2015-09-23 15:00:00

Canonizzazione Junipero Serra. P. Califano: fu un uomo umile


E' stata celebrata ieri da Papa Francesco, nel Santuario Nazionale dell’Immacolata Concezione a Washington, la Messa per la Canonizzazione del Beato padre Junipero Serra, apostolo della California. Nato nel 1713 a Maiorca, Junipero Serra entra nell’Ordine dei Frati minori. Cattedratico di teologia a 35 anni, parte per il Messico poi la California. Fondò numerose missioni. “Sempre avanti e mai indietro”, diceva sempre. Il nostro inviato, Massimiliano Menichetti, ha intervistato in esclusiva il postulatore generale, padre Giovannigiuseppe Califano, a Washington per la Canonizzazione:

R. – “Un innamorato del Vangelo”. Non trovo una espressione migliore per sintetizzare la personalità spirituale e umana del nuovo Santo. Possiamo dividere la sua vita di religioso in due grandi fasi: circa 35 anni trascorsi nella sua patria, a Maiorca – di cui 20 come sacerdote dell’Ordine dei Frati minori – e altri 35 anni vissuti come missionario nel Nuovo Mondo, cioè nella regione dell’attuale Messico e della California. Sia nell’una che nell’altra fase della sua vita, padre Junipero fu un instancabile predicatore della Parola di Dio. Infatti, a Maiorca affiancò alla sua attività di insegnante di filosofia e di teologia nella Università Lulliana un’intensa attività pastorale, fatta di missioni al popolo, di predicazioni quaresimali e di omelie in occasione delle solennità liturgiche, quando era invitato come predicatore. Questa stessa passione per la Parola di Dio e per la Chiesa lo spinse poi a farsi missionario. Nel 1749, padre Junipero partì per il Nuovo Mondo, sulle tracce dei grandi Frati minori che lo avevano preceduto, come San Francesco Solano e il Venerabile Antonio Margil: proprio dalla lettura delle gesta dei missionari, nacque in lui questo desiderio. La sua prima azione missionaria si svolse nel territorio della Sierra Gorda, oltre duecento chilometri a nord di Città del Messico. Qui restò otto anni, dal 1750 al 1758. Dieci anni dopo, nel 1768, padre Junipero fu inviato nelle missioni della Bassa California, da dove poi estese la sua azione apostolica verso il nord, fondando le nuove stazioni missionarie nel territorio dell’attuale California.

D. – Dalla biografia di Junipero Serra emerge forte l’apostolato missionario: dunque, l’azione pastorale intrecciata alla difesa dei diritti dei nativi, la carità verso i poveri … E così?

R. – Indubbiamente. I Frati minori che si recavano nelle missioni del Nuovo Mondo sostavano per circa due anni nel Collegio Apostolico di San Ferdinando, in Città del Messico, per apprendere lingua, usi e costumi delle popolazioni alle quali erano inviati. Si trattava di un vero processo di “inculturazione” – diremmo oggi – un’inculturazione necessaria ai religiosi per poter comunicare con i nativi. Con la sua viva intelligenza, Fra’ Junipero non ebbe difficoltà ad apprendere in breve tempo la lingua dei Pame, per mezzo della quale poté avvicinare le popolazioni della Sierra Gorda, che fu la sua prima destinazione. Questo sforzo di inculturazione mi sembra di poter dire sia stato il primo atto di carità di padre Junipero verso quelle popolazioni, cioè il desiderio di sentirsi uno di loro per essere vicino a tutti, con cuore di francescano per comprendere, per sostenere. E questo desiderio di immedesimarsi con i popoli, con le culture, lo accompagnerà per il resto della sua vita, anche negli anni successivi, nell’azione in California.

