2015-08-06 17:15:00

'Studi di genere': oltre il 'genderismo', no alle disparità


"Le differenze sessuali naturali, in ogni epoca e contesto sociale, vengono narrate e interpretate diversamente. Nascono da qui i 'repertori di genere', le definizioni cioè di 'cose da maschio' o 'cose da femmine' che si traducono non solo nella nostra vita quotidiana, ma anche nei grandi sistemi sociali, familiari, economici e di lavoro. E anche in sistemi simbolici e teologici". Ad affermarlo è Rita Torti, giornalista, studiosa e scrittrice, autrice del libro ‘Mamma, perché Dio è maschio?’ (Effatà editrice, 2013), che, anche grazie all'impulso del Coordinamento teologhe italiane, ha approfondito il tema della differenza di genere nel contesto educativo e in particolare nelle differenze sociali e nella trasmissione della fede. 

Discriminazioni non naturali

"Gli 'studi di genere' - spiega la Torti - hanno cercato, fin dagli anni Settanta, di vedere quali concetti di maschilità e femminilità, quali costruzioni di queste identità sessuate, si sono succedute nel tempo. Un lavoro importante perché, fino alla metà del secolo scorso, le distinzioni di genere, come per esempio il diritto di voto, venivano attribuite a differenze 'naturali'. Si è visto, invece, che non era la natura a riconoscere all'uomo il suffragio e negarlo alle donne". "Dunque - prosegue la studiosa - gli 'studi di genere' mostrano come le discriminazioni subite tuttora dalle donne - che in passato si sono basate su una pretesa superiorità del maschile sul femminile - sono in realtà nate da un'interpretazione del dato biologico e non ne sono affatto una conseguenza". "La prospettiva del mio lavoro - sostiene la Torti - è capire quali 'costruzioni di genere' stiamo trasmettendo ai ragazzi, alle ragazze, ai bambini e alle bambine, trasmettendo loro il senso critico nei confronti di questo tema. Interessante, ad esempio, è il caso del 'maschile' che, per essersi autorappresentato come universale e neutro è diventato oggi invisibile e fatica a recuperare la propria parzialità, specificità". 

L'espulsione delle figure bibliche femminili

Il lavoro dell'autrice mostra la carenze che acquistano, in questa prospettiva, alcuni libri di religione. "Quelli da me analizzati - sostiene la Torti - identificano tutti i concetti importanti con attività e pratiche maschili, dando così un messaggio particolare ai giovani. Inoltre, dalla Genesi alla Pentecoste, operano una sistematica espulsione delle figure femminili bibliche dalla narrazione dei fatti della storia di Israele e della vita di Gesù, depotenziando dunque la ricchezza della Bibbia nei confronti della narrazione delle relazioni fra maschi e femmine".
   
D'accordo con questa impostazione è Chiara Giaccardi, docente ordinario di Sociologia e Antropologia dei Media all’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano. "L'essere umano - spiega - non è un essere solo biologico, ma interpreta la sua natura biologica con una serie di narrazioni, simboli e pratiche che sono proprio analizzate dagli 'studi di genere'. Il 'genere' non è perciò quella parola diabolica che si vuol far passare nella cultura contemporanea, in buona fede ma anche con una grandissima dose di ignoranza. Bisognerebbe piuttosto parlare di 'genderismo', come di 'populismo'. Non è la parola 'popolo' che è cattiva, anche se è stata strumentalizzata dalle ideologie populiste  di sinistra e di destra. Così non è la parola 'genere' a essere una parola negativa della neo-lingua che significa negazione della natura, ma è il 'genderismo', come deriva di una porzione limitata degli studi di genere, ad aver preso un direzione ideologica molto pericolosa che ora viene scambiata erroneamente per il tutto". 

No al 'genderismo', sì agli 'studi di genere'

"Allora, sul 'genderismo' - conclude la Giaccardi - cioè sulla condanna della colonizzazione ideologica del 'gender', che nega il dato naturale,  siamo più che d'accordo. Ma le 'teorie del genere' sono una realtà che è doveroso tematizzare ed esplorare. Il modo in cui sono madre io è molto diverso da com'era mamma mia madre o mia nonna. E questo senza negare l'aspetto sessuale ma appunto valorizzando tutto l'aspetto simbolico e di narrazione che si è sovrapposto a questo, creando spesso disparità".   








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