2015-08-10 14:01:00

Turchia, raffica di attentati interni e lotta all'is


Raffica di attentati ieri in Turchia che aumenta gli sforzi contro il pericolo del sedicente Stato islamico. Intanto Siria e Iraq restano il principale fronte dei gruppi jihadisti. Elvira Ragosta:

Il territorio iracheno continua a essere oggetto di attacchi da parte dei miliziani dell’autoproclamato califfato islamico: 3 quelli rivendicati dal sedicente stato islamico nella giornata di ieri che hanno provocato 33 vittime e decine di feriti. Violenze anche in Siria, dove oltre alla minaccia dell’is, la guerra civile tra il regime di Al Assad e i ribelli  prosegue ormai da 4 anni. Contro l’is, in Siria combatte anche al Nusra, branca siriana di Al Qaida, che però dichiara di voler ritirate i suoi miliziani dal confine con la Turchia, per incompatibilità religiosa con l’accordo di Turchia e Stati uniti che prevede una zona cuscinetto nell’area. Intanto, Ankara tiene alte le misure di sicurezza al confine meridionale con la Siria per il pericolo terrorismo dopo l’attentato di Suruc: quasi 700 persone sono state fermate mentre cercavano di entrare illegalmente dalla Siria e 24 sospetti membri dell’is sono stati arrestati in diversi raid, ieri, mentre il paese era teatro di due attacchi a Istambul, a una stazione di polizisa e al consolato Usa, da parte di organizzazioni legate all’estrema sinistra e altri scontri tra militari ed partito curdo dei lavoratori nel sud est. Per un’analisi sulla situazione della Turchia, impegnata sul fronte curdo e su quello jihadista, sentiamo Lorenzo Cremonesi, inviato del Corriere della Sera:

R. - Ormai nell’ ultimo mese è ripreso questo antico scontro tra curdi e governo centrale turco. Direi che questo è l’elemento principale che dominerà la scena politica del Paese nel prossimo futuro, cioè la fine della tregua e quindi il ritorno dello scontro aperto tra turchi e curdi.

D. - Come salvaguardare la popolazione civile da questi attacchi?

R. - Sarà praticamente impossibile. Siamo di fronte al ritorno della guerra civile che negli ultimi 40 anni, fino a tre anni fa, ha causato oltre 40mila vittime, attentati da ogni parte, destabilizzazione e mi sembra che ora sia questo il trend. La questione per i turchi diventa più complicata perché c’è proprio questa pressione internazionale. La Turchia è un Paese Nato, e i Paesi membri dell’organizzazione, l’Europa, l’Occidente chiedono alla Turchia un politica molto più ferma nei confronti del califfato. La Turchia ha sempre detto che comunque sia, per loro il nemico maggiore rimane il Pkk: se loro dovessero fare un parallelo tra questo e l'Is, per loro il nemico numero uno sarebbe il Pkk. Direi che in questo contesto vanno lette le grandi difficoltà: da una parte la Turchia, che dopo la bomba di Suruc, ha visto un Paese più arrabbiato e più duro contro l’Is e quindi la decisione addirittura di attaccare postazioni del califfato in Siria, ma dall’altra parte queste sue operazioni sono viste come una sorta di copertura, di salvacondotto, che permette ai turchi di riallinearsi con la politica occidentale e nel contempo  usare questo per poter attaccare più duramente il Pkk.

D. - Nel frattempo le violenze in Sira e in Iraq da parte dei jihadisti sono giornaliere e le vittime tantissime. Quanto questa cessione della base di Incirlik, quanto l’invio di F16 statunitensi, con il supporto di 300 militari, potrà servire nella lotta al califfato nei raid della coalizione internazionale?

R. - La coalizione opera già dalla Giordania e dall’Iraq. Quindi ha già delle basi molto vicine alle aree dove opera l’Is. Ma certamente la base di Incirlik, che è la base più importante in quel comprensorio aiuterà molto gli americani, anche perché in Iraq, specialmente ad Erbil le strutture sono molto più piccole. Ma quello che l’Is teme di più è che ad un certo punto gli americani convincano la Turchia ad agire in modo molto più duro con le loro truppe di terra, determinati contro il sedicente Stato silamico. Questo potrebbe essere l’elemento importantissimo.








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