2015-09-14 12:21:00

Ungheria, Mons. Tӧrӧk: "La Chiesa tolga al popolo la paura"


"La Caritas ungherese e il servizio dei volontari dei Cavalieri di Malta è presente al confine fin dalle prime settimane dell'ondata di profughi. Nei campi di Roszke e a Budapest prestano aiuto medici e infermieri. Diversi parroci già si sono mostrati disponibili per compiere la volontà del Papa e garantire alloggio per i migranti. Il cardinale Erdő ha già segnalato al governo che ci sono immobili ecclesiastici che potrebbero essere destinati a questa emergenza". A restituirci il volto solidale dell'Ungheria, nascosto e poco raccontato dai media europei, è Mons. Csaba Tӧrӧk, docente di Teologia Fondamentale al Seminario di Esztergom e coordinatore, per la Conferenza Episcopale Ungherese, dei programmi cattolici trasmessi dalla televisione pubblica. 

"Ho visto personalmente la situazioni nelle stazioni ferroviarie. Ho visto là amici parroci di Budapest che, vestiti in borghese, fanno volontariato", spiega il sacerdote. "E’ un segno molto importante. L’università cattolica di Budapest ha un dipartimento per l’orientalistica dove gli studenti che parlano l’arabo sono stati invitati dal rettore per aiutare il lavoro alle stazioni, non solo a livello di traduzioni ma offrendo informazioni pratiche utili. Ci sono poi molti movimenti laici, organizzati autonomamente, in loco fin dal principio che si stanno dando da fare molto bene".  

"Non lo dobbiamo però nascondere il fatto che molte persone in Ungheria hanno paura", precisa ancora Mons. Csaba. "Qui si sono vissuti 150 anni di dominio turco, un periodo infelice per la storia del nostro Paese. Ci sono molti che vogliono tornare all’epoca in cui l'Ungheria contrastava l’islam, considerato un pericolo. C’è da aggiungere che la crisi economica ha pesato e pesa molto sugli ungheresi e che questa situazione finisce per acuire le povertà. Se da lato è una paura molto umana, questa, onestamente devo dire che molti timori non sono oggettivamente fondati. E dico anche che se la Chiesa locale, con il messaggio evangelico, aiutasse a sollevare la popolazione da queste paure psicologiche, farebbe certamente un'opera molto preziosa". 

C’è una paura di contaminazione tra culture e religioni diverse? "Si deve ammettere che in questa regione d’Europa ci sono stati duecento anni segnati da guerre fra nazioni, lingue, fedi. La gente che vive in questo angolo d’Europa non è tanto aperta come invece lo sono altre società occidentali, per ragioni storiche. Gli Stati nazionali fondati dopo la prima guerra mondiale non hanno aiutato in questo rendendo il popolo ungherese refrattario all’influsso di altre culture. Ci si sente minacciati, insomma. Posso anche dire però - sottolinea Tӧrӧk - che la maggior parte degli ungheresi pensa all'islam, solo sulla base di stereotipi. E’ chiaro che se non conosciamo qualcuno o qualcosa, ne abbiamo paura. La Chiesa qui ha il dovere di aiutare l’Ungheria che si sente senza punti fissi". 

Don Csaba elogia la Comunità di S. Egidio, molto presente a Budapest, impegnata a promuovere il dialogo tra religioni e culture: "Penso che la Chiesa non abbia in realtà ancora trovato la sua voce chiara e forte. Ma spero che la troveremo. Deve farsi sentire un po’ di più. Il servizio caritativo è molto importante ma è una cosa ‘facile’. La cosa difficile è un cambiamento nella mentalità. Di questo abbiamo bisogno. Siamo quelli che vogliono restare a difesa di confini ben saldi. Dobbiamo ritrovare invece un certo senso di cattolicità, che è universalità, apertura verso l’intera umanità". 

Cosa succederà quando, da domani, scatteranno le nuove restrittive che prevedono nel Paese l'arresto e la possibile condanna fino a tre anni per chi passa illegalmente il confine?: "Nessuno sa cosa succederà. Io dico: se voglio da buon cristiano accogliere qualcuno devo seguire lo spirito evangelico. So benissimo che lo Stato ha diritto di mantenere l’ordine della legge, ma so anche che questi arrivano da Paesi in cui non c’è più legge. Lo Stato faccia ciò che vuole, a me, la forza aggressiva non piace e non la reputo accettabile". 








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