2015-08-13 11:33:00

Iraq, l'Is rivendica l'attentato al mercato di Baghdad


Il sedicente Stato islamico rivendica via web l'attentato di questa mattina in Iraq che ha provocato 76 morti e oltre 200 feriti. Ennesima strage nel Paese stretto nella morsa del terrorismo jihadista e interessato da un difficile momento politico. il servizio di Elvira Ragosta:

Erano le 6 e 10 di questa mattina quando il camion bomba è esploso nell’affollatissimo mercato di Jamila, a Sadr City, quartiere sciita della capitale irachena. L’obiettivo dei miliziani jihadisti, nella rivendicazione pubblicata sul web, erano l’esercito iracheno e le milizie sciite. Dure le proteste dei parenti delle vittime, che accusano il governo di non aver adeguatamente protetto la zona affollatissima di civili. Dal fronte terroristico a quello politico, Baghdad risponde al malcontento popolare per l’estrema corruzione che affligge il Paese: il parlamento ha approvato un piano di riforme che promette anche tagli agli sprechi della politica e il primo ministro, Al Abadi, ha sollevato il segretario generale del Consiglio dei ministri, Ahmed, considerato un fedelissimo dell’ex premier al Maliki, senza fornire una motivazione ufficiale all’allontanamento.

Sull’argomento abbiamo raccolto l’analisi del prof. Fabrizio Battistelli, presidente dell’Istituto di ricerche “Archivio Disarmo”:

R. – Ancora una volta siamo di fronte a questa tragedia, che coincide peraltro con le strategie delle forze che destabilizzano l’Iraq dal 2003, dalla infelice invasione del Paese da parte degli americani. Non si è mai fermata, ma probabilmente con l’affermazione dell’Is ha raggiunto dei livelli inauditi di forza, di violenza e di crudeltà.

D. – Questi attentati arrivano in un momento molto delicato per la politica irachena: cresce il malcontento della popolazione per l’alto tasso di corruzione, per gli estremi costi della politica. Il parlamento ha approvato una serie di riforme e il premier ha sollevato il segretario generale del Consiglio dei ministri, considerato un fedelissimo dell’ex premier Al-Maliki. Che tipo di relazione ci può essere tra i due avvenimenti?

R. – Paradossalmente, può darsi proprio che si possa interpretare come una strategia vincente da parte del nuovo premier Al-Abadi che ha toccato, e sta toccando, alcuni punti nevralgici del potere in Iraq. Prendendo le distanze da Al-Maliki che, tra l’altro, perde anche il ruolo di vicepresidente, in una situazione che non consentiva alternative, perché la prosecuzione della politica dissennata di contrapposizioni tra confessioni religiose - fra l’altro tutte interne all’Islam - perseguita da Al-Maliki in una visione ultra-sciita, non era più appoggiata neanche dai religiosi sciiti.

D. – In un contesto di contrapposizione clanica, secondo lei queste iniziative potranno a breve portare a dei risultati positivi?

R. – Tutto dipende dal quadro generale. È possibile che degli effetti positivi si facciano sentire con il nuovo ruolo dell’Iran, ormai definitivamente sdoganato come potenza regionale, e unico possibile protagonista di una vera e propria resistenza sia politica che militare nei confronti dell’Is. Solo attraverso una convergenza con l’Iran, gli Stati Uniti riescono, anche a distanza – attraverso dei bombardamenti aerei – ma solo con forze di terra a guida iraniana, sono in grado di fermare l’offensiva dell’Is. Quindi, l’Iran riuscirà in qualche modo a stabilizzare il Paese? Ci riuscirà se avrà una politica moderata di accettazione delle differenze e quindi di rispetto dei sunniti e dei curdi. Se farà invece una politica pan-sciita estremista, a sua volta acuirà le differenze e quindi i problemi. Tutto però, come sempre accade in queste crisi militari, può trovare una soluzione in un processo politico di ricomposizione degli interessi legittimi almeno che sono nell’area. Sul piano strettamente militare, poi, ci vogliono forze di terra: su questo non si sfugge! E queste forze le può fornire, anche solo guidandole – non a caso è un generale iraniano che in questo momento ha la supervisione delle operazioni – guidandole da parte dell’Iran. Quindi, un grande spazio all’Iran. A livello locale può essere un elemento di stabilizzazione… Che cosa succederà nel Medio Oriente allargato? Tutto questo susciterà la reazione negativa dell’Arabia Saudita che è custode dell’ortodossia sunnita e quindi è anti-sciita: un ulteriore elemento di complessità. Un lievissimo ottimismo – se di ottimismo si può parlare sullo scenario del contenimento dell’Is – ma problemi destinati a durare a livello sistemico in tutto il Medio Oriente.








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