2015-09-19 15:38:00

Bambini e beni culturali: le iniziative del Parlamento europeo


In attesa delle decisioni dei capi di Stato e di governo al vertice straordinario sull’immigrazione fissato per il 23 settembre, dall’Europarlamento arrivano iniziative concrete a favore dei bambini, che rappresentano il 40% dei migranti, ma anche per contrastare la distruzione e il traffico illegale di beni culturali, un altro aspetto della tragedia che accade nel sedicente Stato islamico da cui fugge la maggior parte  delle migliaia di profughi. Nell’intervista di Fausta Speranza, ce ne parla l’eurodeputata Silvia Costa:

R. – Noi abbiamo posto in evidenza il tema dell’interesse prevalente per i diritti dei minori ad avere una particolare forma di protezione, come prevede la Convenzione dell’Onu sull’infanzia e, naturalmente, anche tutte le Carte dei diritti europei. Allora abbiamo chiesto tre cose: per prima cosa, una protezione speciale per loro nei campi profughi – sia in quelli che si trovano in Libano, in Turchia e in Giordania – ma anche nei nostri, che stanno sorgendo in Europa. Questo per far sì che, nell’accoglienza nei vari Stati membri, sia garantita quella che viene chiamata “l’educazione nelle corsie d’emergenza”. Anche attivando le risorse che esistono: molti sono gli insegnanti, tra questi profughi. Come seconda cosa, abbiamo chiesto garanzie in quelle zone, che sono come dei limbi tragici fra i fili spinati, tra le frontiere chiuse anche in Serbia, dove ci sono ormai migliaia di profughi con molti bambini – i bambini sono un quarto dei profughi – e mamme e genitori, che sono in una fase e in un momento di abbandono e che non sanno più da che parte andare. Lì intervengono soltanto le ong: penso alla Caritas, penso alla Croce Rossa internazionale, penso a “Aid for Migration”, Sant’Egidio e altri. Allora chiediamo al ministro Mogherini che in questo momento sia data subito una quota delle risorse del Fondo rifugiati a queste ong, in queste situazioni che sono le emergenze dell’emergenza. Terza cosa: non è accettabile che alcuni Paesi, che, in quanto Nazioni europee hanno sottoscritto Trattati per la tutela dei diritti fondamentali, stiano negando di fatto proprio questi diritti. Chiediamo quindi che la Commissione verifichi quali Paesi stanno violando i diritti fondamentali dei bambini.

D. – Profughi e zone di guerra: moltissimi provengono dalla Siria e dall’Iraq. Il Parlamento europeo si sta occupando di distruzione e traffico illegale di beni culturali: addirittura c’è la proposta di definirli “crimini contro l’umanità”: è così? Profughi e beni culturali, anche questi sono legati?

R. – Certo che sono legati! Recentemente, dopo la risoluzione importante a Strasburgo, in cui abbiamo chiesto cose molto precise su questo, abbiamo invitato anche l’Unesco a dare vita, come si è annunciato, a ottobre, nel prossimo Consiglio dell’organismo, a una “task force” , che potrebbe prefigurare i caschi blu a tutela del patrimonio culturale. Si tratta di una vera e propria emergenza: non possiamo vedere distrutto il patrimonio dell’umanità sotto ai nostri occhi. Irina Bokova, segretario generale dell’Unesco, ha detto che uccidere, distruggere il patrimonio, distruggere le vite umane sono le due facce di uno stesso concetto, di uno stesso tema, perché è in gioco l’umanità, le radici culturali e religiose, l’identità dei popoli. Credo che questo sia un dovere assoluto: garantire e tutelare, prevenire e aiutare anche nella ricostruzione.

D. – Solidarietà e identità diventano davvero due terreni di sfida importanti in questo momento, per l’Unione Europea …

R. – Abbiamo presentato un rapporto – perché questo è un tema che ci sta a cuore da tempo – su come l’educazione possa avere un ruolo strategico nell’educare al rispetto della diversità culturale e a creare le basi per il dialogo interculturale – e io aggiungo – interreligioso; e per questa ragione noi abbiamo fatto un’audizione con esperti, tra cui una teologa tedesca, il responsabile europeo dell’associazione per l’insegnamento interculturale e altri, che vorremmo trasferire in vere e proprie linee guida, anche perché in questo momento noi abbiamo bisogno di capire che l’educazione al dialogo è la base della convivenza pacifica e che quindi le politiche di sicurezza, la politica estera e la politica della cooperazione allo sviluppo, senza questo aspetto educativo, non vanno da nessuna parte.








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