2015-09-04 08:15:00

Esodo migranti: vertice Ue a Lussemburgo per linea comune


L’Europa alla resa dei conti, prova a mobilitarsi per far fronte all’emergenza profughi. Parigi e Berlino chiedono un meccanismo permanente di quote d’accoglienza con sanzioni per chi rifiuta e una riforma del sistema di asilo, proposte che verranno affrontate oggi e domani a Lussemburgo dai ministri degli Esteri dei 28. Lunedì vertice straordinario sull’immigrazione. Ancora fortemente critica intanto la posizione del premier magiaro Orban, mentre alla stazione di Budapest regnano caos e disperazione tra centinaia di profughi alla ricerca di libertà e sicurezza. Il servizio di Gabriella Ceraso:

Una strategia sull’immigrazione decisiva e conforme ai valori europei, basata su un meccanismo permanente e obbligatorio di quote e una riforma del sistema di asilo. Berlino e Parigi insieme provano a dare gli imput alla Commissione europea già al lavoro per innalzare la proposta dei ricollocamenti intra-Ue da 40 a 160mila- che l'Onu vorrebbe arrivassero a 200mila- con sanzioni per i Paesi più refrattari. Di fatto un superamento del regolamento di Dublino.”Serve uno sforzo comune e leader mobilitati”, chiede il governo italiano;aperture a maggiore accoglienza vengono da Regno Unito e oltre oceano dagli Usa, critiche piovono invece da Russia e Turchia concordi nell’accusare di quanto accade le errate politiche occidentali in Medio Oriente e nord Africa. Totalmente refrattari al sistema quote sono Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e soprattutto Ungheria. Il premier magiaro Orban accusa la Germania e l’Ue di gestione incapace e difende il suo operato lungo le frontiere invocando il diritto morale di difesa dei confini”. Si spiega così l’azione di contenimento che la polizia sta compiendo fatta di scene strazianti, come quelle di ieri: treni colmi di profughi stipati convinti di raggiungere l’Austria e invece bloccati per ore assetati e accaldati in attesa di essere selezionati e condotti nei campi profughi per le operazioni di riconoscimento.

Sono ancora le immagini di questo dramma a sconvolgere il mondo. Ieri donne e bambini sui treni in partenza da Budapest, nei giorni scorsi il bimbo siriano morto sulla spiaggia turca di Bodrum. Altri scatti arrivano dal Mediterraneo, dove cadaveri affiorano dal naufragio di 91 migranti a largo della Libia. Ma tra tanti morti anche una nascita, quella di un bambino nigeriano venuto alla luce sul pattugliatore diretto a Lampedusa. Del destino che sta investendo i più piccoli nelle zone di guerra e nelle fughe verso l'Europa Fausta Speranza ha parlato con Michele Prosperi, portavoce di Save The Children Italia:

R. – I migranti che stanno arrivando in Europa attraverso la Grecia sono soprattutto profughi che provengono dalla Siria, l’Afghanistan, l’Iraq; ma ci sono anche migranti eritrei e somali. Tra loro, tantissimi bambini, soprattutto bambini piccoli che viaggiano con i gruppi famigliari, come spesso accade per i profughi siriani che affrontano ora il viaggio su questa nuova rotta. Sappiamo che il 25 per cento circa dei migranti, che stanno attraversando in questo momento la Serbia per raggiungere la frontiera con l’Ungheria, sono bambini - naturalmente i più vulnerabili… – e sono anche molto piccoli. Chi in qualche maniera è sopravvissuto, è riuscito ad arrivare fino a lì e sta proseguendo nel viaggio, è in condizioni fisiche molto precarie: si cammina tantissime ore in condizioni difficili; ci sono problemi anche solo legati alle scottature del sole e che rendono queste persone esauste; problemi muscolari e di disidratazione. E quindi è un’emergenza continua, e possiamo immaginare che siano veramente tantissimi i bambini a rischio in questo momento.

D. – C’è una cifra anche per identificare il dramma dei bambini morti nel Mediterraneo?

R. – Noi sappiamo – purtroppo – che la cifra delle morti nel Mediterraneo cresce ogni giorno: nelle scorse settimane abbiamo accolto - qui in Sicilia nei porti - gruppi di sopravvissuti, aggiornando ogni giorno il conto delle vittime. Vorrei ricordare che in Italia, di tutti i migranti arrivati dall’inizio dell’anno, per il 10 per cento circa si tratta di bambini. Stiamo parlando di più di 11.300 bambini: di questi, 8.000 ormai sono minori non accompagnati, quindi adolescenti che hanno 15-16-17 anni ma anche piccolissimi di 11-12-13, e qualche volta anche di 9…

D. – È immaginabile che, quando i barconi affondano, la proporzione dei bambini presenti, quindi delle vittime, sia simile…

R. – Sì, esatto, la proporzione è sempre questa. Dobbiamo immaginare che è una costante attraverso tutti gli arrivi nel corso dei mesi: per cui rappresenta un’indicazione molto precisa. Naturalmente i bambini e i ragazzini non vengono risparmiati dalla crudeltà dei trafficanti: proprio nei giorni scorsi, qui in Sicilia, abbiamo accolto le persone arrivate su un’imbarcazione in cui la metà erano bambini: c’erano circa 50 minori non accompagnati egiziani. Questi ragazzini ci hanno raccontato di aver viaggiato cambiando tre imbarcazioni; di essere partiti dall’Egitto e di aver viaggiato chiusi dentro la stiva, costretti a pagare per poter uscire e respirare l’aria per qualche minuto… Ci hanno detto che insieme a loro, in quella stiva, c’erano anche madri con bambini piccoli.

D. – Il tutto per fuggire da guerre e anche lì i bambini sono in prima fila tra le vittime…

R. – Assolutamente... Dobbiamo ricordare che, di tutti i migranti arrivati dall’inizio dell’anno in Italia, la maggior parte proviene dalla Siria, l’Eritrea, la Somalia, il Sudan e la Nigeria. Sappiamo, infatti, che anche in Paesi come la Nigeria, dove ci sono aree in cui non esiste un’emergenza immediata di sopravvivenza, ci sono anche delle zone dove sono presenti formazioni ribelli e fondamentalisti; e lo stesso accade anche nel Nord del Mali: si tratta di una minaccia continua per le famiglie e per i bambini. E quindi è questa la realtà dalla quale fuggono. C’è un fatto che mi ha colpito moltissimo: proprio ieri incontravo un ragazzo di 15 anni, originario del Gambia ma cresciuti in Mali, perché suo padre era maliano. “Nel nord del Mali” – diceva – “siamo minacciati tutti i giorni! Mio zio è stato ucciso... E io ho deciso di partire, di scappare e di raggiungere l’Italia”. Il ragazzo ha iniziato il viaggio con il fratello più grande che però è partito prima di lui dalla Libia, perché lui era stato arrestato e chiuso in un centro di detenzione e per essere liberato doveva ottenere i soldi e pagare il riscatto. Mentre era in questo centro ha saputo che suo fratello, nella traversata, aveva perso la vita. Nonostante ciò, dopo essere stato liberato, ha immediatamente cercato anche lui dei trafficanti per poter attraversare il mare. Questo ci dà un’idea di quale sia il livello di disperazione e di quanto la fuga rappresenti l’unica alternativa possibile per un futuro.








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