2015-08-04 12:14:00

Siria: Usa, sì a raid in difesa dei ribelli. Nuove azioni di al-Nusra


Dopo mesi di discussioni, gli Stati Uniti hanno deciso: se i ribelli siriani - addestrati dal Pentagono a combattere contro il sedicente Stato Islamico (Is) - finiranno sotto attacco, a difenderli interverranno i caccia bombardieri americani: anche se ad attaccarli fossero le forze del regime del presidente siriano Bashar al Assad. La decisione, presa dal capo della Casa Bianca Barack Obama su sollecitazione del Dipartimento della Difesa, giunge quando altri 5 ribelli sono stati catturati dai qaedisti del Fronte al-Nusra. In questo quadro, il segretario di Stato Usa John Kerry, in trasferta in Medio Oriente e Asia, ha dichiarato che Bashar al-Assad e il suo regime hanno “perso legittimità” a causa della “brutalità” contro la popolazione e l’inadeguatezza delle loro azioni contro l’Is. Sui motivi che hanno spinto Washington ad autorizzare raid aerei in difesa di alcuni gruppi di ribelli siriani, Giada Aquilino ha intervistato Guido Olimpio, inviato del Corriere della Sera:

R. - Essenzialmente per due motivi. Il primo: questi ribelli, ancora pochi - si parla di una sessantina, più alcune centinaia già presenti – erano in difficoltà, essendo stati attaccati da altri ribelli di ispirazione qaedista. Il secondo: fa parte di un piano americano e turco – a più riprese confermato e smentito: c’è molta confusione al riguardo – per creare una zona di sicurezza al confine Nord della Siria, vicino alla Turchia. Questi raid dovrebbero creare una sorta di ombrello.

D.  – Perché puntare sui ribelli siriani?

R. – Probabilmente perché questo è un tentativo di creare una realtà che possa aiutare a proteggere quell’area e impedire che l’Is si rafforzi in quel settore. Però tutto è fatto con molta indecisione. Intanto, questi ribelli sono pochi: dovevano essere diverse migliaia, ma gli americani hanno dovuto rinunciare perché non si fidavano. Quindi è una politica dei piccoli passi.

D. – La decisone di fatto aumenta il rischio di uno scontro diretto con Assad? Perché questi raid sarebbero autorizzati anche se ad attaccare fossero le forze del regime siriano…

R. - Le forze di Assad forse si asterranno dal farlo. È evidente, come risulta da commenti e dibattiti di questi giorni, che ormai la Siria viene smembrata: credo che Assad non sia in grado di difendere la parte Nord e quindi cercherà di rimanere distante, tenendo i suoi aerei lontani anche perché non avrebbero possibilità. Mosca poi ha protestato contro l’iniziativa, sostenendo che questa è una violazione, un atto di destabilizzazione. Però pare che, dietro le quinte, ci siano molti contatti in questi giorni e lo stesso Assad in un famoso discorso ha detto di non poter difendere “tutta la Siria”. Quindi, insomma, stiamo assistendo ad un lento smembramento. E la creazione di un’eventuale zona di sicurezza nel Nord della Siria è un’ulteriore conferma.

D. - A cosa servirebbe una zona cuscinetto?

R. - Questo è il punto. I turchi la pensano essenzialmente come un cuscinetto per proteggere i profughi siriani, aiutare i ribelli vicini alla Turchia, ma anche e soprattutto prevenire che i curdi si istallino in quest’area, perché questa fascia interrompe due zone che sono già sotto controllo dei curdi siriani. Quindi creare questa fascia significa spezzare tale territorio. Gli americani invece vogliono privare l’Is di uno sbocco verso la Turchia perché da qui passano i volontari e possono passare i rifornimenti. Su ciò non ci sono molti accordi: è questo il problema del progetto.

D. - Come vanno lette le dichiarazioni di Kerry, che ha preso le distanze da Assad riaffermando invece il sostegno al governo iracheno?

R. - Forse si devono a queste trattative, a questi contatti in corso tra Kerry e alleati arabi, ma anche con i russi: ha incontrato Lavrov, girano voci della ricerca di una nuova formula per la Siria. Credo che Kerry bilanci un po’: da una parte appoggia i ribelli, però abbiamo visto che gli americani hanno dato con il contagocce gli aiuti ai ribelli, preferiscono che lo facciano il Qatar, la Turchia, perché non si fidano essenzialmente né dei partner regionali né dei ribelli.

D. - E il ruolo dell’Iran del dopo accordo sul nucleare, in questo quadro, qual è?

R. - Non vuole perdere la Siria, quindi sta mandando i suoi uomini, le milizie sciite, e aiuta in maniera decisa con molto denaro il regime di Assad. Il fatto è che anche l’Iran sembra faccia parte di un negoziato sotterraneo per il dopo Assad o comunque per mantenere un ruolo. Però al tempo stesso si rende conto che la posizione di Assad e del regime è precaria. Si dice che, forse, sia stato lo stesso Iran a consigliare Assad di difendere certe zone e lasciarne perdere altre. Comunque l’idea di base è che Iran ed Hezbollah vogliano avere un punto di appoggio in Siria perché è legata al Libano, ai giochi regionali ovviamente in chiave anti saudita e anti sunnita.








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