2015-09-10 11:32:00

L'Africa attende il Papa. I dolori e i sorrisi della gente


"Il mal d'Africa esiste e, se ti prende forte, ci torni. Il clima di attesa del Papa è molto forte e palpabile". A due mesi e mezzo mesi dal Viaggio Apostolico di Francesco in Africa (Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana: 25-30 novembre), ci introduciamo a scoprire i bisogni e le potenzialità di alcune regioni di questo continente, grazie al racconto di Elena Stefaroi, giovane donna nata e vissuta in Romania, in Italia da 15 anni, una laurea in Scienze Sociali a Roma, forte interesse per la cooperazione internazionale, appena rientrata da un mese di volontariato tra la Repubblica Democratica del Congo e l'Uganda, in collaborazione con le Suore Canossiane che vivono nella città di Aru.

"La prima volta andai in Africa fu nel 2011 e ci restai quattro mesi. Due anni dopo nacque l'associazione "Amici di Andrea Filizzola", voluta dalla famiglia Filizzola in seguito alla perdita dell'unico figlio e alla quale ero molto vicina. Ne faccio parte tutt'ora e cerco di portare avanti alcuni progetti che costituiscono l'eredità principale di queste persone che purtroppo ora non ci sono più. In Congo abbiamo costruito una casa per i bambini malnutriti - che è la piaga più importante da cui discendono tanti altri gravi motivi di sofferenza per queste popolazioni - abbiamo avviato un programma di formazione nei villaggi con una ventina di persone (infermieri, pedagogisti, nutrizionisti) che per 4-5 mesi l'anno incontrano le famiglie in loco, parlano con le mamme... E poi ci preoccupiamo di accompagnare alcuni bambini, che hanno bisogno di interventi medici, nell'ospedale CoRSU a Kampala, specializzato in chirurgia, cura e riabilitazione di disabilità fisiche soprattutto nei bambini. Stavolta ho portato questi due ragazzi (in foto), Prince e Pascal - racconta Elena - e vedere rinascere in loro i sorrisi è stata una gioia senza confronti. Sorrisi fin troppo ingenui quelli della gente africana - spiega - ma sono la loro forza con cui di sicuro affronteranno la realtà diversamente da quanto noi, presi da tutte le nostre lamentele quotidiane, spesso viziose, siamo capaci di fare. La cosa più bella è stata uscire con loro, fuori dall'ospedale in carrozzina, e guardare il tramonto". 

 

 








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