quale valenza ha il Teatro del Sacro, con le sue platee piccole e l'importanza data alla dimensione del silenzio, nel raccontare a un pubblico contemporaneo figure e temi così reali e legati all'esperienza della fede?

R. - Io lavoro con un teatro contemporaneo, quindi che usa un linguaggio attivo, moderno, di interazione diretta, frontale con il pubblico, quindi senza mediazioni di nessun tipo né di una tradizione o di una tecnica che sovrastino, né di uno stile che si mette tra me e il pubblico. Insomma, è tutto molto semplice. Anche il numero di spettatori è molto importante, perché tendo sempre a stare in mezzo a poche persone per fare in modo che il corpo sia vicino, che la mia voce sia percepibile, ascoltabile, gustabile fin nelle sfumature più intime di un tono, di uno sguardo, di un’espressione facciale...Tengo molto a questa relazione per quell’ora dello spettacolo, molto precisa, molto puntuale. Quindi “Un Cristiano” è proprio uno spettacolo abbastanza strano perché il contesto è una mensa: metto intorno al tavolo dalle 30 alle 150 -200 persone, quindi su più file; poi ci inventiamo sempre situazioni avventurose.

D. – Si avverte spesso, in date come queste, la responsabilità di una memoria storica e civile: essa è avvertita ancora come un'urgenza viva da parte degli spettatori che vengono a contatto con questi temi?

R. – Secondo me è proprio una questione generazionale: i più anziani che vivono queste cose in un modo, i più giovani in un altro. La mia attenzione va a tutti, ma in quanto persona nata trent'anni dopo questi eventi, ovviamente sono più vicino alle persone che non li hanno vissuti direttamente ma che li interrogano rispetto al futuro e al presente. Quindi anche il modo in cui racconto la storia di don Giovanni Fornasini è proprio questo, la santità non è il martirio, la guerra o le situazioni in cui ti puoi trovare in certi momenti; non è qualcosa di archeologico, di lontano, ma è qualcosa che ci è molto prossimo. Quindi il mio sguardo è questo, non uno sguardo solo sulla memoria ma che cerca di collegare la memoria al presente e al futuro.








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