2015-08-16 13:00:00

Don Artime: nel 200.mo di Don Bosco, rilanciamo il nostro impegno


"Il carisma salesiano è un dono che Dio, attraverso Don Bosco, ha fatto alla Chiesa e al mondo". E' quanto ha affermato stamani il rettor maggiore dei Salesiani, don Ángel Fernández Artime, in occasione della celebrazione conclusiva del bicentenario della nascita di San Giovanni Bosco. E' stato un anno giubilare, un "anno di Grazia” - ha aggiunto don Artime - "vissuto con un senso di gratitudine al Signore",  nello stile semplice che contraddistingue i Salesiani. Giacomo Zandonini lo ha intervistato:

R. – Abbiamo deciso di non fare feste, ma di avere invece momenti profondi per essere famiglia salesiana: momenti profondi con i giovani e di intervenire, di agire ed essere presenti soprattutto tra i giovani poveri. Io ho potuto essere presente quest’ann fino a oggi in 32 nazioni. Più o meno, questo è stato il nostro programma e la nostra sfida per l’anno.

D. – Come nella tradizione salesiana, questo anno si conclude con un grandissimo incontro giovanile. Migliaia di giovani del Movimento giovanile salesiano in questi giorni stanno affollando le zone dove don Bosco era vissuto. Cosa ci racconta di questi ultimi giorni di incontro?

R. – Come famiglia salesiana, non possiamo capire una celebrazione del bicentenario di don Bosco se non ci sono i giovani. Un grande incontro con i giovani del mondo: ne sono venuti 5.500 da 58 nazioni, manca solo l’Australia. E’ bella la presenza dell’Africa, bellissima anche quella dell’India e grande, senza dubbio, quella dell’Europa. Sono giorni di una grandissima emozione. Sono giorni molto profondi nella preghiera, nella riflessione, e devo dire che siamo meravigliati per la risposta di questi giovani. Non si vede un volto triste, non si vede nessuna preoccupazione. E’ veramente il modo più bello di concludere questo anno bicentenario.

D. – Sicuramente non è una conclusione, ma è – se vogliamo – un nuovo inizio per la famiglia salesiana. Cosa significa fare memoria del sogno di don Bosco in questo momento storico?

R. – Certo, noi il 16 agosto finiamo questo percorso di un anno naturale. Comincia però, di nuovo, il nostro impegno per una più grande fedeltà a don Bosco e al suo carisma. E’ stato un anno veramente di grazia. E’ stato un anno per prendere molto sul serio la nostra realtà, con le nostre debolezze come famiglia salesiana. Devo dirvi, però, che ci troviamo di fronte ad una grande sfida e a una grande speranza: crediamo che oggi possiamo offrire, a nome di don Bosco, tante cose belle ai giovani del mondo. In questo senso, iniziamo di nuovo il centenario di don Bosco, perché vogliamo andare avanti su questo cammino di fedeltà.

D. – Colpisce moltissimo, a questo proposito, la presenza dei Salesiani in alcune zone anche molto difficili del pianeta. Viene in mene la Siria…

R. – Certo che, sia in Medio Oriente con la Siria sia in Nigeria, sia in Sudan sia in Pakistan che in Sierra Leone con l’ebola, in tutti i posti in cui ci siamo a me colpisce vedere i Salesiani che dicono di voler rimanere per sempre lì con i più poveri. Come ha detto Papa Francesco a tutta la Chiesa, e anche a noi, dobbiamo veramente andare lì dove ci aspettano quelli che hanno più bisogno di noi.

D. – Lei ha conosciuto personalmente il Papa prima che salisse al soglio pontificio in Argentina. Vi siete sentiti accompagnati dal Papa in questo anno?

R. – Certo, io ho conosciuto il nostro cardinale. Avevo un rapporto normale, come con tanti altri. Ci è stato molto vicino. In questo anno la sua sensibilità ci ha colpito tanto: è un bello stimolo. Ci è stato molto vicino quest’anno, nel senso che ci ha incoraggiato, anche con la lettera che ha voluto scrivere per tutta la famiglia salesiana e con questa visita che ha voluto fare con grande generosità, a Valdocco, per pregare il Signore davanti a Maria Ausiliatrice. E’ stato veramente un abbraccio di padre. Siamo davvero molto riconoscenti al Santo Padre per tutto questo.

D. – Uno dei temi di grandissima attualità oggi è quello delle migrazioni delle società multiculturali. Qual è al riflessione dei Salesiani su questo tema?  

R. – Devo dire che noi ci troviamo anche in tanti posti, in cui molte persone lasciano la loro nazione, il loro Paese per le difficoltà, per la povertà, per la guerra. A questi 5.500 giovani ho detto che devono veramente avere criteri evangelici per tutto questo. Noi non possiamo trovarci qui, celebrare don Bosco, celebrare la fede e avere poi gli stessi criteri che hanno quelli che nella nostra Europa si trovano a guidare le istituzioni e vedono tante difficoltà, per esempio, con l’immigrazione.








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