Tra il 20 ed il 50%: tante sono, secondo stime peraltro molto approssimative, le donne nel mondo che subiscono violenze domestiche. Un fenomeno diffuso, sia pure in diversa misura, in tutti i Paesi e che attraversa tutte le culture, etnie, classi sociali e fasce di età. Tra i Paesi più colpiti quelli dei Caraibi dove, soprattutto in questi ultimi anni, ha raggiunto livelli allarmanti. E’ quanto denuncia un documento pastorale preparato dalla Conferenza episcopale delle Antille (Aec) in vista del prossimo Sinodo sulla famiglia, che chiama all’azione per contrastare questa piaga sociale, da tempo all’attenzione della Chiesa della regione.
Rompere il muro del silenzio sulle violenze domestiche
Dopo avere premesso che la violenza domestica è un “peccato contro la dignità umana”
donata da Dio a ogni persona e che essa rappresenta un grave vulnus alla famiglia,
il documento evidenzia come i fattori all’origine questo fenomeno siano molteplici
e che non esistono soluzioni facili. Tra le sue cause principali viene indicata la
diffusa cultura maschilista nelle società caraibiche. Ma i presuli denunciano anche
la mancanza di risposte adeguate da parte delle istituzioni che ha contribuito ad
aggravare il problema. Il primo passo per affrontarlo – si sottolinea - è di porre
fine al “silenzio” che rende “più vulnerabili le vittime” e conferma l’idea che le
violenze domestiche siano di fatto normali e dunque “accettabili”. Questo chiama in
causa le responsabilità dello Stato che dovrebbe proteggere chi le subisce, ma anche
la Chiesa e la comunità di fedeli che, insieme a tutte le persone di buona volontà,
possono rompere questo muro del silenzio e iniziare il cammino verso la soluzione
del problema nella regione.
Le cinque raccomandazioni dei vescovi
Cinque quindi le raccomandazioni proposte. La prima rivolta ai pastori e agli operatori
pastorali è di informarsi: la disinformazione, o l’incapacità nel riconoscere i segni
di violenza – sottolineano i presuli - aumentano i rischi per le vittime. La seconda
raccomandazione è di combattere appunto il silenzio, parlando apertamente ai fedeli
del problema, ascoltando le vittime e facendo loro sentire il sostegno della Chiesa.
I vescovi dei Caraibi esortano poi a non scoraggiare le donne che decidono di separarsi
da un marito violento per salvare la propria incolumità: una vera riconciliazione
è possibile solo a condizione che quest’ultimo assuma pienamente le sue responsabilità
e dimostri la sua sincera volontà di cambiare. Il documento raccomanda poi il massimo
sostegno spirituale alle donne e ai bambini vittime di violenze domestiche che – sottolineano
con forza - sono contrarie al Vangelo.
Prevenire le violenze con l’educazione
Secondo i presuli, infine, è fondamentale la prevenzione: le strutture ecclesiali
devono sensibilizzare i fedeli sugli effetti distruttivi delle violenze domestiche;
premere per l’introduzione e l’applicazione di leggi che proteggano le famiglie contro
queste violenze; promuovere programmi per cambiare la mentalità diffusa che porta
ad accettarle come una cosa normale e informare sui servizi disponibili nelle comunità
parrocchiali per le vittime. Prevenire – conclude il documento – significa inoltre
educare alla non violenza in famiglia già a scuola, ma soprattutto nei corsi di preparazione
al matrimonio. (A.D.)
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