2015-07-11 08:00:00

Yemen: la tregua non tiene. L'impegno di Msf


Scattata alla mezzanotte di oggi la tregua umanitaria in Yemen che potrebbe protrarsi fino al 17 luglio e portare un po' di sollievo alla popolazione, provata da mesi di raid aerei a guida saudita.Secondo fonti da verificare, ci sarebbero stato comunque bombardamenti sauditi contro i ribelli sciiti Houti. Il cessate il fuoco era stato annunciato ieri dal segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon. Per una testimonianza di ciò che sta accadendo nel Paese, Giacomo Zandonini, ha sentito la coordinatrice della missione di Medici Senza Frontiere in Yemen, Teresa Graceffa, appena rientrata da Aden:

R. – Il sistema sanitario nazionale è crollato. Il personale sanitario non viene più pagato e non arrivano medicine. L’ospedale che in questo momento ad Aden sta funzionando è l’ospedale di Medici senza frontiere. Non c’è acqua, non c’è cibo perché hanno bloccato tutte le strade, non c’è elettricità, la gente sta soffrendo e muore anche per il caldo, perché è disidrata: non c’è niente da bere e l’acqua non è potabile.

D. – Medici Senza Frontiere opera da diversi mesi nel Paese, nel contesto del conflitto scatenatosi nello scorso marzo, esattamente dove?

R.  – Noi siamo a nord, a Tamir e Sana’a, abbiamo un ospedale dove facciamo medical care, pediatria, maternità, c’è anche una piccola chirurgia, e a Taiz, nel sud, abbiamo aperto un centro di emergenza.

D. – Ci potrebbe fare un esempio delle persone che arrivano nei vostri Centri, nei vostri ambulatori, che problematiche sanitarie portano e che problematiche più ampie, di vulnerabilità e di fragilità?

R. – Da noi arrivano feriti d’arma da fuoco e da bombe. La gente è traumatizzata e quindi abbiamo anche due psicologi per i pazienti che non hanno più la casa, non hanno più niente e vengono da noi dato che è l’unico ospedale aperto.

D. - Il 19 marzo, al momento dell’inizio dei raid aerei da parte della coalizione guidata dall’Arabia saudita, voi eravate già operativi. Cos’è cambiato dopo quella data?

R. – E’ cambiato tutto. Il nostro personale era felice con le loro famiglie. Il 19 marzo tutto è esploso. Non hanno più famiglia, non c’è un posto sicuro dove poter proteggere le loro famiglie. La città di Aden era una città veramente commerciale, molto all’avanguardia e adesso non c’è più niente, è crollato tutto, gli hotel, hanno bombardato le case… E’ tutto raso al suolo, non si riconosce più la città.

D. – Proprio i civili stanno pagando sempre di più un tributo fortissimo all’interno del conflitto ed è stata annunciata una tregua finalizzata alla consegna di aiuti umanitari. Pensa sia sufficiente una tregua di pochi giorni o ci vorrebbe qualcos’altro?

R. – Io non ci credo in questa tregua. Noi l’abbiamo avuta una tregua ad aprile. Ci hanno detto che sarebbero stati cinque giorni ma non c’è mai stata. Se ci dovesse essere sarebbe una cosa meravigliosa, anche perché arriva cibo, arriva la possibilità di non sentire più le bombe… Nei giornali si dice che c’è stata ma non c’è stata, non c’è mai stata. C’è stato lo stesso numero di feriti di prima.

D. – Quante persone tratta Medici Senza Frontiere al giorno, alla settimana, nelle proprie strutture?

R. – Parlo di Aden, dove abbiamo in media 50 ricoveri al giorno. Accogliamo 80, 100 pazienti al giorno e solo nelle prime tre settimane di giugno abbiamo ricoverato 810 persone, con 474 interventi. Dal 19 marzo a fine giugno, 3.500 persone in totale.








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