2015-07-24 12:25:00

Crisi in Medio Oriente: Santa Sede, non rimaniamo a guardare


Di fronte alle crisi mediorientali, non rimaniamo a guardare impotenti: lavoriamo uniti per una soluzione pacifica ai conflitti. Così l’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede all’Onu, in occasione del dibattito al Palazzo di Vetro di New York dedicato ieri alla situazione in Medio Oriente e in particolare alla questione palestinese. Il servizio di Giada Aquilino:

Di fronte ad un Medio Oriente insanguinato da tanti conflitti che “continuano a intensificarsi”, non possiamo rimanere a guardare “impotenti”, da bordo campo. L’arcivescovo Auza constata “purtroppo” che la comunità internazionale sembra quasi si sia “abituata” a questi conflitti nella regione, non riuscendo ancora ad elaborare una “risposta adeguata”.

In particolare sulla situazione in Siria, il rappresentante della Santa Sede sottolinea come la crisi umanitaria che colpisce “più di metà della popolazione” richieda un “rinnovato impegno da parte di tutti”, al fine di giungere ad una “soluzione politica” del conflitto. Un “grande Paese”, aggiunge, rischia la distruzione: tale realtà richiede dunque di mettere da parte “interessi particolari” per privilegiare “quelli della Siria e degli stessi siriani”.

In quelle zone, come in Iraq, evidenza inoltre il nunzio, vanno avanti gli “atti terroristici perpetrati dal cosiddetto ‘Stato Islamico’”: si tratta di una sfida non solo regionale “ma per tutta la comunità internazionale”, che è chiamata a cooperare “con unità di intenti” per contrastare “questa piaga terrorista, che sta espandendo le proprie attività in diversi Paesi”. Tale crisi ha inoltre generato “milioni di rifugiati” in Libano e Giordania, che “hanno urgente bisogno della solidarietà” di tutti. In particolare per il Paese dei cedri, la Santa Sede – aggiunge mons. Auza – auspica che sia in grado di risolvere presto l’attuale periodo di “instabilità istituzionale”, legato anche alla carica di presidente della Repubblica vacante da più di un anno.

Non dimenticando le “sofferenze di intere popolazioni”, l’arcivescovo ricorda le difficoltà che cristiani, altre minoranze etniche e gruppi religiosi stanno vivendo, con la conseguenza che in molti sono costretti, anche con la forza, “a lasciare le loro case”. “La diminuzione della presenza cristiana è una grave perdita per l'intera regione”, afferma l’osservatore permanente all’Onu: in quelle zone i cristiani sono presenti da secoli e “sperano di continuare a cooperare con i loro concittadini nella costruzione di società armoniose, lavorando per il bene comune, come promotori di pace, di riconciliazione e sviluppo”.

“Apprezzamento” poi per l’intesa sul nucleare iraniano raggiunta da Repubblica islamica e gruppo del 5+1, cioè Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Cina, Russia e Germania.

L’arcivescovo Auza ricorda quindi la sigla dell’accordo globale tra Santa Sede e Stato di Palestina, il 26 giugno scorso, indicativo dei “progressi” compiuti dal Paese negli ultimi anni, riconosciuto anche dalle Nazioni Unite in qualità di osservatore come Stato non membro. L’auspicio della Santa Sede, riferisce il nunzio, è che tale intesa possa essere “di stimolo” al raggiungimento della soluzione dei due Stati, ponendo termine al lungo conflitto israelo-palestinese, e possa offrire un buon esempio “di dialogo e cooperazione” nella complessa realtà mediorientale. A tal proposito, mons. Auza ricorda le parole del Papa durante il suo pellegrinaggio in Terra Santa dell’anno scorso, quando esortò a “trovare il coraggio” per una pace definitiva. La delegazione vaticana ribadisce infine che il processo di pace può andare avanti solo se “direttamente negoziato tra le Parti, con il sostegno della comunità internazionale”.








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