D. – Ma l’attività di Junipero Serra non si limitò a questo…

R. – Certamente no, perché ciò che facevano i missionari, e padre Junipero Serra per primo, fu un’autentica opera di promozione umana. I Frati minori che raggiungevano queste nuove terre insegnavano alla popolazioni nativa l’agricoltura, l’allevamento del bestiame, le arti, la musica e l’architettura. Era un modo per stabilire condizioni di vita più dignitose per quelle popolazioni che certamente erano ancora senza il Vangelo, ma che avrebbero potuto anche essere facili prede di una colonizzazione senza scrupoli. Sono rimasti a noi come esempi mirabili di questa attività “artistica”, di promozione, le grandi chiese delle missioni di Sierra Gorda che oggi sono considerate patrimonio mondiale dell’umanità. Inoltre, bisogna ricordare che padre Junipero moderò la metodologia di approccio che i militari gli spagnoli erano soliti condurre quando si stabilivano in quelle terre: cioè, ad esempio non impose la lingua spagnola, lasciò un certo margine di libertà per le coltivazioni per le quali non era obbligatorio versare una quota-parte alla missione, non interferì nella gestione dei guadagni e dei risparmi che potevano venire da queste piccole attività agricole o di allevamento… Consentì che i nativi si allontanassero dalle missioni per lo scambio di merce con altre tribù, come erano soliti fare per la loro cultura. E soprattutto intervenne per chiedere la mitigazione delle pene quando qualcuno incorreva in una violazione della legge instaurata dagli spagnoli.

D. – Quindi, come possiamo definire il contatto che ebbe padre Junipero con gli indiani?

R. – Sicuramente, come in un rapporto tra padre e figli. Padre Junipero aveva la consapevolezza di avere generato alla fede in Cristo questi popoli e quindi desiderava amministrare personalmente il Battesimo quasi per assumersi nei loro confronti una responsabilità, una responsabilità di padre, mostrando che i Sacramenti creano un vincolo con il Signore, ma anche tra gli uomini. Quando ottenne l’autorizzazione ad amministrare la cresima – è un fatto del tutto eccezionale, come si può pensare – benché fosse affaticato già dagli anni e sofferente, padre Junipero si mise in viaggio per donare questo Sacramento alle popolazioni di California e si calcola che il numero delle Cresime gli egli riuscì a distribuire sia stato 5.309! Quindi, in sintesi, gli indiani costituirono il cuore del suo apostolato: nei limiti dell’obbedienza ai superiori, non ebbe rispetti umani per chi osava attaccare, approfittare o soggiogare gli indiani. Per questo amore viscerale e intelligente, padre Junipero non ebbe timore di affrontare a viso aperto le autorità politiche e militari che volevano sottrarre alla Chiesa il compito dell’evangelizzazione, il compito primario per cui questi missionari, con tanta generosità, con tanto zelo affrontavano viaggi, disagi, sofferenze per portare Cristo ai popoli.

D. – In Junipero Serra si trovano dunque le radici degli Stati Uniti e del Vecchio Continente nell’abbraccio del cristianesimo…

R. – E’ sufficiente ricordare i nomi delle grandi metropoli della California per rendersi conto di quanto il cristianesimo abbia caratterizzato la cultura e la civiltà degli Stati Uniti. Risalendo dal sud verso il nord, incontriamo San Diego, San Juan Capistrano, Los Angeles, San Buenaventura, Sant’Antonio, Santa Clara, San Francisco, la grande metropoli… Sono città che hanno avuto origine dalle stazioni missionarie stabilite dai Francescani lungo il cosiddetto “Camino Real”. Questa vasta area geografica in cui San Junipero operò – quindi, Maiorca, Messico e California – suggerisce in qualche modo come avvicinare il nord ed il sud del mondo, abbattendo frontiere: Messico, Stati Uniti, Mediterraneo, Paesi africani, Europa... Sono immagini, sono idee, che abbiamo vive in questo momento… Il cammino del Santo suggerisce un perenne valore della solidarietà. Al tempo di San Junipero gli aiuti giungevano con le navi che partivano dal Messico: ora la traiettoria della ricchezza sembra invertita, ma non è invertito né cambiato il dovere della solidarietà umana. Siamo convinti che questa solidarietà possa e debba nutrirsi degli ideali evangelici, dell’amore del prossimo, che è gratuito, non guardi al proprio tornaconto, non calcoli il proprio interesse.

