2015-07-08 14:07:00

Burundi: partito del presidente Nkurunziza vince le elezioni


In Burundi, il partito al potere, guidato dal presidente Nkurunziza ha vinto le contestate elezioni politiche svoltesi il 29 giugno scorso, ottenendo 77 dei 100 seggi del parlamento. Nel Paese resta alta la tensione in vista del voto per le presidenziali previsto per il 15 luglio, a cui lo stesso Nkurunziza si presenterà per un terzo mandato, sebbene sia vietato dalla Costituzione e nonostante le forti proteste interne. Intanto, i leader dei Paesi dell’Africa Orientale hanno chiesto un rinvio del voto al 30 luglio per tentare un nuovo negoziato. Marco Guerra ha raccolto l’analisi di Marco Massoni, direttore di ricerca per l'Africa presso il Centro militare di studi strategici (CeMiSS):

R. – I risultati sono evidentemente quelli della prima fase di una tornata elettorale più complessa ed effettivamente sono state delle elezioni farsa. E questo non soltanto perché boicottate da quasi la totalità dei partiti dell’opposizione, ma anche perché si tratta di un Paese in condizioni di grande fragilità politico-istituzionale e quindi sotto la lente della comunità internazionale. Legandolo proprio a questo per l’altra ragione fondamentale, è stata evidentemente una prima fase di questo complicato processo elettorale screditato anche dalla stessa Unione Africana e dalla East African Community (Leac). Di conseguenza, è una situazione che non è accreditata né da parte del massima piattaforma governativa continentale, né da una comunità economica regionale di pertinenza e, oltre che dalle opposizioni, se vogliamo neanche da parte dell’Unione Europea, perché è vero che le Nazioni Unite hanno mantenuto in loco una propria missione dell’osservazione elettorale, ma questo giusto per non dare il senso dell’abbandono completo. L’Unione Europea invece ha rinunciato al dispiegamento dei propri osservatori proprio perché non c’erano più le condizioni di credibilità oggettive – secondo gli standard internazionali – per elezioni libere e trasparenti. Tenuto conto che ogni elezione osservata da questi organismi intergovernativi o internazionali non si sintetizza semplicemente nella giornata in cui si ci presenta a votare, ma prima, durante e dopo. E tutta questa interezza, di questo ciclo elettorale, è stata completamente screditata dal partito al potere.

D. – Insomma, qual è il quadro della prossima tornata elettorale? Le opposizioni boicotteranno anche le presidenziali, immagino…

R. – Lo scenario più verosimile, purtroppo, è quello di un completo collasso del sistema politico istituzionale del Paese, anche in parte e in ragione delle difficoltà oggettive delle varie opposizioni di esprimersi come alternative credibili. Ma questa ovviamente non può essere una giustificazione del mantenimento dello status quo dal partito al governo. Evidentemente, il problema è quello che sarà sicuramente riconfermato al potere Nkurunziza alla presidenziali rinviate al 15 luglio. E questo poiché – come avevo detto prima – non c’è una credibilità. Lo scenario peggiore è quello di guerra civile, che alcuni analisti cominciano a reputare – speriamo di no, evidentemente – non del tutto incredibile, poiché cominciano veramente a esserci gli ingredienti per un contesto addirittura così drammatico.

D. – I leader regionali, infatti, sono molto attenti a questo contesto: si sono riuniti lunedì in Tanzania e hanno chiesto di posticipare le presidenziali di due settimane. Richiesta rimasta inascoltata…

R. – Nkurunziza è isolato. Effettivamente la Comunità dell’Africa Orientale (Leac) e la Conferenza internazionale per i Grandi Laghi (Icglr) avevano chiesto un rinvio, di procrastinare cioè di almeno un mese e mezzo, entrambe le due tornate elettorali: tanto quella che già ha avuto luogo lo scorso fine settimana – quella delle parlamentari e le amministrative, che sono le municipali – quanto quella delle stesse presidenziali. Così come non è accaduto per la prima tornate elettorale, di conseguenza non avverrà neanche per questa seconda. Il rinvio è stato comunque insufficiente, a giudicare dai capi di Stato e di governo degli altri Paesi confinanti.

D. – Un generale, un esponente di spicco del tanto golpe dell’aprile scorso, ha minacciato di dare l’avvio a una insurrezione se il presidente Nkurunziza non rinuncerà alla sua candidatura…

R. – La tensione nel Paese è palpabile...  E in Africa succede tutto molto velocemente ed esistono purtroppo – come accennavo poc’anzi – tutte le condizioni per un colpo di Stato, data la volatilità e il deterioramento anche della percezione della sicurezza. Consideriamo poi che alcuni ragazzi che sono stati alloggiati presso l’ambasciata statunitense, il vicepresidente del parlamento e anche il presidente del parlamento hanno abbandonato il Paese in fretta e furia pochi giorni fa e si trovano attualmente a Bruxelles, poi lo "squadrismo" dell’ala giovanile del partito al potere… Tutto questo in un Paese caratterizzato da una percentuale del 60% di hutu e del 40% di tutsi desta grandi preoccupazioni.








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