2015-09-16 08:13:00

L’Ungheria arresta 174 migranti. Controlli ai confini nei Paesi Ue


Resta chiuso il confine tra Ungheria e Serbia, mentre le autorità di Budapest hanno annunciato la barriera si allungherà a est, serrando anche il confine con la Romania. E dopo il nulla di fatto di lunedì scorso, il prossimo 22 settembre si riunirà di nuovo il Consiglio Ue degli Affari interni, per decidere sulla redistribuzione dei richiedenti asilo. Intanto molti Paesi ripristinano i controlli alle frontiere. Marco Guerra:

Seconda mattinata di blocco alla frontiera nei pressi della ferrovia che attraversa il confine tra Ungheria e Serbia, mentre è salito a 174 il numero di migranti arrestati dalla polizia magiara per essere entrati illegalmente nel Paese. Centinaia di profughi hanno passato la notte nelle campagne circostanti il valico che nelle scorse settimane ha visto il passaggio di decine di migliaia di persone e dopo che ieri hanno inscenato vibranti proteste e uno sciopero della fame. Ora si teme che il flusso si sposti verso la Croazia, alla cui frontiera stamani è arrivato un primo autobus con 30-40 persone, la maggior siriani e afgani con a seguito bambini. Alla fermezza ungherese l’Europa ha reagito in ordine sparso. Germania, Danimarca, Olanda, Polonia, Slovacchia, Repubblica ceca e anche l'Austria hanno deciso di ripristinare i controlli ai loro confini. Il prossimo 22 settembre torneranno a riunirsi i ministri degli Affari interni dell’Ue, dopo il vertice di lunedì  terminato senza un accordo sulle quote obbligatorie di redistribuzione di 120 mila richiedenti asilo, presenti attualmente in Italia, Grecia e Ungheria. La cancelliera Merkel chiede ad Atene e Roma l’allestimento di centri di identificazione “senza i quali – avverte - non può esserci  la distribuzione equa” dei migranti. E sulla crisi è intervenuto anche il presidente Usa Obama che ha chiesto maggiore collaborazione a tutti i Paesi europei. 

Dunque l’Europa è ancora spaccata: irremovibile l’opposizione del blocco dei Paesi di Visegrad (Ungheria, Slovacchia, Repubblica ceca e Polonia) all’aumento fino a 160 mila profughi da accogliere e smistare, superando il tetto già deciso dei 40 mila. Nell’intervista di Fausta Speranza, la riflessione di Daniele De Luca, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università del Salento:

R. - Avevo sperato finalmente in una forte posizione da parte dell’Europa. Il dramma delle numerosi morte causate dal tentativo di immigrazione, da parte di coloro che ne hanno veramente bisogno, mi aveva fatto sperare che finalmente ci fosse un momento di comprensione tra tutti i Paesi europei. Purtroppo questo non è più così, perché il documento iniziale in cui erano state stabilite le quote di ripartizione dei migranti nei vari Paesi europei, giorno dopo giorno, è stato stravolto e strappato, a partire dall’impegno di ricollocare i migranti a quello di un accordo di principio, fino a quello di lasciare alla semplice volontà dei Paesi di accogliere o meno i migranti stessi.

D. - Il blocco dei Paesi dell’Est europeo è il problema …

R. - È il serio problema e dimostra ulteriormente – se ce ne fosse bisogno – l’incapacità dell’Europa di utilizzare una politica coercitiva, quando è necessario, nei confronti dei Paesi che aderiscono all’Unione Europea. Posso anche capire le difficoltà di Paesi come Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Romania: e noi italiani e la Grecia affrontiamo da anni situazioni simili. Ma dobbiamo ricordare che sono Paesi esclusivamente "di passaggio": i migranti siriani o di altri Paesi in guerra non si fermano in questi Paesi dell’Est europeo. Punto focale è la totale disparità di trattamento nei confronti dei migranti e la totale mancanza di assunzione di responsabilità. La Germania ha fatto i conti con il proprio passato negli anni precedenti ed oggi dimostra di sapere bene come non si possa chiudere la porta in faccia chi ha bisogno. Altri Paesi, per scelte politiche assolutamente non condivisibili, per la svolta autoritaria, hanno dimenticato quale sia stata la loro storia e dimenticano di essere stati loro stessi dei migranti nel momento in cui è caduto il Muro.

D. - Due ultimissimi dati: duemila morti del Mediterraneo dall’inizio dell’anno, oltre 200 mila arrivi in Ungheria; cifre da riflessione epocale …

R. - Sono cifre che sconvolgono se ci si ferma solo per un attimo a pensare. Ma se si leggono come semplici numeri potrebbero anche sembrare delle semplici statistiche. Le immagini sono assolutamente drammatiche, così come lo solo le migliaia e migliaia di persone che fuggono dai Paesi in guerra, ma soprattutto lo sono i numeri delle persone che riempiono il Mar Mediterraneo o la terra con i morti. Io vorrei sottolineare un’ultima cosa: la totale assenza non solo dell’Europa, o meglio l’incapacità in quel momento da parte dell’Europa di far fronte a questo problema, ma la totale assenza di aiuto da parte dei Paesi arabi. Queste sono persone che fuggono da Paesi in guerra, in difficoltà nel vicino e Medio Oriente. Eppure non c’è un solo Paese arabo - esclusa la Giordania per ovvie ragioni o il Libano per ragione di vicinanza -  ad esempio, Emirati Arabi o Arabia Saudita, che non si sia fatto carico di un solo migrante o che abbia in maniera decisa affrontato la questione della migrazione dalla Siria, di persone che sono in seria difficoltà perché fuggono soprattutto da quello che è il nemico stesso dei Paesi Arabi: il Sedicente Stato islamico.








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