2015-07-11 00:00:00

20 anni fa la strage di Srebrenica. Mosca: non fu genocidio


Si svolgono oggi le celebrazioni in ricordo del massacro di Srebrenica, l’11 luglio 1995, in cui morirono almeno ottomila musulmani bosniaci. In occasione del ventennale, saranno tumulati nel memoriale di Potocari le ultime 136 persone di cui sono stati recentemente identificati i resti. Intanto, la Russia pone il veto alla risoluzione Onu che avrebbe riconosciuto il “genocidio. Roberta Barbi ha raggiunto al telefono a Sarajevo Andrea Oskari Rossini, giornalista dell’Osservatorio Balcani e Caucaso:

R. – Qui a Sarajevo la posizione russa è stata accolta con grande rabbia - questo veto opposto della Russia alla risoluzione - perché questi sono giorni estremamente delicati, estremamente sensibili per una parte dell’opinione pubblica e della popolazione bosniaco-erzegovese, dato che sabato si commemorerà il 20.mo anniversario del genocidio di Srebrenica. La posizione russa è stata qui interpretata in maniera pura e semplice come sostegno alla Serbia. La Serbia aveva detto esplicitamente che non apprezzava il testo della risoluzione; c’è stato in un periodo in cui, dal punto di vista diplomatico, il Paese che aveva preparato la bozza di risoluzione, la Gran Bretagna, ha provato a trovare aggiustamenti, ma alla fine questo testo, anche emendato, non era gradito alla Serbia. Le autorità serbe avevano detto esplicitamente che avrebbero chiesto alla Russia di opporre il veto e così è stato.

D. – La motivazione del veto avanzata dall’ambasciatore russo al Palazzo di Vetro è stata che sarebbe “non costruttivo, sbilanciato e con motivazioni politiche”...

R. – Il principale elemento del contendere è legato al termine “genocidio”. Il termine genocidio riferito a Srebrenica è ormai ampiamente accettato qui in Bosnia-Erzegovina, soprattutto in seguito alle numerose sentenze per genocidio del Tribunale Penale Internazionale dell’Aia.

D. – Il voto di Mosca è l’equivalente della negazione del genocidio, come dichiarato dall’ambasciatrice statunitense all’Onu?

R. – In un certo senso sì perché gran parte delle istituzioni serbo-bosniache e serbe rigettano questa definizione di genocidio per Srebrenica, anche se dobbiamo dire che lentamente ci sono state, negli ultimi mesi, dichiarazioni di rappresentanti delle istituzioni serbe che non parlano di genocidio ma di una macchia sul popolo serbo; però loro dicono: “Anche noi abbiamo subito stragi, anche noi abbiamo avuto vittime”, e puntavano a una risoluzione che mettesse tutto insieme.

D. – Questo allontanerà ulteriormente Russia e Stati Uniti?

R. - Nei Balcani ormai da tempo le posizioni russe non sono più così vicine a quelle di europei e statunitensi, non tanto per quanto avvenuto ieri, quanto per la guerra in Ucraina.

D. - Il documento messo a punto dalla Gran Bretagna ha ricevuto solo 10 voti a favore su 15: Cina, Venezuela, Angola e Nigeria, si sono astenuti…

R. - Si tratta delle dinamiche che normalmente avvengono all’interno del Consiglio di Sicurezza: ci sono i Paesi non membri permanenti - quelli a rotazione - che siedono per i due anni all’interno del Consiglio. Normalmente è un po’ difficile prevedere qual è il loro atteggiamento di fronte a queste questioni; noi possiamo verosimilmente pensare a delle pressioni, a un negoziato… Ecco, la cosa che mi sembra di poter dire è che non c’è stato un ragionamento su quello che è avvenuto 20 anni fa, né rispettoso di quelle che sono state le vittime di Srebrenica, e questa è anche un po’ la lettura che ne danno i principali media bosniaci oggi. Questo voto è stato figlio di un mercanteggiamento politico, diplomatico, che ha poco a che vedere con quanto avvenuto, anche perché non si capisce in che modo un voto a favore della definizione come “genocidio” di quanto avvenuto a Srebrenica poteva essere nocivo di quello che è avvenuto o di un possibile percorso di soluzione delle controversie, di elaborazione del passato e di riconciliazione nella regione.

D. – La Russia espulsa dal G8 in seguito alle sanzioni per la crisi in Ucraina utilizza il vertice dei Brics per far vedere che non è così isolata sul piano internazionale?

R. – Certo, la Russia cerca di utilizzare tutte le istanze internazionali in cui è presente per far valere la propria posizione: mi sembra assolutamente coerente con quello che è un tentativo di fuggire un isolamento anche internazionale, che dopo la crisi ucraina si stava profilando.








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