2015-08-26 14:03:00

Ebola, dimesso l’ultimo paziente in Sierra Leone


Dimesso l'ultimo paziente con Ebola in Sierra Leone, dove da due settimane non si registrano nuovi contagi. Si tratta di una donna di 35 anni, accolta dal presidente Ernest Bai Koroma in persona, che ha voluto celebrare quella che ha definito “l'inizio della fine di Ebola”. Intanto, in Guinea si registrano ancora nuovi sporadici casi, mentre in Liberia si segnala un solo contagio dopo che la malattia era stata dichiarata debellata da diverse settimane. E l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) intende studiare la possibilità di sanzioni contro i Paesi che violano le norme sanitarie, dopo le carenze nella risposta all’epidemia. Per un’analisi sulla situazione in Africa Occidentale, Marco Guerra ha intervistato Saverio Bellizzi, epidemiologo di Medici senza frontiere:

R. – Innanzitutto, è una bellissima notizia che sia stato dimesso l’ultimo paziente in Sierra Leone, che è stato uno dei tre Paesi dove il virus ha registrato il massimo picco. Tuttavia, non è stato ancora debellato: bisogna che passino 42 giorni prima di dichiarare il Paese libero dall’Ebola, però ci sono ottimi segnali. In Africa occidentale, c’è ancora la Guinea con un paio di casi a settimana, però logicamente, se confrontiamo la situazione attuale a quella di mesi fa, questa è nettamente migliorata.

D. – Quindi, la situazione è sotto controllo…

R. – La situazione è sotto controllo, ciononostante non bisogna abbassare la guardia. Una testimonianza ci viene dalla Liberia, dove è sorto un nuovo caso dopo varie settimane in cui non ce ne erano stati. E risultano sempre, soprattutto in Guinea nelle zone forestiere, delle aree in cui le comunità sono ancora resistenti. Quindi, sì, ottimi risultati e ottimi segnali, però non abbassiamo la guardia proprio in questo momento.

D. – Quali sono stati i principali problemi nell’affrontare questa epidemia, soprattutto per i medici, per voi infettivologi? Insomma, perché è stato così duro combatterla?

R. – Il grosso problema è stato quello delle resistenze culturali e di una sensibilizzazione che è iniziata con ritardo con grandi problemi ad affrontare la situazione locale. Localmente, non c’era mai stata l’Ebola in precedenza ed era stata confusa con altre patologie come la malaria. E quindi anche la risposta ritardata a livello delle autorità locali e delle Nazioni Unite ha fatto sì che, nel momento in cui si è intervenuti come Medici senza frontiere, vi fossero già moltissimi casi dislocati nel territorio ed è stato molto difficile rintracciare le varie fonti di infezione.

D. – L’Organizzazione mondiale della sanità ha detto di studiare la possibilità di sanzioni contro i Paesi che violano le norme sanitarie. Questo dopo le carenze della risposta all’epidemia di Ebola. Di quali carenze parliamo?

R. – A cosa esattamente si riferisca l’Oms non lo so, in quanto non sono addentro a queste politiche. Quello che è sicuro è che la risposta, come menzionavo prima, è venuta con molto ritardo, non solo da parte delle autorità locali, ma anche dell’Oms stessa. In più, siamo di fronte a una situazione multifattoriale: ci sono Paesi con sistemi sanitari già al collasso in partenza, e ancora di più in questo momento in cui molti – il personale sanitario e parasanitario – sono deceduti durante la diffusione dell’Ebola. Ci sono Paesi con grosse trasformazioni anche dal punto di vista geopolitico... Andiamoci quindi cauti nell’interpretazione di queste parole, perché bisogna veramente vedere come continueranno le cose. Non soltanto l’Ebola, ma anche varie malattie, come varie epidemie che prima erano più sotto controllo, risorgeranno in questi Paesi che sono al collasso. Un grande problema adesso riguarda per esempio la salute materno-infantile: in questi sedici mesi, dove hanno partorito le donne c’è stato un peggioramento degli indicatori sulla mortalità neonatale e sulla mortalità materna. Un paio di mesi fa, c’è stata una epidemia di morbillo in Liberia. Insomma, l’Ebola ha come conseguenza un aggravamento della situazione sanitaria generale. Ora, la grossa sfida è quella di mettere fine a questa epidemia ed evitare che si ripresenti in questa forma drammatica come è avvenuto negli ultimi due anni, ma anche quella di far fronte alle diverse conseguenze di questa epidemia.

D. – Di Ebola si era parlato anche in relazione ai flussi migratori. Su quel fronte non c’è stata alcuna emergenza fortunatamente…

R. – Assolutamente no. Come da quando è nato il problema mesi fa, nelle varie interviste abbiamo sempre detto che non ci sarebbe mai stato nessun pericolo da questo punto di vista. E come dicevamo, non c’è mai stato un caso di Ebola sorto attraverso gli sbarchi. perché c’è l’incubazione breve, ci sono le condizioni cliniche di un paziente che non si mette in viaggio se ha l’Ebola, perché sta veramente male. E, anche dal punto di vista geografico, buona parte degli sbarchi sono di persone che in questo momento arrivano dalla Siria e da altri Paesi, come il Sud Sudan. Mentre una percentuale molto, molto minore viene da Paesi dell’Africa occidentale.








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