2015-09-09 15:11:00

Mons. Audo: Siria allo stremo, no a soluzioni imposte dall'esterno


Dall’Unione Europea, che oggi ha varato un piano unitario per l‘accoglienza dei profughi, si alzano anche venti di guerra nei confronti dell’Is in Siria, responsabile in parte dell’ondata migratoria. Francia e Gran Bretagna, appoggiate dall’Australia, sono pronte a raid mirati, ma sul terreno a confrontarsi sono Washington e Mosca, dopo che la Russia ha rafforzato le sue posizioni militari in difesa del regime di al-Assad. Intanto i jihadisti hanno occupato l'ultima base aerea dei lealisti nella provincia nord-occidentale di Idlib, uccidendo decine di militari. Si aggravano dunque i rischi per la popolazione, già perseguitata e in fuga, specie nelle comunità cristiane. Gabriella Ceraso ne ha parlato con mons. Antoine Audo, vescovo di Aleppo dei Caldei e presidente di Caritas Siria:

R. – Come Chiesa, come cristiani, fino ad oggi abbiamo sperato nella pace e continuiamo a farlo: è questa la nostra speranza per la Siria, che è il nostro Paese, la nostra casa, il luogo dove sono le nostre famiglie e dove c’è il nostro avvenire. Allo stesso tempo, però, in Siria la guerra e le distruzioni continuano: usano ogni metodo possibile per compiere queste distruzioni, come è accaduto già anche in Iraq, in Libia… E se continuano le violenze, le persone fuggono. E in particolare, per quello che ci riguarda, vediamo le partenze numerose dei cristiani, o, una dopo l’altra, delle famiglie e soprattutto dei giovani. Questi hanno paura del servizio militare, non hanno un lavoro, e vivono in una condizione di pericolo: per questo fanno di tutto per andare via.

D. – Quindi, lei dice che un’assenza di una strategia e di una soluzione politica, se si pensa solo ad un intervento militare, potrebbe aggravare ancora di più questa fuga, in particolare dei giovani?

R. – Sì, penso proprio di sì, ci troviamo in una situazione di distruzione totale! In più non abbiamo né acqua né elettricità; da tre giorni ci troviamo di fronte ad una tempesta di sabbia terribile che sta colpendo tutta la Siria… E sono i poveri che pagano il prezzo.

D. – Ieri c’è stata a Parigi una conferenza in cui, per la prima volta, si è parlato di un impegno maggiore da parte dei Paesi, soprattutto di un aumento degli aiuti umanitari da destinare alla Giordania; la Turchia; il Libano e l’Iraq affinché questi possano accogliere. Si è anche ribadita la necessità di lottare perché si possano denunciare alla Corte Penale Internazionale i crimini più gravi che sono accaduti anche in Siria. Si è pensato in particolare ai cristiani d’Oriente. Aiuti in questo senso vi sarebbero di sostegno, vi occorrerebbero?

R. – Per me non è questa la soluzione: bisogna cercare una soluzione politica, che venga dall’interno della Siria, e non imposta dall’esterno.

D. – Qual è la situazione umanitaria in questo momento a livello Caritas? Quali sono le urgenze maggiori?

R. – Adesso lavoriamo su due livelli. Il primo riguarda le necessità di accesso al cibo, alle medicine e all’istruzione. Abbiamo fatto uno sforzo importante per aiutare i bambini e i giovani ad andare a scuola; gli anziani; e i profughi che devono pagare gli affitti delle case. Questi sono i grandi programmi della Caritas Siria. Ma le urgenze adesso sono i problemi psicosociali, dobbiamo aiutare e sostenere la gente che è stanca; fare dei programmi per i giovani. Speriamo di riuscire a portarli a termine..... ma con la guerra che continua, è veramente difficile.








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