2015-09-26 14:30:00

Torino Spiritualità: incontri su alchimia tra divino e terreno


E’ in corso in questi giorni, e fino a domenica 27 settembre, l’XI edizione di Torino Spiritualità, festival fitto di dialoghi, lezioni, spettacoli, ed esperienze. Oltre 120 gli eventi a cui partecipano 150 voci, provenienti da tutto il mondo, per incontrarsi e riflettere sul tema dell’Impasto Umano-Divino, quell'alchimia misteriosa e mutevole che amalgama natura divina e terrena. Francesca Di Folco ha intervistato il curatore della rassegna Armando Buonaiuto, che ha illustrato i percorsi in cui si articola il festival per meditare sul tema trasversale e multiforme della Spiritualità, declinato in modi di pensare e di vivere diversi tra loro:

R.  –La spiritualità è già un tema, è una parola ricca, ampia, è anche difficile definire quali siano i suoi veri confini. E quindi, per riuscire a fare un’indagine che abbia un senso rispetto a una tematica così ampia, bisogna andare a scovare tante nicchie e provare a riempirle. Quindi, gli incontri aumentano anche perché noi cerchiamo di accogliere le diverse tradizioni spirituali e di dare spazio a ciascuna di esse. Evitiamo di creare dell’insiemistica, cioè di accomunarne alcune perché magari hanno temi contigui. Cerchiamo di indagare la singola religione, con la singola tradizione, con l’attenzione che richiede, insomma con tutto il cuore, con tutta la mente, concentrati su quella. Quindi gli eventi aumentano.

D.  –In che cosa spiritualità e religiosità divergono e al contrario si assomigliano?

R. – La spiritualità è il contenitore più ampio. Poi si può tradurre in tante forme e alcune di queste sono le forme della religione, cioè la ritualità, l’adesione a un testo. La spiritualità e la religione hanno tra loro un po’ il rapporto che può avere il sapere con la conoscenza. E’ un rapporto piramidale, nel quale la religione è incastonata come forma concreta della spiritualità.

D. –Spiritualità e ambiente: un binomio che ricorre spesso e che per esprimersi al meglio ha bisogno di una terra sana, non certo di una natura oltraggiata e offesa dall’uomo…

R. – Sì, noi quest’anno abbiamo cercato anche di dare attenzione a questo aspetto, perché abbiamo come sottotitolo quest’anno “Fatti di terra, guardiamo le stelle”, il fatto che noi siamo composti di terra vuol dire che siamo legati in maniera inscindibile all’humus da cui proveniamo. Questo vuol dire ovviamente tenerlo in considerazione e averne cura. Ugualmente, anche guardare le stelle vuol dire mantenere un’attenzione aperta e concreta non soltanto verso ciò che calpestiamo ma anche verso il cielo che abbiamo sopra di noi, che fa sempre parte di quella che noi chiamiamo casa.

D. – Tanti convegni sull’acqua e il cibo: come questi elementi possono nutrire oltre al corpo anche lo spirito?

R. – Riteniamo che corpo e spirito siano impastati insieme, l'impasto umano ha un’eco che rimanda alla dimensione del cucinare, dell’essere composti da più ingredienti, è evidente che acqua-spirito-materia sono elementi uniti insieme in questo nostro impasto, ciascuno utile alla sua maniera. Se noi non inseriamo l’aria, l’impasto non lievita, resta pesante, resta terra, se invece lasciamo che ci sia spazio per l’acqua e l’aria è evidente che l’impasto cresce e si sviluppa e assume nuove forme.

D. – Spiritualità è anche tensione interiore, che si traduce in un impegno concreto. Il festival prevede anche un incontro sulla figura di Peppino Impastato…

R.  –Peppino Impastato è  una figura eccezionale. Noi quest’anno in realtà gli dedichiamo due appuntamenti. Uno specificatamente a Peppino Impastato e alla sua storia insieme a Salvo Vitale e a Pino Maniaci. Salvo Vitale è stato un compagno di Peppino  Impastato e la loro lotta l’hanno fatta insieme. Pino Maniaci è una persona che invece ne ha conservato oggi l’eredità, come dire un avamposto contro alcune degenerazioni del crimine. Con loro ne parleremo, ma avremo anche uno spettacolo teatrale, dedicato invece alla figura della mamma di Peppino Impastato. Quindi, proveremo a raccontare la storia di Peppino anche dal punto di vista non solo di chi ci ha lavorato ma di chi aveva con lui un legame filiale.








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