2015-08-29 14:06:00

Libia: fazioni vicine a un accordo con la mediazione Onu


"Si lavori per arrivare a un governo di unità nazionale, ma l'Onu preveda una forza di interposizione a tempo, nel rispetto del popolo libico". Così mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede all'Onu di Ginevra commenta le operazioni di dialogo mediato dalle Nazioni Unite per la soluzione della crisi libica che potrebbero far giungere a un accordo "nelle prossime due settimane", secondo l'inviato Onu per la Libia, Bernardino Leon, che ha parlato a margine dei nuovo round negoziale tra le fazioni libiche concluso ieri a  Skhirat, in Marocco. Le parti si rivedranno giovedì a venerdì prossimi a Ginevra, in Svizzera, dove le delegazioni presenteranno le loro candidature sul futuro primo ministro e i due vicepremier del nuovo governo di Unità nazionale. Leon ha quindi esortato il governo di Tripoli a partecipare al tavolo. Per un’analisi dello stato delle trattative, Marco Guerra ha intervistato Antonio Morone, ricercatore in Storia dell'Africa presso l'Università di Pavia:

R. – Questo ovviamente non è il primo accordo che si costituisce per una pace in Libia, ma fa seguito anche a una serie di round diplomatici che si sono susseguiti negli ultimi mesi. Quello che in realtà fa ben sperare per quest’ultimo accordo non sono tanto i cambiamenti o le novità sul fronte diplomatico, quanto invece quelli sul campo, in Libia. Le trattative diplomatiche, spesso e volentieri, riflettono la situazione sul campo. La differenza fondamentale è che, dall’inizio del Ramadan – all’inizio di luglio – l’attività militare in Libia è consistentemente diminuita e soprattutto è venuta meno quell’iniziativa del governo di Tripoli, che l’Occidente non riconosce, intesa a occupare le posizioni di Zintan, i maggiori alleati in Tripolitania del generale Haftar, e i migliori alleati dell’Occidente. La rinuncia di Tripoli a una iniziativa militare contro Zintan, e contro le ultime sue posizioni, è stata maturata a seguito di due fenomeni in contemporanea: da un lato, un sostanziale auto-esaurimento di entrambi i fronti, nei quali nessuno dei due è riuscito a prevalere, e dall’altro lato l’irruzione sulla scena della nuova fazione costituita dal sedicente Stato islamico.

D. – Quindi, è possibile riportare al tavolo negoziale il governo di Tripoli non riconosciuto dalla comunità internazionale?

R. – Questo sarà possibile se lo stesso Occidente deciderà di avere un atteggiamento molto più flessibile e possibilista verso quello che in realtà è il governo, o comunque l’insieme di istituzioni che controllano una parte importantissima della Libia. L’Occidente ha continuato, e continua tuttora, a riconoscere il governo e il parlamento di Tobruk, ma in realtà le istituzioni di Tobruk sono sempre più una sorta di governo quasi “in esilio”, di fatto confinato al margine stesso della Libia, dove la comunità internazionale finisce a sostenere un governo e delle istituzioni che valgono solo nel rapporto con l’esterno e non hanno praticamente nessuna capacità di governare sul Paese.

D. – In questo caos, si sono inseriti i miliziani dello Stato islamico che controllano importanti città, come Sirte. Questa è un’altra sfida difficilissima per le varie fazioni libiche…

R. – L’Is non è arrivato in Libia, ma in qualche modo ha una sua genesi autonoma: sin dal 2011, non a Sirte ma a Derna c’è stato un movimento molto importante di jihadismo ed estremismo islamico, che a quel tempo era stato immediatamente associato al Califfato. E quindi, in effetti, la natura dell’Is in Libia ha una genesi autonoma che però si è andata sempre più internazionalizzando. Qui, sicuramente si dimostra l’importanza del governo di Tripoli – che di fatto è una gemmazione delle logiche rivoluzionarie di Misurata – la sua grande importanza, perché, proprio nel combattere l’Is, le milizie di Misurata, che non sono diverse da quelle di Tripoli, hanno e stanno dimostrando una importanza assolutamente non secondaria. Però, almeno da questo punto di vista, sul campo la situazione non è per niente favorevole alle trattative internazionali. Come dicevo prima, se nell’ovest del Paese si è per il momento entrati in una fase di tregua, nel centro invece – nel golfo, e in particolare nel cielo di Sirte – i combattimenti hanno dimostrato invece una grande recrudescenza e almeno per il momento non ci sono indicazioni che fanno sperare per la prevalenza di una forza o dell’altra. Anzi, in realtà l’Is in Libia ha dimostrato una crescente capacità di operare, e anche al di fuori di Derna e Sirte, secondo una logica di progressiva espansione.








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