2015-09-16 12:36:00

Mons. Tomasi all'Onu: superare l'indifferenza verso la schiavitù


La comunità internazionale deve rifiutare la cultura relativista che permette a una persona di lucrare su di un’altra, trattandola come oggetto, imponendole il lavoro forzato, o rendendola schiava per ripagare un debito. E’ la richiesta di mons. Silvano M. Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite di Ginevra, rivolta ieri alla 30ma Sessione del Consiglio per i diritti Umani dell’Onu. Servizio di Francesca Sabatinelli:

Dobbiamo superare la “globalizzazione della indifferenza” nei confronti di chi viene, a diverso titolo, ridotto in schiavitù. Lo dice mons. Silvano Tomasi alla comunità internazionale, fortemente sollecitata a trasformare questa indifferenza in un “rinnovato senso di solidarietà e di fraternità” .

La schiavitù coinvolge 35,8 milioni di persone; 5,5 milioni sono bambini
L’Osservatore ripete le tristi cifre già fornite dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro: 35,8 milioni di persone al mondo sono ridotte in stato di schiavitù, 5,5 milioni degli oltre 20 milioni di persone impiegate nel lavoro forzato sono bambini. A correre i maggiori rischi sono i gruppi di vulnerabili: indigeni, minoranze, coloro considerati provenire dalle "caste più basse" e migranti, soprattutto irregolari. I settori “con un elevato rischio di forme contemporanee di schiavitù” sono quelli in cui troviamo catene di produzione: in agricoltura, nell’edilizia, nell’estrazione mineraria e nell’industria tessile. Tomasi spiega però che ci sono anche altre forme di schiavitù, che vanno al di là dello sfruttamento nel lavoro forzato, perché molti esseri umani, e in maggioranza minorenni, vengono catturati dal mondo della prostituzione, o vengono trasformati in schiavi del sesso.

Il Messaggio del Papa per la Giornata mondiale della pace
Tomasi ricorda il messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale della pace 2015, quando il Papa parla di  “donne forzate a sposarsi, vendute in vista del matrimonio o trasmesse in successione ad un familiare alla morte del marito, senza che abbiano il diritto di dare o non dare il proprio consenso”. Ed elenca poi le altre forme di riduzione in schiavitù, sempre citate dal Papa: “per l’espianto di organi, per essere arruolati come soldati, per l’accattonaggio, per attività illegali come la produzione o vendita di stupefacenti, o per forme mascherate di adozione internazionale”.

Per eliminare il fenomeno occorre una mobilitazione mondiale
Questo vecchio fenomeno disumano di sottomissione dell'uomo da parte dell'uomo – denuncia Tomasi, riprendendo le parole di Papa Francesco – affonda  le sue radici, oggi come in passato, in una concezione della persona umana che ammette la possibilità di trattarla come un oggetto. “Siamo di fronte ad un fenomeno mondiale che supera le competenza di una sola comunità o nazione”, ci ripete mons. Tomasi e “al fine di eliminarlo abbiamo bisogno di una mobilitazione di dimensioni paragonabili a quelle del fenomeno stesso”.

Coordinamento transnazionale contro il traffico di esseri umani
Occorre quindi impegnarsi a prevenire questo fenomeno, a tutelare le vittime, a lavorare per la loro riabilitazione psicologica e pedagogica, a perseguire legalmente i responsabili. Ed ecco quindi che, prendendo esempio dagli sforzi della Chiesa cattolica per contrastare le moderne forme di schiavitù, “gli Stati dovrebbero garantire che la propria legislazione rispetti veramente la dignità della persona umana nei settori della migrazione, dell’occupazione, dell'adozione, nei movimenti  delle società offshore e nella vendita di articoli prodotti da lavoro degli schiavi, alla ricerca delle modalità più idonee per punire coloro che sono complici in questo commercio inumano”. Oltre che  combattere in modo coordinato le reti transnazionali del crimine organizzato che controlla il traffico di persone e il traffico illegale di migranti.








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