2015-07-12 09:00:00

A Illegio, in Friuli, la mostra sull'idea divina del femminile


“L'ultima creatura. L'idea divina del femminile", è il titolo della mostra in corso a Illegio, piccolo paese di montagna in provincia di Udine, che vuole rendere testimonianza dell’importanza delle donne nella Bibbia e della notevole presenza di questo tema nell’arte occidentale. Quaranta le opere esposte fino al 4 ottobre, trenta i prestatori tra musei e altre istituzioni. Si tratta dell’undicesima mostra allestita dall'associazione culturale 'Comitato di San Floriano' di Illegio. Ma come è nata l’idea quest’anno di occuparsi della donna? Esiste qualche legame anche con l’attualità? Adriana Masotti lo chiesto a don Alessio Geretti, curatore dell’evento:

R. – Da un lato, vogliamo riscoprire le grandi figure della donne che la Bibbia presenta  - e a dispetto della convinzione che quelle pagine siano segnate da una certa chiusura al femminile, in realtà si scoprono delle donne straordinarie - ma, soprattutto, rispetto all’attualità, c’è utile riscoprire perché Dio ha voluto l’uomo maschio e femmina e il femminile come un chiarimento dell’intenzione suprema di Dio sulla vita umana: vivere cioè prendendosi cura dell’altro, non vivere in funzione di se stessi. Questo il femminile lo mostra in maniera stupenda.

D. – Questa, quindi, in sintesi, la visione, l’idea divina del femminile? Questo essere dono per gli altri?

R. – Direi di sì. Nella Genesi le creature sono in successione studiata: entrano in scena a partire dal primo atto creatore - la separazione della luce dalle tenebre – fino all’ultima creatura che appare sulla scena, la donna, come per una progressiva manifestazione delle intenzioni divine. Potremmo in un certo senso dire che, proprio perché entra in scena per ultima, la donna costituisce il supremo chiarimento di quale sia l’obiettivo di tutta la creazione. Perché l’uomo, che ha scritto dentro il progetto di Dio, nella versione maschile rischia di essere un po’ più confuso della donna, in cui invece il progetto divino si manifesta con chiarezza, ed è il progetto di un essere che è predisposto per far vivere un altro. Nella propria struttura fisica e nei propri orientamenti interiori la donna ci ricorda che il bello della vita non è dire con forza “io”, ma dire con amore “tu”. E’ questo l’obiettivo ultimo da raggiungere.

D. – Dodici sono le donne di cui si occupa la mostra, attraverso una quarantina di opere. Può citarci qualche esempio?

R. – Ci sono le donne dello scandalo, come Tamar, donne che hanno avuto una condotta spregiudicata e interessante e ci mettono in evidenza la pazienza divina nel passare attraverso vie insolite per raggiungerci; le grandi madri, mogli dei patriarchi, sterili in origine, che una volta scoperta la fede diventano feconde; le grandi eroine che hanno liberato il loro popolo con coraggio, come Giuditta che ha sconfitto Oloferne, facendo arrossire di vergogna tutti gli uomini di Israele intimoriti e demoralizzati, con un vigore che Caravaggio, ad esempio, nella sua opera “Giuditta ed Oloferne”, mostra con una intensità drammatica insuperabile.

D. – L’obiettivo di questa iniziativa, che si ripete negli anni, non è solo artistico, ma anche di annuncio della fede…

R. – Assolutamente sì, certo, perché tutte le opere si visitano accompagnati da giovani mediatori, che aiutano a cogliere non solo gli aspetti storico-artistici, ma anche i messaggi religiosi, spirituali, biblici, aiutano ad imparare qualcosa di più sulla rivelazione cristiana. Non di rado chi ha fede esce dalla mostra dicendo “è stato come un ritiro spirituale” e chi non ce l’ha - o, perlomeno, si interroga - ne esce un po’ sorpreso, perché alcuni aspetti della rivelazione cristiana non li aveva mai presi in considerazione. Un qualche servizio, dunque, anche dal punto di vista dell’evangelizzazione, della vita della Chiesa, queste mostre lo fanno assolutamente.

D. – Un servizio anche per i giovani, per il territorio, perché appunto è occasione di formazione e anche di lavoro…

R. – Sì, la nostra idea era anche porre un segno di speranza nel cuore della nostra montagna friulana, che è purtroppo gravemente depressa dal punto di vista dell’economia, dal punto di vista dello spopolamento e dell’invecchiamento. Ci sembrava importante, da un lato collocare una cosa così ardita in un piccolo paese per dire che vivere in montagna si può, e contemporaneamente stimolare i ragazzi a non accontentarsi di troppo poco. E così - dicevo prima - ai 22 giovani che lavorano come mediatori in mostra: allenarsi ad avere ospiti, ad intrattenersi con gente di ogni genere, ad accogliere gli inviati del Louvre o del Tretyakov di Mosca, questo i nostri ragazzi hanno imparato a fare a Illegio. E questo mette in moto una micro economia: 30 mila persone che vengono lì, che sono più o meno quante quelle che vivono in Carnia, se trovano altro di bello o di buono lo apprezzano. E’ quindi uno stimolo a mettersi in moto e a dare il meglio di sé.








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