2015-09-01 08:09:00

Siria, Distrutto tempio di Bel. Is rivendica attentato Tripoli


E’ andato distrutto in Siria il Tempio di Bel, massimo gioiello del sito archeologico di Palmira, ad opera dei guerriglieri del sedicente Stato islamico, che continuano ad avanzare verso il cuore moderno della capitale Damasco, e stanno pure rafforzandosi in Libia, dopo l’arrivo nella roccaforte di Sirte di combattenti nigeriani di Boko Haram loro alleati. Il servizio di Roberta Gisotti

Dopo la smentita del capo delle antichità siriane Abdulkarim, che aveva rassicurato che la struttura del Tempio di Bel fosse intatta, sono arrivate le immagine satellitari dell’Istituto dell’Onu per la formazione e la ricerca (Unitar) che hanno confermato la distruzione dell’edificio principale del primo secolo dopo Cristo e del colonnato nelle sue vicinanze. Il folle e vile atto segue di una settimana fa la distruzione sempre a Palmira del Santuario di Baalshamin. Sul campo i miliziani del sedicente Stato islamico starebbero avanzando, secondo fonti locali, verso il centro moderno di Damasco ancora sotto il controllo delle forze governative e dei loro alleati Hezbollah libanesi e Pasdaran iraniani. L’Is ha anche rivendicato l’autobomba esplosa ieri nella capitale libica Tripoli, vicino alla sede della società Mellitah Oil e Gas, mentre nella città costiera di Sirte sono arrivati - attraversando il Niger orientale - circa 200 combattenti nigeriani del crudele movimento Boko Haram, che dall’inizio di quest’anno sostengono l’Is nella sanguinaria guerra fondamentalista, documentata ancora una volta sulla Rete dove è comparso un altro video che mostra l’uccisione di quattro miliziani sciiti iracheni di gruppi paramilitari anti Is appesi, incatenati e arsi vivi. A crimini efferati contro le persone si aggiungono crimini contro il patrimonio artistico culturale dell’umanità, che nessun atto di guerra può giustificare, come sottolinea lo storico dell’arte e già direttore del Polo museale romano Claudio Strinati, al microfono di Marco Guerra.

R. – In assoluto, Palmira è uno dei grandi snodi storico-geografici proprio della civiltà occidentale e orientale, perché è un luogo che incomincia a vivere in un’epoca antichissima: è sostanzialmente nominata già nella Bibbia. Dopo di ché, a mano a mano, arriva la conquista romana per cui è uno di quei posti in cui il contatto oriente-occidente si vede in una maniera memorabile. Questo principio per cui Roma è stato un po’ il grande snodo di tutta l’antichità, quasi quasi si vede meglio a Palmira che a Roma stessa …

D. – Possiamo affermare che la vita delle persone viene prima di tutto; ma gli integralisti del califfato stanno cercando di uccidere la memoria e la cultura di un popolo. Si sta cercando quindi anche di ricreare una sorta di “uomo nuovo”, di riscrivere appunto anche l’identità stessa delle persone che abitano quei luoghi?

R. – Sì, sicuramente. Ma oltre che di quelli che abitano quei luoghi, in generale. Sembra che l’intento sia quello che ha detto lei, cioè cancellare un’epoca, una cultura che è considerata totalmente negativa e quindi degna soltanto di essere dimenticata. Certo, è un punto di vista che certamente non è quello maturato invece nella nostra storia, quella in cui si pensa che comunque quello che il passato ci ha consegnato sia degno di memoria. E’ un approccio ideologico: e tutti gli approcci ideologici tendono, se esasperati, ad annientare il nemico.

D. – La distruzione da parte dei jihadisti a Palmira costituisce un crimine di guerra, ha detto Irina Bokova, direttore generale dell’Unesco. Può essere, appunto, annoverato tra i crimini di guerra la distruzione del patrimonio culturale e artistico?

R. – Può esserlo sicuramente. Mi meraviglio, però, allora, proprio del comportamento dell’Unesco: cioè, se l’Unesco considera crimine di guerra questo atto – come deve considerare, perché l’Unesco appunto individua i siti in tutto il mondo che debbono essere protetti  - poi però che cosa fa, per proteggere il patrimonio culturale, in concreto? Ho l’impressione che faccia troppo poco. In pratica, noi assistiamo impotenti alla distruzione di opere d’arte e di siti archeologici che abbiamo proclamato degni di essere difesi, anzi, indispensabili all’umanità. E come li difendiamo, con le parole? Le persone, come le difendiamo, se vengono attaccate con le armi? O con le armi stesse o con una diplomazia che riesca a frenare il conflitto. Per il patrimonio artistico vale la stessa cosa: se mi limito a dire: “Ah, che peccato, hanno distrutto questa cosa che è patrimonio dell’umanità”, bè, io dico che allora bisogna elaborare qualche strumento in più!

D. – Tra le varie barbarie si annovera anche l’uccisione di Khaled al Assad, uno dei massimi esperti di antichità, appunto direttore del sito di Palmira. Quindi, oggi è diventato pericoloso anche semplicemente difendere il patrimonio culturale in alcune aree del mondo, in particolare nel cosiddetto Stato Islamico?

R. – L’idea è che chi si oppone a me, dev’essere ucciso: non allontanato, emarginato, al limite anche condannato, ma ucciso. I nostri archeologici, i nostri tutori del patrimonio artistico operano con una mentalità completamente diversa: cioè, non sono degli ideologi che si oppongono ad altri ideologi; sono servitori dello Stato. In effetti, chi difende il patrimonio culturale certo può facilmente entrare in rotta di collisione con chi magari detiene un forte potere politico e ha tutt’altri interessi. Purtroppo, difendere un patrimonio vuol dire lottare.

D. – Per un uomo di cultura come lei, che effetto fa vedere utilizzato il sito di Palmira come cornice di esecuzioni di massa e altri orrori?

R. – Penso esclusivamente all’essere umano e non al luogo in cui ciò accade. Poi è un valore aggiunto negativo: se io compio un orrore in un luogo che promana invece da sé bontà, bellezza, memoria storica e quindi nutrimento morale per l’essere umano, bè, certo che il sentimento di orrore che si prova è veramente notevole. Io personalmente non riesco nemmeno a guardarle, le immagini, perché veramente mi dà un senso di costernazione tremendo …

 








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