2015-08-14 14:43:00

San Massimiliano Maria Kolbe segno di amore di Cristo in Maria


Oggi la Chiesa ricorda San Massimiliano Maria Kolbe. Uomo tutto donato alla Beata Vergine Maria, fu instancabile testimone dell’amore di Cristo fino al martirio nel campo di stermino di Auschwitz. Massimiliano Menichetti:

“Il male si combatte attraverso l’amore che viene da Cristo”. E’ la certezza che ha guidato San Massimiliano Maria Kolbe, Raimondo il nome di battesimo, nato in Polonia a Zdunska Wola l’8 gennaio del 1894. A tredici anni entra nell’Odine dei Frati minori conventuali di Leopoli, a Roma studia filosofia e teologia. Il suo cuore è tutto in Maria, a 24 anni è ordinato sacerdote ma già un anno prima fonda la “Milizia dell’Immacolata”. Nel 1930 è missionario in Asia. In Giappone a Nagasaki fonda una rivista, un convento e apre un seminario. Torna in Europa per il peggioramento della tisi, ma è instancabile nella sua testimonianza e apre il periodico “Cavaliere dell'Immacolata” che raggiunge milioni di copie. Durante la Seconda Guerra mondiale è arrestato due volte dai nazisti. Nel 1941, viene deportato nel campo di concentramento di Auschwitz. In questo luogo di orrori porta la luce del Vangelo, dona la sua vita in cambio di quella di un padre di famiglia. Rinchiuso in un bunker dove non può sdraiarsi, dopo due settimane senza acqua né cibo, il 14 agosto 1941, viene ucciso con un’iniezione letale di acido fenico nel braccio. Le sue ultime parole sono la preghiera “Ave Maria”. Ai nostri microfoni, don Massimo Serretti, docente presso la Pontificia Università Lateranense:

R. – Ci troviamo davanti a una statura di santità straordinaria: un uomo che ha preso dalle mani del Signore due corone, ossia quella bianca della consacrazione nel celibato per il Regno dei Cieli, sia quella rossa dell’effusione del sangue, quindi del martirio, per il Signore e per i fratelli. Dicevamo di una statura straordinaria: come sempre nelle figure di santità, soprattutto per la sua integrità. Tutta una vita, tutta una biografia, tutta completamente abbracciata dal mistero di Dio e vissuta come risposta alla via che il Signore gli ha indicato. Particolarmente importante il fatto che, seguendo questa risposta, Massimiliano Maria Kolbe percorra, da un certo punto di vista, tutto il ventaglio della vita cristiana, quindi dalla vita religiosa – che è più nascosta – alla vita missionaria.

D. – Il cuore di San Massimiliano Maria Kolbe è tutto incardinato in Maria…

R. – Massimiliano Kolbe risalta, tra l’altro, appunto per quello che ci ha dato di apporto, di meditazione e di verità del mistero mariano centrale della Immacolata Concezione. Questa dedizione non ha nulla di devozionalistico o di spiritualistico: è un legame con Maria nel punto in cui Maria risplende e brilla maggiormente, perché è il punto in cui, con tutta certezza, l’opera di Dio la abbraccia completamente e la plasma completamente, cioè nel momento del suo concepimento senza peccato. Quindi, il riferimento all’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria diventa il punto di mediazione necessario, perché Dio ha seguito questa via per venire all’uomo, per l’uomo per trovare la via per andare a Dio. Quindi, c’è uno spessore teologico fortissimo e una meditazione continua in tutto l’arco della sua vita, su questo mistero mariano.

D. – Da qui anche la “Milizia dell’Immacolata”: che cos’è, questa realtà?

R. – La “Milizia” ha significato sia comunionale, quindi sono ragazzi, giovani seminaristi, vite, uomini, volti, storie che si legano nel mistero di Dio che si rende palese in Maria, da un lato. E  “milizia” significa che ci sta dentro una lotta. Questa comunione tra questi ragazzi è chiaramente attiva nei confronti di un avversario che tenta di violare la bellezza di questa comunione e l’integrità delle persone. E Maria Immacolata rappresenta il baluardo inviolabile: lo stare saldamente radicati a questa fortezza significa per loro essere vittoriosi nel mondo.

D. – Questo combattere il male attraverso l’amore arriva a un apice nel campo di concentramento di Auschwitz, dove poi San Massimiliano Maria Kolbe darà la più alta testimonianza, dando la sua vita in un luogo di follia…

R. – Infatti, la carità che San Massimiliano Maria Kolbe esalta è innanzitutto la carità di Dio. Diventando partecipi dei misteri di Maria ed essendo legati – saldamente legati – ai misteri di Maria, è possibile entrare in questa carità, cioè in questo mistero dell’amore, che è l’amore di Dio stesso. “La vicenda di Auschwitz ha un significato di vittoria”: così Giovanni Paolo II nella famosissima omelia del 1979 nel campo di concentramento di Oswiecim-Auschwitz, metteva in evidenza proprio questo aspetto. “Qui l’uomo – ha detto – ha riportato la vittoria mediante la fede”.

D. – Qual è il messaggio forte, l’attualità di San Massimiliano Maria Kolbe?

R. – Si tratta sempre di questo, cioè di salvare l’uomo e di salvarlo in Cristo. Questo, Massimiliano Maria Kolbe ce l’ha presentato al vero e ha salvato l’uomo, nel senso che ha salvato Franciszek, il padre di famiglia, votando se stesso alla distruzione, ma il Signore ha mostrato come questa salvezza che l’uomo porta all’altro diventa anche la salvezza propria. Infatti, quando aprirono la cella dopo avergli fatto l’iniezione di acido, scoprirono che il suo volto emanava una grande luce di trasfigurazione. Massimiliano Kolbe ha dimostrato che è possibile, dentro la bruttezza, la ferocia, la barbarie, il regno della morte, vivere. Per cui, Kolbe è per noi il segno che non esiste un punto della realtà, un punto dell’esistenza, non esiste un frangente di difficoltà e di caduta tale in cui non sia possibile portare il raggio della luce della verità di Cristo. E quindi, la vittoria.








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