2015-08-09 14:30:00

Coree: giornata di preghiera per la riunificazione della penisola


Giornata di preghiera questa domenica per la riunificazione delle due Coree, divise da 70 anni. Per l’occasione i cristiani del Nord e del Sud reciteranno un’unica preghiera. A promuovere l’iniziativa, le Chiese cristiane coreane. Ma quali sono i rapporti tra Seul e Pyongyang? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Francesco Sisci, editorialista di Asia Times:

R. – I rapporti tra i due Paesi – o tra le due parti dello stesso Paese, come ci tengono a definire sia i sud-coreani che i nord-coreani - sono in un momento di stallo: non vanno avanti né indietro. La cosa singolare degli ultimi anni è che in realtà il livello di vita nella Corea del Nord è aumentato. Ci sono più telefonini, più negozi: cioè è cominciata ad esserci una minuscola fascia di classe media. La speranza è che questa classe media possa spingere la leadership - la dirigenza suprema del Paese - in un terreno un po’ più malleabile ed internazionale. Kim Jong-un, a differenza del padre e del nonno, ha studiato in Svizzera e quindi conosce la differenza tra la Corea del Nord e il resto del mondo. Quindi forse questi due elementi - la classe media e l’educazione internazionale Kim Jong-un - potrebbero essere elementi di speranza.

D. – Cosa manca a livello diplomatico-internazionale?

R. - Il problema nord-coreano è estremamente difficile, perché, diversamente da altre potenze “dell’Asse del male” - usando una vecchia definizione americana - c’è il fatto che Pyongyang ha 8.000 cannoni puntati su Seul. E Seul è a 30 chilometri dal confine nord-coreano. Quindi c’è un problema strutturale. Per cui non si può usare il “bastone” che serve in diplomazia, onestamente. E non si può utilizzare neanche la “carota” visto che l’unico che contava e comandava era il supremo leader, il quale comunque viveva bene.

D. – In questi 70 anni c’è stato qualche momento positivo a livello diplomatico?

R. – Ci sono stati tanti momenti in cui si è sperato, però ogni volta queste speranze sono state tradite. E naturalmente il dibattito è aperto sul motivo di queste speranze tradite. Ci si chiede se c’è stata una mancanza da parte della diplomazia, di non saper cogliere il momento, come quando ci fu la presidenza sud-coreana di Kim Dae-jung. Oppure se è dovuto al fatto che  che comunque i leader nord-coreani non erano assolutamente interessati a un vero dialogo. Al di là di quello che è il passato, oggi il problema è eliminare una minaccia oggettiva alla pace e alla stabilità, ed anche alla ricchezza di questa parte di mondo. Se la Corea del Nord rientrasse in qualche modo entro un alveo di normalità, i primi a beneficiarne sarebbero i nord-coreani, i quali avrebbero una vita migliore. Questo poi porterebbe a migliori condizioni per i cinesi, i giapponesi, i sud-coreani. Naturalmente, però, questi ancora oggi sono sogni.








All the contents on this site are copyrighted ©.