2015-09-10 13:43:00

Guinea Bissau: dimissioni del primo ministro


In Guinea Bissau dimissioni del primo ministro, Baciro Dja. La Corte Suprema ha giudicato incostituzionale la sua nomina avvenuta ad agosto dopo una lunga crisi politica, seguita dalla destituzione di un altro premier da parte del Presidente Josè Mario Vaz. Sul significato del provvedimento Eugenio Bonanata ha intervistato Filomeno Lopez, collega della Radio Vaticana originario della Guinea Bissau:

R. – Era un qualcosa che tutto il Paese aspettava, compreso chi ha proposto l'incostituzionalità e cioè il Presidente della Repubblica. Essendo, infatti, eletto a suffragio universale il Capo di Stato ha anche il potere di fare il governo, ma poi deve rimandare la proposta al partito che ha vinto le elezioni e cioè il Partito Africano di indipedenza di Guinea e Capo Verde ( Paigc). Il partito nel suo statuto ha scritto che per diventare primo ministro, il capo del governo deve essere anche presidente del Partito. Questa è l’impasse: anche sapendo questo, il Presidente Vaz ha  nominato deliberatamente Baciro Djá, che invece è stato sospeso per tre anni dal Paigc non solo per problemi con il presidente del partito, ma soprattutto perché accusato di tradimento. Questi sono tutti segnali, che dicono che il problema è più personale e non istituzionale e tutto questo sta danneggiando enormemente un  Paese che si era davvero rimesso in cammino…

D. – Ma cosa vuole fare il Presidente? Quali sono le sue intenzioni?

R. – Questo è il problema! Sta portando il Paese in un vicolo cieco, perché in realtà non c’è alcun problema. L’unico problema è: “io ce l’ho con te e quindi, avendo il potere di farlo, io ti faccio cadere, così metto in quel posto gente di mia fiducia”.

D. – Quindi il Paese rischia di ripiombare in una crisi politica?

R. – E’ già nella crisi politica! Per noi guineani non c’è nulla di nuovo sotto la luce del sole… Perché i problemi della Guinea sono sempre stati l’incapacità dei nostri dirigenti di dividere i problemi personali dai problemi istituzionali e quindi di governo, che abbiamo in comune con il popolo.

D. – Cosa dire del ruolo dell’esercito?

R. – Questa volta i militari non c’entrano proprio! Fin dall’inizio hanno promesso che vogliono essere militari della Repubblica, sottomessi quindi alla volontà politica del Paese. Dopo l’ultimo colpo di Stato - nel 2012 – sono state fatte le promesse di sostenere la riforma dell’esercito e la sicurezza in modo da far sì che il nuovo esercito fosse un esercito repubblicano. Insomma la crisi è politica e resta politica! Purtroppo con conseguenze gravissime per il Paese, perché sta danneggiando i progressi fatti negli ultimi tempi. Addirittura il Fondo Monetario Internazionale pensava che nel 2016 ci sarebbe potuta essere una crescita di circa il 5,7 per cento del Pil, nonostante tutti i problemi che il Paese aveva all’inizio.

D. – Come vive la popolazione questo processo politico?

R. – La popolazione è incredula! Tra l'altro, di recente, per la prima volta c’è stata anche una massiccia manifestazione, che nessuno aveva mai visto, a Bissau. Sotto la pioggia battente, la gente è venuta da tutte le parti del Paese per ribadire al Presidente quello che in maniera formale gli avevano già detto le organizzazioni religiose, sociali e anche culturali: che il problema si risolva attraverso il dialogo e non continuando ciascuno ad andare per conto suo. Ora la palla è passata di nuovo al Presidente della Repubblica. Bisognerà vedere quale altra mossa farà e se vorrà di nuovo non rispettare la Costituzione… è chiaro che se sarà sempre così io credo che avremo un protrarsi della crisi.








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