2015-07-09 15:00:00

Papa ricorda p. Espinal, ucciso perché predicava Vangelo di libertà


Dopo la cerimonia di benvenuto Papa Francesco ha sostato brevemente presso il luogo dell’assassinio di padre Luis Espinal, sacerdote gesuita che aveva partecipato durante il periodo della dittatura alle lotte sociali e allo sciopero della fame di 19 giorni, nel 1977, durante i quali visse giorno e notte accanto alle famiglie dei minatori. Fu trucidato dagli squadroni della morte il 21 marzo 1980. Il Papa ha ricordato padre Espinal, “fratello nostro, vittima di interessi che non volevano si lottasse per la libertà. Padre Espinal – ha aggiunto – predicava il Vangelo e questo Vangelo disturbava e per questo lo hanno assassinato”. Il Papa ha quindi invitato a fare un minuto di silenzio e a pregare. Poi ha proseguito ribadendo che padre Espinal “ha predicato il Vangelo, il Vangelo che ci porta la libertà, che ci fa liberi. Come ogni figlio di Dio, Gesù ci dà questa libertà e lui ha predicato questo Vangelo”. Per un profilo di padre Espinal, Paolo Ondarza ha intervistato mons. Basilio Bonaldi, sacerdote fidei donum e formatore nel seminario di La Paz:

R. – Padre Luis Espinal era un sacerdote gesuita nato in Catalogna, vicino Barcellona, il 2 febbraio 1932. In un primo momento, nel suo ministero in Bolivia esercita l’insegnamento della letteratura, e poi, come comunicatore, lavora in radio - nella “Radio Fides” dei gesuiti - come critico di cinema, e anche come maestro di cinema…

D. – La sua presa di posizione a difesa degli operai e la sua partecipazione - nelle sue competenze - alle lotte sociali e allo sciopero della fame, lo portarono alla persecuzione…

R. – Esattamente, soprattutto quando nel 1979 viene fondato il settimanale “Aquí” – incentrato sui problemi reali della gente – di cui lui diventa direttore: è considerato colui che ha uno straordinario coraggio nel criticare i governi di turno, nel denunciare il mancato rispetto dei diritti umani, nell’affermare costantemente la dignità di ogni persona, e soprattutto nel mostrare apprensione per quelli che non hanno voce nella società…

D. – Quindi un impegno sociale quello di padre Luis Espinal, non politico: era il Vangelo e la vicinanza a Cristo che lo faceva essere prossimo ai più deboli e ai più indifesi…

R. – Certamente, questo lo porta, soprattutto nella parte finale della sua vita, oltre allo sciopero della fame del 1977, a criticare, attraverso il settimanale “Aqui”, il governo di turno: quello del generale García Meza. Questo gli procura – essendo lui in possesso di una documentazione forte sul tema del narcotraffico – il martirio, due giorni prima di quello di monsignor Romero nel Salvador. Padre Luis Espinal è stato ucciso il 21 maggio 1980 e Romero il 23 maggio. Padre Espinal quella sera era andato a vedere un film - che riguardava ancora una volta gli esclusi - e uscendo dal cinema, venne sequestrato da alcune persone che scendevano da una jeep senza targa. Si sa benissimo che lo portarono al macello pubblico nella zona di Achachicala; lì lo torturano per quattro ore, e poi lo uccisero con 17 colpi d’arma da fuoco e portarono il suo cadavere in Achachicala alta: il luogo dove ora c’è un piccolo monumento e una grande croce, dove il Papa ha deciso di fermarsi in sosta.

D. – Ai suoi funerali, il 24 marzo 1980 a La Paz, la popolazione partecipa in massa…

R. – Parlano di circa 70/80.000 persone. In Bolivia non c’è mai stato un funerale tanto partecipato.

D. – Che significato assume allora questa decisione del Papa, di voler sostare sul luogo che ricorda l’assassinio, il martirio, di padre Luis Espinal?

R. – Quello di mettere l’accento di tutta la Chiesa, non solo boliviana, sui martiri latinoamericani – e ce ne sono stati tanti – soprattutto in quell’epoca di dittatura, che hanno offerto la loro vita semplicemente per la fedeltà al Vangelo, non perché hanno fatto politica. E vogliamo credere davvero che questa figura venga riscoperta ancora di più, e che come lui si impari davvero a dire la verità,  e a non essere come quelli che, per questioni di prudenza – un tema molto caro a Luis Espinal – non parlano o si tirano indietro. Pertanto direi che diventa anche l’esaltazione di una maniera di essere cattolici oggi in Bolivia e nel mondo per dire la verità in fedeltà al Vangelo.

D. – Una figura quindi ancora attuale…

R. – Sì, anche perché questa figura è benvoluta non solo da un mondo tipicamente ecclesiale, ma anche da un mondo più ampio e dall’intera società boliviana: quelli che si impegnano per i diritti umani, quelli che hanno visto in lui l’uomo d’arte, quelli che apprezzano sempre l’impegno e cercano davvero la costruzione di una società più giusta. Quindi diventa davvero un personaggio - un santo - un punto di riferimento non solo per i cristiani cattolici, ma per tutta la società boliviana, un elemento di comunione per tutti i boliviani.








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