Avere cura anche dei “fratelli lontani” che non conoscono Gesù o l’hanno “sempre rifiutato”. Così il Papa ai nuovi vescovi nominati nel corso dell'anno, che in questi giorni hanno partecipato ad un convegno promosso dalle Congregazioni per i Vescovi e per le Chiese Orientali, guidate dai cardinali Marc Ouellet e Leonardo Sandri. Il servizio di Giada Aquilino:
Testimoniare la gioia del Vangelo
Raggiunti dalla “presenza” del Risorto, per una missione
che non li può “schiacciare”: testimoniare la realtà di Gesù con la “gioia del Vangelo”
verso chi già frequenta la comunità, verso chi se ne è allontanato e verso chi è uno
dei “fratelli lontani” che “non conosce” Cristo. Sono i vescovi della Chiesa “recentemente
chiamati e consacrati” nelle parole del Papa ai presenti in Sala Clementina: 108 vescovi
nominati nel corso dell'anno, con 17 di rito orientale, come ha ricordato il cardinale
Ouellet nel saluto iniziale. Con loro Francesco è voluto andare oltre un “catalogo
di problematiche” per i vescovi:
“Non vorrei concentrarmi su una tale agenda di compiti perché non vorrei spaventarvi e né spaventarmi. Siete ancora in luna di miele!”.
Mondo soffoca domanda su ciò che è definitivo
Eppure, tratteggiando il “primario e insostituibile
compito” dei vescovi, quello di essere “testimoni del Risorto”, “sola ricchezza che
la Chiesa tramanda sia pur mediante fragili mani”, il Pontefice ha analizzato la realtà
di oggi:
“Il mondo è così contento del suo presente, almeno in apparenza, di ciò che è in grado di assicurare quanto gli sembra utile per soffocare la domanda su ciò che è definitivo”.
L'orizzonte dell'eternità
Rivolgendosi ai vescovi con “la pace sia con voi”,
saluto che Cristo rivolse ai discepoli con la Risurrezione, la sera del “giorno dopo
il sabato”, il Papa ha spiegato che gli uomini sono “dimentichi dell’eternità”, “distratti
e assorti”, mentre “amministrano l’esistente, rimandando quanto verrà”. Si naviga
“a vista”, si è così “rapiti dal cinico calcolo della propria sopravvivenza” che ormai
- ha notato il Papa - si è “indifferenti e, non di rado, impermeabili alla stessa
possibilità della vita che non muore”:
“Tuttavia siamo assaliti da domande le cui risposte non possono venire che dal futuro definitivo. Sono, infatti, così impegnative che non sapremmo come rispondere escludendo quel ‘giorno dopo il sabato’, prescindendo dall’orizzonte dell’eternità che esso ci apre, limitandosi alla logica amputata del chiuso presente, nel quale restiamo imprigionati senza la luce di quel giorno”.
I vescovi di fronte alle sfide della contemporaneità
Il pensiero di Francesco è andato quindi “alle sfide
drammatiche” della contemporaneità, come la globalizzazione, il “fenomeno epocale
delle migrazioni”, il “miope e spesso predatorio” sfruttamento dell’ambiente naturale,
la dignità e il futuro del lavoro umano “di cui sono prive generazioni intere, ridotte
a statistiche”, le “desertificazioni dei rapporti”, lo smarrimento dei giovani e la
solitudine degli anziani. L’invito ai vescovi è stato a gioire, perché “senza la gioia,
il Cristianesimo deperisce in fatica”, a consumarsi per le loro “Chiese particolari”,
affinché “nessun ambito della vita degli uomini” vada escluso “dall’interesse del
cuore del Pastore”. Quindi ha esortato i presuli a prendere “per mano” coloro che
già frequentano le loro comunità, facendosi “pedagoghi, guide spirituali e catechisti”:
“Non risparmiate energie per accompagnarli nella salita. Non lasciate che si rassegnino alla pianura. Rimuovete con delicatezza e cura la cera che lentamente si deposita negli orecchi impedendo loro di ascoltare Dio che attesta: ‘Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto tutta la mia gioia’”.
Pastori capaci di intercettare cammino di chi è andato via
Quindi la cura dei sacerdoti, ma anche di quelli che
“si sono allontanati perché delusi dalle promesse della fede o perché troppo esigente
è sembrato il cammino per raggiungerle”:
“Non pochi sono usciti sbattendo la porta, rinfacciandoci le nostre debolezze e cercando, senza riuscire del tutto, di convincersi che si erano lasciati ingannare da speranze alla fine smentite. Siate Vescovi capaci di intercettare il loro cammino”.
No alla superbia dei "figli più grandi"
L’invito del Papa è stato a non lasciarsi scandalizzare
dai loro dolori e delusioni, dispensando “parole che rivelino loro ciò che ancora
sono incapaci di vedere: le potenzialità nascoste nelle loro stesse delusioni”, perché
“già” conoscevano il Signore e ora devono “riscoprirlo”:
“La fede della comunità sarà arricchita e confermata dalla testimonianza del loro rientro. Vegliate perché non s’insinui pericolosamente nelle vostre comunità quella superbia dei ‘figli più grandi’, che rende incapace di rallegrarsi con chi ‘era perduto ed è stato ritrovato’”.
Non si può prescindere dai fratelli lontani
Ai “pastori missionari” Francesco ha pure ricordato
di cercare “chi non conosce Gesù o l’ha sempre rifiutato” e andare “nella loro direzione”,
“senza paura o soggezione”:
“Non è vero che possiamo prescindere da questi fratelli lontani. Non ci è consentito di rimuovere l’inquietudine per la loro sorte”.
Soprattutto in vista dell’imminente Anno giubilare della Misericordia, ha concluso, le nostre comunità “saranno arricchite di quanto essi hanno da condividere”.
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