“L’emigrazione non è il male, ma il sintomo dell’ingiustizia che esiste nel mondo. Soltanto quando riusciremo ad eliminare l’ingiustizia, l’emigrazione diminuirà”. Così il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, durante un incontro di cui riferisce l’associazione “Aiuto alla Chiesa che Soffre”. La situazione si è aggravata – osserva il porporato – “perché sempre più gente è costretta a fuggire”, non tanto spinta da ragioni economiche per cercare una vita migliore in Italia e in Europa, quanto per “la guerra, la fame e la persecuzione religiosa”.
Bibbia e Corano a Lampedusa
Il cardinale Montenegro riporta delle tante Bibbie
e copie del Corano che hanno attraversato il mare assieme ai profughi, non sempre
sopravvissuti. “Molte delle pagine di questi testi sacri – osserva - erano sottolineate.
Da qui l’idea lo scorso anno di un incontro e un libro su “Bibbia e Corano a Lampedusa”,
per raccontare la religiosità, pur vissuta in maniera diversa, che ha accompagnato
molti dei naufraghi fino al momento in cui hanno perso la vita.
Nell’accoglienza non fare distinzioni di credo
Tra chi fugge la persecuzione anche molti cristiani,
aumentati negli ultimi anni sulle coste italiane di circa il 30 per cento, secondo
quanto documentato dall’agenzia Habeshia. Il cardinal Montenegro invita a non fare
distinzione di credo. “Di fronte ad un uomo che muore devo fermarmi a riflettere senza
domandarmi a quale religione appartenga. È chiaro però che la morte di uno dei miei
fratelli nella fede mi procura un dolore particolare, perché quell’uomo è legato a
me da un qualcosa in più”. La Chiesa intanto si sta mobilitando sempre più nell’accoglienza,
non soltanto nelle aree costiere, ma in tutto il Paese. “Ora che i profughi vengono
suddivisi in diverse località, ogni diocesi si sta attivando nell’accoglienza. Ed
è una vera grazia per la nostra Chiesa”. Tuttavia
il cardinal Montenegro non nasconde la sua preoccupazione per i tanti muri che la
crescente paura dell’altro sta generando all’interno della comunità cattolica. “Dobbiamo
imparare a riconoscere Cristo anche tra chi arriva tra di noi con un barcone. Se non
riusciamo ad accettare questa presenza particolare di Cristo allora siamo degli atei,
pur essendo credenti”. (R.G.)
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