D. – Che cosa la colpisce personalmente della figura di Fra Junipero Serra?

D. – Penso che la virtù più eminente del nuovo Santo sia stata l’umiltà. Non sarebbe stato umanamente possibile realizzare una tale moltitudine di opere senza una umiltà eroica. Il suo più antico biografo fu il discepolo padre Palou, il primo a insistere con convinzione su questo concetto dell’umiltà del Santo. Ed egli scrive, nella sua biografia, subito dopo la morte del nostro Santo: “Si reputava il più inutile… facendo comprendere di essere servo e senza alcuna abilità… Quanto maggiore era l’onore che gli si voleva attribuire, tanto maggiore era la ripugnanza che egli dimostrava e utilizzava tutti i mezzi che l’umiltà e la prudenza gli suggerivano, per evitare le occasioni di elogio”. Se sfogliamo la biografia di San Junipero, troviamo moltissime manifestazioni concrete di questa umiltà eroica: basti pensare che quando era missionario in Sierra Gorda e, come dicevamo, aveva stabilito questo rapporto fraterno con le popolazioni, gli fu ingiunto di ritornare in Messico, a Città del Messico, nel Collegio di San Ferdinando per poi immediatamente ripartire verso le missioni del Texas, perché si era verificato che la stazione missionaria di San Saba era stata distrutta, ed egli accettò senza alcuna esitazione questo cambiamento di servizio. Accadde però che le autorità spagnole giudicassero troppo pericolosa questa nuova impresa e quindi il Santo lasciò il luogo dove stava con tanto profitto, tornò a Città del Messico e dovette aspettare ben 10 anni per poi ripartire per le missioni. Quindi, veramente una grande umiltà: sentirsi un servi inutile là dove l’obbedienza lo chiamava ad essere. E in questi 10 anni in cui fu più stabile nella sua attività, allo stesso modo fu missionario perché si dedicò alla predicazione alle popolazioni, al ministero della confessione, fu anche maestro dei novizi… Quindi, una persona molto operosa che sapeva stare là dove l’obbedienza lo poneva. E quando stava in convento tra i suoi frati, sebbene fosse una persona nota, una persona ormai anche di successo, assumeva gli atteggiamenti consueti dei Frati minori come fosse l’ultimo dei novizi: era puntuale agli atti comuni, alla preghiera, praticava la mortificazione… Veramente, sapeva stare all’ultimo posto. Ce ne sono molti altri, di questi episodi, in cui si rivela l’umiltà del Santo. Giunse da Roma la patente per procedere alla Confermazione, ad amministrare quindi il Sacramento della Cresima: gli fu contestata, l’autenticità della patente, perché non era passata attraverso l’autorizzazione delle autorità spagnole. Lui seppe attendere, pazientare che gli fosse riconosciuto il suo diritto per poi ripartire con coraggio e con forza, nonostante la piaga che aveva alla gamba.

D. – Lo ricordiamo: questa piaga come si era formata?

R. – La piaga alla gamba si era formata al suo arrivo in Messico, procurata probabilmente da una puntura d’insetto. Portò infezione e lui l’ha portata pazientemente, questa piaga, per i 35 anni in cui è stato missionario. Ha viaggiato sempre a piedi: solo in una circostanza gli fu prestata una lettiga, proprio negli ultimi anni, quando era sofferente, ma ha camminato sempre sul dolore e questo certamente per un desiderio di conformità a Cristo, per un’offerta più autentica della sua vita e proprio perché si riteneva un nulla.

D. – Le posso chiedere qual è, secondo lei, l’attualità di questo Santo? Cosa dice al giorno d’oggi questo Santo?

R. – Vorrei ribadire intanto il concetto della solidarietà verso gli ultimi, perché San Junipero è andato verso le popolazioni bisognose che non conoscevano Cristo e ha portato il Vangelo e ha portato la cultura, come dicevamo. E quindi, penso che questo interagire tra i popoli e tra le culture sia un messaggio senz’altro di attualità del nuovo Santo. Certo, per noi Francescani è anche una gioia, una grande soddisfazione spirituale vedere ancora un nostro confratello innalzato agli onori degli altari, ma è anche una grande responsabilità, perché facendo memoria dei Santi, del loro zelo per la causa del Vangelo, anche noi possiamo essere presenti nel mondo.

Certamente in San Junipero nessuna virtù fu assente: una fede robusta, una speranza e una carità sopranaturali, e tutte le virtù cardinali. Ma l’umiltà fu indubbiamente la virtù che tutte le altre univa in un insieme armonico. Da vero figlio di San Francesco d’Assisi, San Junipero viveva l’umiltà come un basso sentire di se, come gioiosa semplicità francescana, come resistenza agli onori e ai posti di responsabilità, come pronta e generosa obbedienza agli ordini dei superiori. L’umiltà fu l’abito a lui più congeniale.








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