2015-08-11 15:40:00

Migranti, grave situazione a Kos. ACS: aumentano i cristiani


In Grecia è ancora tensione alta per il crescente numero di arrivi di migranti. A Kos, scontri sono scoppiati tra gli immigrati molti dei quali vivono all’addiaccio. Aiuto alla Chiesa che soffre intanto lancia un allarme: sono sempre più i cristiani tra i profughi che arrivano sulle coste italiane. Francesca Sabatinelli:

Sarebbe stato un video ad alzare di nuovo la temperatura sull’isola greca di Kos. Un filmato in cui un agente di polizia schiaffeggerebbe un migrante per poi subito dopo spintonarne un altro. La reazione non si è fatta aspettare: l’agente è stato sospeso ma, per le Forze dell’ordine, oltre a essere difficile contenere il flusso degli arrivi – tra loro anche molti bambini – è difficile anche placare gli animi di tutti coloro che vivono in tende, nei parchi e nelle piazze della città. Disordini oggi si sono registrati anche in Italia, a Cagliari in Sardegna, dove circa 200 migranti protestano da diversi giorni, chiedendo di poter lasciare l’isola. Si tratta perlopiù di eritrei ed etiopi e, anche in questo caso, di molte donne e bambini. Gli eritrei che arrivano sono in maggioranza cristiani, così come molti altri provengono da Siria, Iraq e Nigeria. I cristiani tra i profughi che giungono sulle coste italiane sono aumentati quasi del 30%: è l’allarme lanciato da don Mussie Zerai, fondatore dell’agenzia Habeshia, e rilanciato dalla Fondazione “Aiuto alla Chiesa che soffre”. Marta Petrosillo, portavoce di ACS Italia:

R. – E’ un fenomeno che “Aiuto alla Chiesa che soffre” sta studiando molto da vicino, in particolare la sezione italiana, perché vediamo approdare sulle nostre coste sempre più migranti, rifugiati, richiedenti asilo cristiani. Il rapporto sulla libertà religiosa di “Aiuto alla Chiesa che soffre” confermava proprio questo: che la persecuzione religiosa, di cui i cristiani sono la principale vittima, aumenta i flussi migratori, ed è un fenomeno che ovviamene riguarda anche i rifugiati che giungono sulle nostre coste: basta osservare e approfondire l’appartenenza religiosa di quanti si trovano nei Centri di prima accoglienza o nei cosiddetti “Cara”, i Centri di accoglienza per richiedenti asilo. Come ha confermato anche don Mussie (Zerai - ndr), basta guardare alle nazionalità di questi migranti. I siriani, ad esempio: sono il primo gruppo di migranti che giungono sulle nostre coste e noi di “Aiuto alla Chiesa che soffre” sappiamo che soltanto nei primi tre anni della crisi siriana, ovvero dal 2011 fino al 2014, oltre il 30% dei cristiani siriani è fuggito dalla Siria o vive in condizione di sfollato. Anche moltissimi dei cristiani iracheni, in fuga dallo Stato islamico, sono giunti sulle nostre coste e, sempre tra i cristiani, non possiamo dimenticarci di quanti provengono da nazioni africane, come ad esempio la Nigeria, che sono oggi interessate in modo drammatico dal fondamentalismo islamico: Boko Haram in Nigeria e non solo, nel continente africano agiscono nuove formazioni jihadiste. Quindi, “Aiuto alla Chiesa che soffre” vuole innanzitutto raccogliere più dati e studiare in maniera approfondita il fenomeno, di concerto, ovviamente, con il Ministero dell’interno, perché purtroppo al momento non vi è una letteratura specifica in materia, non vi sono dati e statistiche che riguardino l’appartenenza religiosa dei migranti che giungono nel nostro Paese.

D. – Ma questo studio che “Aiuto alla Chiesa che soffre” ha avviato che scopo ha? Successivamente come interverrete?

R. – E’ chiaro che non è uno studio che rimarrà sulla carta: da sempre la nostra Fondazione abbina alla denuncia e all’analisi una risposta concreta e in questo caso noi vogliamo offrire ai rifugiati e ai richiedenti asilo che si trovano nel nostro Paese, ai cristiani, la possibilità di vivere la propria fede. Quindi, oltre alla risposta alle emergenze e ai bisogni primari, anche un’assistenza spirituale. Questo è quanto “Aiuto alla Chiesa che soffre” intende fornire a tutti i cristiani, cosicché anche da rifugiati non vengano privati del diritto di poter professare la propria fede.








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