2015-07-07 13:10:00

Grecia: attesa per l’Eurogruppo, Bce conferma liquidità


Giornata decisiva per la ripresa dei negoziati con la Grecia: previste la riunione dell’Eurogruppo dei ministri delle Finanze e il summit straordinario dei capi di governo dell’Eurozona, ma si attende anche la mossa del governo di Tsipras. Intanto, è tornato a parlare il presidente della Commissione Ue, Juncker, invitando ad abbassare i toni, ribadendo che si farà di tutto per evitare che Atene esca dall’euro, ma ricordando che “l’Eurozona si compone di 19 democrazie e una non è più importante delle altre”. Roberta Barbi ne ha parlato con Francesco Carlà, analista finanziario e presidente di Finanza World:

R. – Per quanto riguarda l’Eurogruppo penso che sia difficile che esca una posizione molto diversa da quella che la Grecia ha rifiutato prima del referendum. In questo momento credo che la questione sia molto più sui tempi che non sui contenuti. I tempi si dilatano un po’, come chiede Juncker. Da questo punto di vista sarà molto interessante anche l’esito del summit dei premier; allora l’Eurogruppo e la Grecia possono allungare il negoziato e quindi renderlo più produttivo, altrimenti è molto più difficile. I tempi, naturalmente, sono soprattutto in mano a Draghi e forse a Tsipras nel senso che dipende molto dal livello della proposta che presenterà. La questione è proprio questa: se si continua a negoziare per posizioni, il negoziato per posizioni tipicamente per metodologia richiede tempi lunghi, quindi dipende molto da Tsipras se la sua prima proposta sarà già accettabile dall’Eurozona o no. Dall’altra parte, ovviamente, dipende molto da Draghi perché se Draghi continua a tenere in vita le banche greche è uno scenario, se invece non succede, lo scenario cambia.

D. – La decisione della Bce di mantenere la liquidità di emergenza farà riaprire le banche e darà un po’ di respiro alla popolazione?

R. – Attualmente temo che non cambierà molto, perché la liquidità di emergenza resta ferma agli 89 miliardi di euro e serve a tenere in vita le banche greche, ma non migliora le condizioni che abbiamo visto nei giorni scorsi. Del resto, riaprire le banche secondo me sarebbe davvero un gesto avventato di Tsipras, perché ne seguirebbe una corsa agli sportelli e la fine delle banche greche, quindi anche con il precipitare di tutta una situazione che riguarda la negoziazione.

D. - Il Fondo monetario internazionale ha ribadito la propria disponibilità verso Atene ma a patto che i debiti vengano onorati. Come si può risolvere questa situazione?

R. – È piuttosto difficile perché tutto si è spostato sul piano politico da quello finanziario-economico che era, invece, il centro della questione fino agli ultimi giorni prima del referendum. Quindi tanti scenari che erano fattibili tecnicamente, secondo me, anche utili, come questo del Fondo monetario internazionale, adesso si mischiano a questioni politiche, faccende molto più irrazionali o almeno apparentemente tali. Infatti, c’è sul terreno anche di nuovo la possibilità di federare una parte del debito che è una delle proposte più interessanti e nuove che siano venute fuori, né dalla Grecia né dai creditori.

D. – Si avvicina anche la data del 20 luglio in cui scadrà un’altra rata dei pagamenti, quella dovuta alla Bce…

R. – Quella è una data davvero ultimativa perché è una data “europea”. La rata che è scaduta fin qua era quella dell’Fmi – che è stata una pessima idea tirare in ballo perché creava problemi tecnici, soprattutto - questa della Bce è una data davvero ultimativa, per questo è molto importante che questi giorni vengano sfruttati intelligentemente per trovare un punto di accordo stabile che, secondo me, per potersi ritenere tale dovrebbe essere adeguato per tutta l’Eurozona, non punitivo per Atene ma nemmeno prodromico di nuovi scenari simili in altri Paesi e che consenta che non faccia irruzione la speculazione che per il momento è l’unico convitato di pietra della faccenda perché abbiamo visto, nei giorni successivi, che era l’unica che non si è vista. Ci vuole un accordo che contenga tutto questo, cioè che sia adeguato per tutta l’Eurozona perché altrimenti chiaramente tutti quelli che si ritengono ingiustamente colpiti da un accordo favorevole, o presunto tale per la Grecia, ritornerebbero in campo.

D. – Se il referendum greco di domenica scorsa fosse fatto in altri Paesi europei che esito avrebbe, secondo lei?

R. – Secondo me dipende da alcuni fattori: il primo è il quesito, perché nessuno ha capito bene nemmeno a posteriori quale fosse il quesito; il secondo dipende dall’esito delle trattative dei prossimi giorni con Atene. Credo che però, con le scene che abbiamo visto in Grecia in questi giorni, se c’è qualcuno che veramente è rimasto sconfitto sono quelli che ritenevano fin qui entusiasmante lo scenario no-euro, uscita dall’euro.








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