2015-07-14 08:00:00

Nucleare iraniano. Si attende l'annuncio dell'accordo


Tra poco più di due ore ci si attende l’annuncio a Vienna: sembra raggiunto l’accordo sul nucleare iraniano tra Teheran e le potenze del Gruppo cosiddetto 5+1. Attesa per il discorso alla nazione del presidente iraniano Rohani. Ma è forte anche l’impatto possibile negli Stati Uniti. Sull’importanza di un accordo che pone fine a oltre 30 anni di embarghi e tensioni, al microfono di Roberta Barbi l’analista politica del Centro studi internazionali, dott.ssa Francesca Manenti:

R. – L’accordo che dovrebbe essere concluso, secondo quanto è emerso nelle ultime ore, potrebbe rappresentare effettivamente un passo storico per un riavvicinamento tra l’Iran e la comunità internazionale, ma soprattutto tra l’Iran e gli Stati Uniti in primis e i Paesi europei. Rapporti che ormai si erano deteriorati negli ultimi 30 anni, a partire dalla rivoluzione del 1979 in Iran, e poi successivamente tutta una serie di tappe negli anni successivi hanno portato a una totale chiusura dell’Iran al sistema internazionale; chiusura non solo politica ma soprattutto chiusura economica, con tutta una serie di sanzioni che implementate nel tempo hanno seriamente compromesso la capacità del governo iraniano di poter sviluppare un sistema economico autonomo, autosufficiente e in grado di soddisfare le esigenze della propria popolazione.

D. – I nodi che restano da sciogliere sono le sanzioni Onu, la fine dell’embargo e l’accesso degli ispettori internazionali ai siti iraniani…

R. – Sono sicuramente i punti più dolenti. Per quanto riguarda le sanzioni si starebbe discutendo sulla tempistica. Da parte iraniana si vorrebbe un sollevamento immediato di tutte le sanzioni attualmente applicate al governo di Teheran, appunto per cercare di avere un respiro di sollievo da quella che è un’economia fortemente in crisi, e quindi cercare da parte del governo iraniano di avere una sorta di successo politico interno da poter dimostrare ai propri cittadini. D’altra parte, invece, la comunità internazionale, soprattutto i Paesi europei e gli Stati Uniti spingono per avere un sollevamento delle sanzioni graduale e diluito nel tempo, soprattutto vincolato poi all’effettiva constatazione di un rispetto da parte dell’Iran del ridimensionamento del proprio programma nucleare. L’altro grande punto dolente è l’accesso degli ispettori internazionali non solo ai siti nucleari ma - secondo poi quanto stabilito anche dal protocollo addizionale del Trattato di non proliferazione e che l’Iran con questo accordo dovrebbe impegnarsi a rispettare - gli ispettori internazionali dovrebbero avere possibilità di accesso anche a tutti quei siti collegati con il programma nucleare. Questo è un punto dolente perché c’è questo sospetto da parte della comunità internazionale che Teheran abbia portato avanti un programma nucleare di tipo militare all’interno di alcune basi sensibili, non solo per gli interessi nazionali iraniani ma soprattutto per l’establishment militare che si sta opponendo fortemente a questa possibilità. In realtà, il terzo punto dolente, quindi la sollevazione dell’embargo, è un punto che è sorto solo nelle ultime settimane e potrebbe essere una sorta di carta giocata all’ultimo momento per cercare da una parte e dall’altra di riuscire a trovare una soluzione più concordata anche sugli altri due punti.

D. – Una volta firmata l’intesa, il presidente Obama passerebbe alla storia come colui che è riuscito a risolvere la questione iraniana, ma non avrebbe comunque vita facile all’interno di un Congresso che appare molto diviso…

R. – La "partita iraniana" rappresenta una scommessa soprattutto per l’amministrazione Obama, più che per gli Stati Uniti; un’amministrazione Obama che dal punto di vista di politica estera è stata più volte criticata per scelte non sempre oculate, soprattutto per quel che riguarda lo scacchiere mediorientale. Riuscire a portare a termine l’accordo storico di possibile riavvicinamento con un Paese tanto strategico per il Medio Oriente quanto l’Iran, sicuramente rappresenterebbe un forte lascito politico per l’attuale presidente.

D. – Dall’altro lato c’è poi Israele. Netanyahu ha detto che questo accordo mette in pericolo la stessa pace mondiale…

R. - Sarà un processo delicato che dovrà vedere il coinvolgimento di tutti gli attori regionali. Il primo ministro israeliano si è sempre espresso in modo molto chiaro e critico nei confronti del dialogo sul nucleare. È anche vero però che al momento i rapporti tra il presidente Obama e il primo ministro Netanyahu sono veramente ai ferri corti. Soprattutto bisognerebbe poi capire se questa posizione così fortemente contraria a una possibile riapertura di Teheran sia una posizione del primo ministro Netanyahu o sia invece condivisa poi anche da altre anime all’interno del governo israeliano.








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